Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24118 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24118 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Castellamonte il 25/07/1963, avverso la sentenza della Corte di appello di Torino in data 05/07/2024
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale di Ivrea del 16/05/2022, rideterminava la pena inflitta a NOME COGNOME per il delitto di cui all’art. 10 d. lgs. 74/2000 in anni 1 di reclusione.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo, violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’articolo 131bis cod. pen., e, con un secondo motivo, l’omessa concessione della pena sospesa.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. La Corte territoriale, infatti, evidenzia che il fatto, alla luce di una valutazione complessiva, non può che ritenersi grave, alla luce della circostanza che sono stati occultati documenti relativi a quattro annualità di imposta e vi è stata un evasione di rilevante importo, elementi che non consentono né di ricondurre il fatto alla particolare tenuità del fatto né, in relazione alla sospensione condizionale della pena (beneficio di cui peraltro il ricorrente ha già goduto), di formulare un giudizio prognostico favorevole in ordine alla astensione alla commissione di futuri delitti.
Tale motivazione, sia pur succinta, fa buon governo dei principi elaborati da questa Corte, la quale ritiene addirittura che la motivazione possa risultare implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen., per stabilire la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado (Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 2019, Epidendio, Rv. 275635 – 02).
Quanto alla pena sospesa, questa Corte ritiene che la valutazione prognostica richiesta dall’art. 164 c.p. richiama la necessaria considerazione complessiva delle circostanze indicate nell’art. 133 c.p. (Sez. 2, n. 2742 del 15/12/2020, dep. 2021, Gaye, n.m.), sia in relazione alla gravità del reato (modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato, intensità del dolo), sia con riguardo alla capacità a delinquere (motivi a delinquere e carattere del reo, precedenti penali, condotta del reo antecedente, contemporanea o susseguente al reato, condizioni di vita).
Del resto, la Corte territoriale ha anche chiarito che il ricorrente, avendo già usufruito del beneficio della pena sospesa in relazione alla condanna ad anni 1 e mesi 4 di reclusione per il delitto di ricettazione, giusta sentenza del Tribunale di Ivrea (irr. 16/03/2001), non avrebbe potuto comunque godere del beneficio avendo la pena complessivamente inflitta superato i limiti di cui all’articolo 164 cod. pen., correttamente evidenziando che l’estinzione del reato a seguito della (prima) sospensione condizionale della pena non elimina gli effetti penali della condanna, della quale deve, pertanto, tenersi conto (anche) ai fini della seconda concessione (Sez. 2, n. 6017 del 09/01/2024, Messina, Rv. 285863 – 01; Sez. 1, n. 47647 del 18/04/2019, COGNOME, Rv. 277457; Sez. 5, n. 3553 del 26/11/2013, dep. 2014, Valenza, Rv. 258668 – 01).
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma l’11 aprile 2025.