Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20761 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20761 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Fermello il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/12/2023 del Tribunale di Tivoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria redatta dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del difensore, AVV_NOTAIO. del foro di Roma, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Tivoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME avente ad oggetto la revoca della subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive,disposta, nei confronti dell’istante, con sentenza del Tribunale di Tivoli emessa il 6 dicembre 2016, irrevocabile in data 11 dicembre 2017.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME, per il ministero del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, che deduce la violazione dell’art. 666, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 666, comma 2, cod. proc. pen., 3 Cost., 31 e 37 d.P.R. n. 380 del 2001, 165 cod. pen.
Espone il difensore che la questione dedotta con l’incidente di esecuzione pre senta caratteri di novità rispetto alla precedente, in quanto si evidenzia l’impossibilità oggettiva ad adempiere all’ordine di demolizione da parte dell’istante, essendo emerso che il coimputato COGNOMECOGNOME parimenti condannato per il reato edilizio nella veste di proprietario delle opere abusive, nonostante le ripetute sollecitazioni, ha manifestato la sua volontà di non procedere alla demolizione; in tal modo, il COGNOME si è visto negare il beneficio della sospensione condizionale in forza del comportamento tenuto da un terzo, tanto più che destinatario dell’ordine di demolizione è solamente il proprietario delle opere.
Evidenzia, ancora, il difensore che, sulla base della perizia a firma del geom. COGNOME, la demolizione andrebbe a compromettere la sicurezza sia della scarpata che della rampa di accesso, unica via di accesso alla proprietà del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In via preliminare, occorre dar conto della vicenda processuale, che, sulla base degli atti, può essere così ricostruita:
con sentenza pronunciata il 6 dicembre 2016 ed irrevocabile in data 11 dicembre 2017, in parziale riforma della decisione emessa dal Tribunale di Tivoli, Sezione di Castelnuovo di Porto, NOME COGNOME, nella sua qualità di costruttore, in concorso con il proprietario del manufatto, tale NOME COGNOME, è stato condannato alla pena di sette mesi di arresto e 21.000 euro di ammenda per il reato di cui agli
artt. agli artt. 44, lett. c), 64, 65, 71, 72, 83, 93, 94 e 95 d.P.R. n. 380 del 20 e 181 d.lgs. n. 41 del 2004, pena condizionalmente sospesa, beneficio subordinato alla demolizione delle opere abusive e alla remissione in pristino dello stato dei luoghi;
stante la mancata demolizione e il mancato ripristino dello stato dei luoghi, su richiesta del pubblico ministero, il Tribunale di Tivoli, con due separate ordinanza emesse il 20 aprile 2021, ha revocato la sospensione condizionale della pena nei confronti sia del COGNOME, sia del COGNOME;
a seguito della notificazione dell’ordine di esecuzione con contestuale sospensione del 6 maggio 2021, il COGNOME ha presentato richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, che è stata accolta dal Tribunale di Sorveglianza di Roma con ordinanza emessa in data 29 settembre 2022;
in data 4 novembre 2023, l’odierno ricorrente ha presentato incidente di esecuzione per l’annullamento della revoca del beneficio, eccependo l’impossibilità giuridica all’adempimento.
Ciò premesso, con il provvedimento impugnato il giudice dell’esecuzione ha dichiarato inammissibile l’istanza, sul presupposto che il ricorrente avrebbe dovuto proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa il 20 aprile 2021, la quale ha revocato il beneficio nei confronti dei COGNOME.
Si tratta di una conclusione conforme a diritto e quindi da confermare, pur con le precisazioni che seguono.
In primo luogo va chiarito che, con l’incidente di esecuzione che ha dato origine al presente procedimento, l’istante chiedeva di “annullare il provvedimento di subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena ex art. 165 cod. pen. alla demolizione delle opere abusive e alla remissione in pristino dello stato dei luoghi, emesso dal Tribunale di Tivoli, sez. distaccata di Castelnuovo di Porto,(…) e per l’effetto concedere la sospensione condizionale della pena al sig. NOME COGNOME” (p. 4-5 dell’istanza); ciò in quanto “il sig. NOME COGNOME si trovava e si trova tutt’ora, nell’indisponibilità oggettiva di poter adempiere all’ordine d giudice di demolire gli abusi edilizi contestati e di ridurre in pristino lo stato luoghi; nel caso de quo rileva una impossibilità incolpevole, ossia dovuta a causa non imputabile all’odierno istante, in quanto dovuta a fatti altrui ed involontari dallo stesso” (p. 4 dell’istanza).
Orbene, la questione dedotta dal ricorrente – ossia l’impossibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere
abusive e alla remissione in pristino in quanto il COGNOME, essendo l’esecutore dei lavori, non ha la disponibilità dei beni – avrebbe dovuto essere posta nel giudizio di merito, il che non è avvenuto, sicché tale statuizione, impartita sin con la sentenza di prima grado, è coperta dal giudicato.
Né la questione qui al vaglio può essere ricondotta nella nozione di “pena illegale”, in relazione alla quale è sempre ammissibile l’incidente di esecuzione.
7.1. A tal proposito, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818, nel ricapitolare, confermandoli, gli approdi della giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 7578 del 17/12/2020, dep. 2021, COGNOME), nell’ambito di una più ampia riflessione in chiave costituzionale e convenzionale, hanno messo a fuoco le nozioni di illegalità e di illegittimità della pena.
In particolare, le Sezioni Unite hanno chiarito che “l’illegalità della pena ri corre solo quando essa eccede i valori (espressi sia qualitativamente: genere e specie, che quantitativamente: minimo e massimo) assegnati dal legislatore al tipo astratto nel quale viene sussunto il fatto storico reato. Per quanto in concreto possa non essere agevole la individuazione delle cornici edittali pertinenti al caso, è solo la violazione di esse – che sono la manifestazione ed il frutto del potere legale di determinazione della pena – ad integrare la pena illegale. Ogni altra violazione delle regole che occorre applicare per la definizione della pena da infliggere integra un errato esercizio del potere commisurativo e dà luogo ad una pena che è illegittima” (par. 9).
Di conseguenza, “gli errori nell’applicazione delle diverse discipline che entrano in gioco nella commisurazione della pena danno luogo ad una pena illegale solo se la risultante (ovvero la pena indicata in dispositivo) è per genere, specie o per valore minimo o massimo diversa da quella che il legislatore ha previsto per il tipo (o sottotipo) astratto al quale viene ricondotto il fatto storico reato. Fuori tale caso, la pena è illegittima, ove commisurata sulla base della errata applicazione della legge o non giustificata secondo il modello argomentativo normativamente previsto”.
7.2. Orbene, nel caso di specie, pur prescindendo dal fatto che l’istituto in esame attiene non alla commisurazione ma all’esecuzione della pena, in ogni caso, se è vero che la giurisprudenza di questa Sezione è orientata nel senso che l’ordine di demolizione può essere emesso nei soli confronti del proprietario delle opere abusive o di colui che, disponendone materialmente, è in condizione di adempiere, ma non può essere disposto nei confronti di soggetti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, che abbiano concorso alla realizzazione del reato in virtù di un rapporto obbligatorio con il titolare del diritto reale o del potere di fatto terreno o sull’immobile preesistente, in quanto tale rapporto personale risulta
autonomo rispetto a quello che lega all’opera abusivamente realizzata il proprietario o il committente (da ultimo, Sez. 3 n. 41586 del 15/10/2021, Mantova, Rv. 282797), è altrettanto vero che non si verte in un caso di pena illegale, nel senso dinanzi chiarito, posto che l’istituto della subordinazione sospensione condizionale è previsto e disciplinato dall’ordinamento.
Va, peraltro, osservato che, mediante l’incidente di esecuzione, può essere dedotta, quale elemento sopravvenuto o, comunque, accertato in sede esecutiva, l’impossibilità tecnica di demolire il manufatto abusivo, anche nel caso in cui la sospensione condizionale della pena sia subordinata alla demolizione, con l’importante precisazione che detta impossibilità rileva, ove effettivamente dimostrata, solo se non dipenda da causa imputabile al condannato (Sez. 3, n. 7789 del 09/02/2021, Severino, Rv. 281474; Sez. 3, n. 19387 del 27/04/2016, COGNOME, Rv. 267108; Sez. 3, n. 35972 del 22/09/2010, Lembo, Rv. 248569).
Tornando al caso di specie, si osserva che correttamente il provvedimento impugnato ha spiegato che l’eventuale impossibilità tecnica (e non giuridica, perché coperta dal giudicato) alla demolizione avrebbe potuto e dovuto essere dedotta allorché il pubblico ministero ha chiesto la revoca del beneficio, il che non è accaduto.
Allo stesso modo, con l’incidente di esecuzione qui al vaglio non è stata allegata alcuna circostanza di fatto sopravvenuta ostativa alla demolizione delle opere, in quanto il ricorrente, come si è detto, ha unicamente eccepito della subordinazione della sospensione condizionale della penale alla demolizione di opere di cui non ha la disponibilità, questione che, si ripete, avrebbe dovuto essere contestata con gli ordinari mezzi di impugnazione e, non essendo ciò avvenuto, essa è coperta dal giudicato.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle a t mmende.
Così deciso il 09/05/2024.