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Pena residua e omessa motivazione: la Cassazione annulla

Un condannato ha richiesto la rideterminazione della pena residua, chiedendo di retrodatare l’inizio di un reato associativo. Il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza senza motivare sulla richiesta di retrodatazione. La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza per vizio di motivazione, affermando che il giudice non può omettere di considerare un punto preliminare e decisivo sollevato dalla difesa, in quanto ciò invalida l’intero provvedimento sul calcolo della pena residua.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Residua: Quando l’Omessa Motivazione del Giudice Porta all’Annullamento

Il calcolo della pena residua è un momento cruciale nella fase di esecuzione di una condanna. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del nostro ordinamento: il giudice ha il dovere di motivare le proprie decisioni, soprattutto quando queste si basano su richieste specifiche e decisive avanzate dalla difesa. Vediamo come l’omissione di questo dovere possa portare all’annullamento di un provvedimento.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato per reato associativo ai sensi dell’art. 416-bis del codice penale, si rivolgeva al Giudice per le Indagini Preliminari, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere la rideterminazione della pena ancora da scontare. La sua richiesta era fondata su un presupposto specifico: retrodatare la data di consumazione del reato associativo al 2015.

Questa retrodatazione avrebbe avuto un effetto determinante. Avrebbe permesso di considerare una parte della pena, già scontata per un altro reato, come espiata ‘senza titolo’ e, di conseguenza, di detrarla dal cumulo totale, portando alla sua immediata scarcerazione. In sostanza, si chiedeva di applicare il principio della fungibilità della pena.

Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, rigettava l’istanza. La sua motivazione si basava unicamente sul fatto che la consumazione del reato associativo dovesse essere individuata nella data della sentenza di primo grado (27 gennaio 2023), data successiva alla commissione dell’altro reato. In questo modo, il giudice ignorava completamente la richiesta preliminare e fondamentale di accertare una diversa e precedente data di consumazione del reato, come argomentato dalla difesa.

Il Vizio di Motivazione e la Pena Residua

Il cuore del ricorso in Cassazione è stato proprio questo: la violazione di legge e il vizio di motivazione. La difesa ha sostenuto che il giudice dell’esecuzione avesse del tutto omesso di considerare la richiesta di retrodatare la consumazione del reato. Tale richiesta non era un dettaglio secondario, ma il presupposto logico e giuridico per poter poi decidere sull’applicabilità dell’art. 657, comma 4, c.p.p., che regola appunto la fungibilità delle pene.

Senza una valutazione nel merito della data di inizio del reato associativo, ogni successiva conclusione sulla pena residua risultava priva di fondamento. La motivazione del giudice, concentrandosi solo sulla data della sentenza, è stata ritenuta dalla difesa ‘inesistente’ sul punto cruciale della controversia.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha stabilito che l’omessa considerazione degli elementi e degli argomenti contenuti in un atto di impugnazione o in una memoria difensiva determina un vizio di motivazione deducibile in Cassazione.

Il giudice ha il dovere di confrontarsi con gli argomenti della difesa, specialmente quando questi, come nel caso di specie, sono ‘decisivi’. La richiesta di retrodatazione era un presupposto necessario per decidere sull’istanza principale. Non pronunciandosi su di essa, il giudice ha di fatto eluso il suo dovere di motivazione, rendendo il suo provvedimento invalido.

Le Motivazioni

La Cassazione ha chiarito che il giudice non è tenuto a confutare ogni singola argomentazione, ma deve indicare le ragioni che sorreggono la sua decisione, dimostrando di aver tenuto conto di ogni fatto decisivo. In questo caso, la richiesta di retrodatazione era il perno dell’intera istanza. Ignorarla ha significato emettere una decisione con una motivazione ‘inesistente’ sul punto nevralgico della questione. Il provvedimento impugnato è stato quindi annullato con rinvio, affinché il Giudice per le indagini preliminari proceda a un nuovo esame, questa volta entrando nel merito della richiesta della difesa.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’importanza del diritto alla difesa e del principio del giusto processo, che impone al giudice di fornire una motivazione completa ed esaustiva. Un provvedimento che ignora un’argomentazione difensiva cruciale e preliminare è viziato e deve essere annullato. Per i cittadini, ciò rappresenta una garanzia fondamentale: ogni richiesta, se pertinente e decisiva, deve ricevere una risposta motivata dall’autorità giudiziaria, specialmente quando sono in gioco la libertà personale e il corretto calcolo della pena residua.

Un giudice può ignorare una richiesta specifica della difesa se la ritiene infondata?
No. Secondo la sentenza, il giudice ha l’obbligo di confrontarsi con gli argomenti della difesa, specialmente se sono preliminari e decisivi per la decisione finale. Ignorare un punto cruciale costituisce un vizio di motivazione che può portare all’annullamento del provvedimento.

Cosa si intende per ‘vizio di motivazione inesistente’ nel calcolo della pena residua?
Si verifica quando il giudice omette completamente di pronunciarsi su una richiesta fondamentale per la decisione, come in questo caso la retrodatazione della data di consumazione di un reato. La motivazione non è solo carente, ma totalmente assente su quel punto specifico, invalidando la decisione sulla pena residua.

Qual è il presupposto per applicare la fungibilità della pena secondo l’art. 657, comma 4, c.p.p.?
Il presupposto logico e giuridico è la cronologia dei reati. Per poter detrarre una pena già espiata da una da eseguire, è necessario che il reato per cui si chiede la detrazione sia stato commesso prima di quello per cui è stata inflitta la pena da espiare. Per questo, stabilire la data esatta di consumazione del reato è un passaggio fondamentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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