Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23884 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23884 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a POLISTENA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/09/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso
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RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con cui NOME COGNOME aveva chiesto rideterminarsi la pena inflittagli con sentenza della medesima Corte di appello, in data 06/02/2018, irr. il 10/09/2019, perché determinata, quanto al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., applicando i limiti edittali più sfavorevoli introdotti dalla legge 27 maggio 2015, n. 69, a fronte, come affermato dal ricorrente, di una contestazione chiusa, riferita ad arco temporale compreso tra il 2006 ed il 2012.
A ragione osservava il G.E. come, contrariamente a quanto riportato in ricorso, la condotta di partecipazione all’associazione contestata nella citata sentenza era “in permanenza attuale”, con conseguente fissazione del momento consumativo alla pronuncia della sentenza di primo grado, del 23/02/2016, come peraltro evidenziato dallo stesso Collegio giudicante che, in sede di cognizione, aveva respinto analoga doglianza difensiva.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del difensore AVV_NOTAIO, sviluppando un unico motivo con cui deduce violazione di legge in relazione agli artt. 133 cod. pen. 666 cod. proc. pen., 416 bis cod. pen., 5 I. 69 del 2015 nonché vizio di motivazione. Lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto decisivo il carattere “aperto” della contestazione del reato associativo, sul rilievo erroneo che esso imponga di ancorare la cessazione della permanenza alla data della sentenza di primo grado, nella specie successiva rispetto all’ entrata in vigore della legge n. 69 del 2015.
La Corte avrebbe dovuto, invece, verificare in concreto, esercitando i poteri riconosciuti al giudice dell’esecuzione nel caso di effetti giuridici favorevoli per il condannato, il momento di cessazione della permanenza, accertando in tal modo che la condotta partecipativa alla contestata associazione del NOME si era arrestata nel 2012, in epoca antecedente quindi all’entrata in vigore della legge 69 del 2015.
Il AVV_NOTAIO generale, NOME COGNOME, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Come condivisibilmente osservato dal AVV_NOTAIO Generale in seno alla sua requisitoria, nel caso di specie, la tematica inerente la rideterminazione della pena
inflitta a NOME COGNOME con sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria emessa il 06/02/2018, irr. il 10/09/2019, è stata trattata dal Giudice della cognizione, che l’aveva respinta; in particolare la Corte di appello di Reggio Calabria, a pag, 210, affronta lo specifico tema relativo all’applicazione della più grave cornice sanzionatoria dell’art. 416 bis cod. pen., introdotta dalla legge 69 del 2015, osservando come la contestazione c.d. aperta del reato associativo, implicasse l’applicazione della nuova cornice edittale.
Non poteva quindi sottoporsi al giudice della cognizione una questione già decisa in sede di cognizione, come affermato da Sez. 1 n. 43268 del 04/07/2018, Nappa, rv. 274532: la mancanza di prova della partecipazione all’associazione di stampo mafioso fino all’epoca di entrata in vigore della norma più sfavorevole è tema che nel caso in esame avrebbe dovuto essere oggetto di impugnazione, proprio in considerazione del fatto che la Corte territoriale ne aveva specificatamente trattato.
Va ricordato come questa Corte abbia più volte affermato il principio, cui va data continuità, per cui in sede esecutiva non è consentito modificare la data del commesso reato, accertata nel giudizio di cognizione con sentenza passata in giudicato, anche quando il “tempus commisi delicti” non sia precisamente indicato nell’imputazione. (Fattispecie di rigetto della richiesta di indicazione della data finale di permanenza del reato associativo mafioso, contestato in forma aperta, in senso difforme da quanto accertato dal giudice della cognizione che non aveva indicato una data di cessazione della condotta anteriore alla sentenza di primo grado). (Sez. 1, n. 25219 del 20/05/2021, Piacenti, Rv. 281443 – 01).
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 05/03/2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente