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Pena reato continuato: la discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla determinazione della pena in caso di reato continuato. Con la sentenza n. 44737/2024, ha rigettato i ricorsi di alcuni imputati condannati per associazione mafiosa e altri gravi delitti, i quali lamentavano la sproporzione degli aumenti di pena. La Corte ha ribadito che il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nel quantificare la sanzione, purché la motivazione sia logica e basata sulla gravità concreta dei fatti, senza essere vincolato a meri calcoli matematici sui limiti edittali.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena reato continuato: la Cassazione ribadisce l’ampia discrezionalità del giudice

La determinazione della pena per un reato continuato rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a bilanciare la gravità dei fatti con i principi di proporzionalità e rieducazione. Con la recente sentenza n. 44737 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sui limiti della discrezionalità del giudice di merito in questo ambito, respingendo le censure di alcuni imputati che lamentavano un calcolo sproporzionato delle loro condanne.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’appello di Bari che, in sede di rinvio, aveva rideterminato le pene per diversi soggetti condannati per una pluralità di reati molto gravi. Le accuse spaziavano dalla partecipazione ad un’associazione mafiosa armata, con ruoli di vertice e di partecipe, al traffico di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, porto e detenzione di armi da guerra (tra cui Kalashnikov e fucili a canne mozze), estorsione e altri delitti contro il patrimonio.

I condannati avevano presentato ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, una violazione di legge e un vizio di motivazione nel calcolo del trattamento sanzionatorio. In particolare, sostenevano che gli aumenti di pena applicati per i reati satellite, in regime di continuazione, fossero illogici e sproporzionati sia rispetto alla pena base per il reato più grave, sia in confronto ai limiti edittali previsti per ciascun reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi proposti. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’appello, ribadendo principi consolidati in materia di determinazione della pena e di valutazione della continuazione tra reati.

Le Motivazioni: la Valutazione della Pena per Reato Continuato non è Matematica

Il cuore della pronuncia risiede nel chiarire la natura della discrezionalità del giudice. La Corte ha sottolineato che la graduazione della pena è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se non in caso di mero arbitrio o ragionamento manifestamente illogico.

Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la quantificazione degli aumenti per i reati satellite non risponde a “precisi rapporti matematici”. Il giudice non è tenuto ad applicare aumenti proporzionali ai limiti edittali astratti delle norme violate. La valutazione deve, invece, ancorarsi alla gravità concreta di ogni singolo reato, così come descritto nel capo d’imputazione e accertato in sentenza. Questa valutazione si basa sui criteri dell’art. 133 del codice penale, che includono la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo cagionato e l’intensità del dolo.

La Cassazione ha affermato che è infondato l’assunto secondo cui a pene edittali identiche debbano corrispondere sanzioni identiche in concreto. La gravità di un reato dipende dalle sue dimensioni fattuali individuali. Pertanto, un ricorso che si limiti a denunciare una presunta “incoerenza algebrica” senza confrontarsi con la gravità effettiva dei fatti è destinato all’inammissibilità.

Inoltre, la Corte ha respinto anche gli altri motivi di ricorso, tra cui:

* La mancata estensione delle attenuanti generiche: una volta riconosciute per il reato più grave, non devono essere automaticamente applicate ai reati satellite, la cui pena è determinata complessivamente all’esito di una valutazione globale.
La violazione del divieto di reformatio in peius*: la Corte ha chiarito che, se in appello un imputato viene assolto dal reato più grave, il giudice può rideterminare la pena per i reati residui in misura superiore a quella originaria, a patto di non superare la pena base e quella complessiva inflitte in primo grado.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale del nostro sistema penale: la centralità del giudice di merito nella personalizzazione della pena. La decisione sul trattamento sanzionatorio non è un’operazione meccanica, ma un giudizio complesso che deve tenere conto di tutte le sfumature del caso concreto. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito: le impugnazioni sulla quantificazione della pena hanno scarse possibilità di successo se si basano su astratte doglianze di sproporzione matematica, senza riuscire a dimostrare un’evidente illogicità o una totale assenza di motivazione nella decisione del giudice che ha valutato i fatti.

Come viene calcolata la pena in caso di reato continuato?
La pena si calcola partendo da quella prevista per il reato più grave, che viene poi aumentata per ciascuno degli altri reati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso. L’entità di tali aumenti è lasciata alla discrezionalità del giudice.

Un giudice deve motivare dettagliatamente ogni singolo aumento di pena per i reati satellite?
No. Secondo la Corte, è sufficiente una motivazione complessiva che dia conto dei criteri seguiti (come la gravità dei fatti e la pericolosità del soggetto), senza la necessità di giustificare analiticamente ogni singolo aumento, purché la decisione non sia arbitraria o manifestamente illogica.

È possibile contestare un aumento di pena sostenendo che è ‘matematicamente’ sproporzionato rispetto ai limiti di legge dei singoli reati?
No, un’impugnazione basata su una presunta ‘incoerenza algebrica’ è considerata generica e inammissibile. La valutazione della proporzionalità non si basa su un confronto astratto tra i limiti edittali, ma sulla gravità concreta e sulle dimensioni fattuali di ogni specifico reato commesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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