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Pena reato continuato: il calcolo corretto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33753/2025, ha annullato un’ordinanza della Corte d’Appello che aveva errato nel calcolo della pena per un reato continuato. La Corte ha stabilito che, in fase esecutiva, la pena base su cui calcolare l’aumento per i reati satellite deve essere quella concretamente inflitta per il reato più grave, tenendo conto di eventuali riduzioni, come quella per il rito abbreviato. L’utilizzo di una pena base superiore a quella effettivamente irrogata ha portato a una sanzione finale illegittima, in quanto superiore al triplo della pena corretta.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Reato Continuato: La Cassazione Fissa i Paletti per il Calcolo Corretto

La corretta determinazione della pena reato continuato in fase esecutiva è un tema cruciale che incide direttamente sulla libertà personale del condannato. Con la recente sentenza n. 33753/2025, la Corte di Cassazione è intervenuta per ribadire un principio fondamentale: il calcolo deve partire dalla pena concretamente inflitta per il reato più grave, incluse le riduzioni per riti alternativi, e non da una pena teorica o edittale. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti per evitare sanzioni sproporzionate e illegittime.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un individuo condannato con nove sentenze diverse per reati simili (furti e tentati furti ai danni di negozi), commessi in un breve arco temporale e con modalità analoghe. Su richiesta della difesa, il Giudice dell’esecuzione (la Corte d’Appello di Torino) ha riconosciuto l’esistenza di un medesimo disegno criminoso, applicando l’istituto della continuazione previsto dall’art. 81 del codice penale.

La Corte d’Appello ha individuato come reato più grave quello punito con la pena base di un anno di reclusione e 1.033 euro di multa. Su questa base, ha calcolato la pena complessiva, determinandola in due anni, otto mesi e dieci giorni di reclusione e 1.743 euro di multa.

La Violazione di Legge e il Ricorso in Cassazione

La difesa ha impugnato l’ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge. Il motivo del ricorso era tanto semplice quanto decisivo: la Corte d’Appello aveva calcolato la pena finale partendo da una base errata. Infatti, la pena per il reato più grave era stata sì determinata in un anno, ma poi, grazie alla scelta del rito abbreviato, era stata ridotta a soli otto mesi di reclusione.

Secondo il ricorrente, la pena complessiva risultante dall’aumento per la continuazione non poteva superare il triplo della pena effettivamente irrogata (otto mesi), come previsto dall’art. 81 cod. pen. Utilizzando la pena di un anno come base, la Corte territoriale aveva di fatto irrogato una sanzione superiore al limite legale consentito.

Il Calcolo della Pena Reato Continuato Secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato, richiamando diverse pronunce delle Sezioni Unite: ai fini della determinazione della pena per il reato continuato in sede esecutiva, la “pena più grave” da prendere come riferimento è quella “concretamente irrogata dal giudice della cognizione”.

Questo significa che non si deve guardare alla pena base astratta, ma a quella che figura nel dispositivo della sentenza, comprensiva di tutte le riduzioni applicate, come quella per la scelta del rito abbreviato. Nel caso di specie, la pena base corretta per il calcolo era di otto mesi, non di un anno.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su una logica giuridica stringente, volta a garantire il rispetto del principio di legalità della pena. Le Sezioni Unite (in particolare con le sentenze n. 28659/2017 e n. 7029/2023) hanno chiarito che l’espressione “pena più grave inflitta” identifica la pena così come determinata dal giudice del processo principale. Ignorare le riduzioni di pena, come quella per il rito abbreviato, significherebbe vanificare gli effetti premiali di una scelta processuale del condannato e, di fatto, applicare una pena superiore a quella consentita dalla legge.

Inoltre, la Corte ha sottolineato (richiamando la Sez. U, n. 47127/2021) che il giudice dell’esecuzione deve motivare in modo distinto l’aumento di pena per ciascun reato satellite. Questo serve a garantire la proporzionalità della sanzione e a verificare il rispetto dei limiti legali, evitando che l’aumento per la continuazione si trasformi in un mero cumulo materiale di pene. L’errore della Corte d’Appello ha “sfalsato” l’intero calcolo, portando a un aumento sproporzionato e illegittimo.

Conclusioni

La sentenza in commento rafforza la tutela del condannato nella fase esecutiva. Stabilisce in modo inequivocabile che qualsiasi calcolo per la pena reato continuato deve fondarsi sulla realtà processuale e non su valori astratti. La pena da cui partire è quella scritta nel dispositivo di condanna, al netto di ogni diminuzione. Questa precisazione è fondamentale per gli operatori del diritto, che devono vigilare affinché il calcolo della pena rispetti scrupolosamente i limiti imposti dal codice, garantendo che le scelte processuali premianti mantengano la loro efficacia anche in fase di esecuzione.

Come si calcola la pena per il reato continuato in fase esecutiva?
Si parte dalla pena inflitta per la violazione più grave e la si aumenta per ciascuno dei reati successivi (i cosiddetti reati satellite). L’aumento complessivo, sommato alla pena base, non può mai superare il triplo della pena stabilita per la violazione più grave.

Quale pena si considera come “più grave” per il calcolo?
Si deve considerare la pena concretamente irrogata dal giudice nel dispositivo della sentenza di condanna, non quella astrattamente prevista dalla legge o quella calcolata prima di eventuali riduzioni. Questo significa che se la pena è stata ridotta, ad esempio per la scelta del rito abbreviato, la base di calcolo sarà la pena già ridotta.

Perché è stato annullato il provvedimento della Corte d’Appello?
L’ordinanza è stata annullata perché il giudice ha utilizzato come base di calcolo la pena di un anno di reclusione, ignorando che tale pena era stata ridotta a otto mesi per effetto del rito abbreviato. Questo errore ha portato a determinare una pena finale illegittima, poiché superiore al triplo della pena che avrebbe dovuto essere usata come base (otto mesi).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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