Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 47628 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 47628 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal COGNOME NOME nato a san Felice a Cancello il 31/10/1970; NOME nata a Maddaloni il 11/11/1975; COGNOME NOME nato a Sant’Elpidio a Mare il 16/01/1967; nel procedimento a carico dei medesimi; avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 19/02/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME ch chiesto l’annullamento senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionator comminato a COGNOME NOME e a COGNOME NOME rideterminando la pena rispettivamente con eliminazione dell’aumento della pena pecuniaria di eur 3000 per il capo 8) e di euro 20 per il capo 4.1., e con eliminazione dell’aum di pena pecuniaria di euro 100 per il capo 4.1. ed euro 250 per il capo 8) dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi per i restanti motivi; lette le conclusioni del difensore degli imputati COGNOME e COGNOME NOME avv. COGNOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi anche deposita COGNOME Luca memoria per COGNOME e del difensore di COGNOME NOMECOGNOME avv.to che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 19.02.2024, la Corte di Appello di Ancona confermava la sentenza di condanna, emessa il 03.03.2022 dal G.U.P. del Tribunale di Fermo,
degli odierni ricorrenti – COGNOME Giovanni, COGNOME NOME e COGNOME NOME – e la pena stabilita in ordine ai reati contestati loro per i rispettivi cap di imputazione.
Avverso la suindicata sentenza della Corte di Appello, i ricorrenti, tramite i rispettivi difensori di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione.
2.1. COGNOME NOME e COGNOME NOME articolano, rispettivamente, due motivi di ricorso e COGNOME NOME un unico motivo.
2.2. Con il primo comune motivo, NOME e COGNOME NOME deducono l’illegalità della pena stabilita dal Tribunale e confermata dalla Corte di Appello perché – ritenuto più grave il delitto previsto dall’art. 73, co.1, D.P.R. n. 309/90, punito con la pena congiunta della reclusione e la multa – l’aumento per i “reati satellite” p. e p. dall’art. 697 cod. pen., di cui ai capi 4.1. e imputazione, per entrambi gli imputati è stato disposto con riferimento ad ambedue le specie (detentiva e pecuniaria) previste per la violazione in materia di stupefacenti, nonostante la contravvenzione di detenzione abusiva di armi sia punita, alternativamente, con l’arresto o l’ammenda.
2.2.1. Con il secondo motivo, COGNOME Giovanni rileva l’apparenza della motivazione addotta dalla Corte di Appello rispetto alle censure difensive mosse in merito all’automatico incremento, peraltro nella misura massima, del trattamento sanzionatorio, in conseguenza della contestazione della recidiva ex art. 99 cod. pen. (ciò nonostante la addotta diversità tipologica dei reati commessi dal ricorrente in epoca recente e il rimarcato scollamento temporale tra i precedenti specifici e quelli oggetto del procedimento de quo).
2.2.2. Con il secondo motivo, invece, COGNOME NOME lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sul rilievo di una pluralità di fattori: primo fra tutti, il diverso trattamento sanzionatorio riconosciuto all coimputata (oltre allo stato di incensuratezza, al vincolo matrimoniale con soggetto pluripregiudicato, l’atteggiamento collaborativo tenuto nel corso delle attività di indagine, la mancata richiesta e conseguente applicazione di misure cautelari ed il periodo temporale – antecedente all’arresto del marito e coimputato – cui afferiscono le contestazioni). Deduce, inoltre, l’omessa motivazione sul punto.
COGNOME NOME articola un unico motivo di ricorso per cassazione, lamentando vizi ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in ordine alla
mancata derubricazione del capo 11) di imputazione nell’ipotesi di cui all’art comma 5, D.P.R. n. 309/1990, in forza del principio di cui al brocardo in dubio pro reo. Nello specifico, contesta l’accertamento della propria responsabili penale, avvenuto sulla sola base di prove indiziarie – le intercettazioni – r prive di riscontri oggettivi (quali il sequestro dello stupefacente funz all’acquisizione di elementi probatori relativi alla tipologia e alla consi quantitativa e qualitativa della sostanza), in grado di sostituire i risulta perizia. La Corte di Appello avrebbe erroneamente valorizzato la suppost vocazione professionale allo spaccio, ai fini dell’esclusione dell’inquadrame della condotta in un perimetro contenuto di offensività.
4. Le censure formulate nel comune interesse di COGNOME e NOME, limitatamente alla quantificazione della pena per continuazione in ordi a reati contravvenzionali in materia di armi, sono fondate.
Invero, in tema di concorso di reati puniti con sanzioni eterogenee sia genere che nella specie, per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuaz l’aumento di pena per il reato “satellite” va effettuato secondo il criteri pena unica progressiva per “moltiplicazione”, rispettando tuttavia, per il prin di legalità della pena e del favor rei, il genere della pena prevista per “satellite” (così Sez. U, n. 40983 del 21.06.2018, COGNOME, Rv. 273751-01).
Sul rilievo, tale per cui il riconoscimento della continuazione, laddove ric l’unicità del disegno criminoso, debba in ogni caso essere contemperato con rispetto del principio di legalità nella determinazione della pena, integra principio del favor rei (storicamente ritenuto ratio ispiratrice dell’art. 81 cod. pen.), le Sezioni Unite hanno affermato che – affinché la pena del re continuato sia legale – occorre rispettare il genere della pena previsto reato satellite e, pertanto, laddove il reato più grave sia punito co congiunta ed il reato satellite con pena alternativa, l’aumento di pena può e disposto in relazione ad una soltanto delle pene previste per la violazion grave (conformemente a Sez. I, n. 7395 del 20/10/2017 – dep. 2018, Rv. 272404, la quale ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che, ritenuto p grave il delitto di ricettazione, punito con la reclusione e la multa, aveva di l’aumento sia dell’una che dell’altra per la continuazione con la contravvenz di detenzione abusiva di armi ex art. 697 cod. pen., punita con l’arre l’ammenda). La scelta tra l’una e l’altra pena, inoltre, deve essere motiv art. 133 cod. pen.
Con la conseguenza per cui è viziata la statuizione della senten impugnata, laddove ha confermato l’aumento a titolo di continuazione – dispost dal Tribunale e confermato dalla Corte di Appello – in relazione ad ambedue l
pene previste per la violazione più grave, nonostante il “reato satellite” sia sanzionato con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.
Deve, pertanto, essere rideterminata la pena (per ambedue i ricorrenti), espungendo dal computo per l’aumento per la continuazione – essendo congruamente motivato in ordine alla gravità del fatto l’aumento per la specie di pena più rigorosa, della reclusione -, la pena pecuniaria, pari, per COGNOME NOME, ad euro 3000 per il capo 8) di imputazione ed euro 20 per il capo 4.1.) e, per NOME, pari ad euro 100 per il capo 4.1) ed euro 250 per il successivo capo 8). Con calcolo finale della pena da rideterminare, pari ad anni sette, mesi dieci e giorni venti di reclusione ed euro 38667,00 di multa per COGNOME NOME ed anni quattro, mesi sei ed euro 20.147,00 di multa per NOME
Le restanti doglianze, che deducono censure non consentite ovvero infondate, devono essere complessivamente rigettate.
NOME – invero, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede -, con il secondo motivo di ricorso si limita a riprodurre questioni già devolute e disattese, con motivazione congrua e coerente, in grado di appello, e che pertanto, in quanto anche aspecifiche in via estrinseca, siccome non si confrontano con la motivazione censurata, si espongono al giudizio di inammissibilità (ex multis, Sez III, n. 24319 del 09.04.2014; Sez. II, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass.; Sez. V, n. 28011 del 15.2.2013, COGNOME, rv. 255568; Sez. IV, n. 18826 del 9.2.2012, COGNOME, rv. 253849; Sez. II, n. 19951 del 15.5.2008, COGNOME, rv. 240109; Sez. IV, n. 34270 del 3.7.2007, COGNOME, rv. 236945; Sez. I, n. 39598 del 30.9.2004, COGNOME, rv. 230634; Sez. IV, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, rv. 221693).
Invero, la Corte di Appello ha correttamente ritenuto non apprezzabili circostanze di mitigazione della pena ulteriori rispetto allo stato di incensuratezza, specie considerando che, in relazione all’estrema gravità dei fatti, il ruolo dell’imputata è stato – contrariamente alle deduzioni difensive estremamente fattivo, tanto prima quanto dopo l’arresto del coimputato, cui è legata da vincolo matrimoniale. Trova applicazione, dunque, il principio secondo il quale la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen è oggetto di un giudizio di fatto, nel contesto del quale può essere esclusa dal giudice, con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, cosicchè la motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati
nell’interesse dell’imputato (in termini, ex multis, Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008 Rv. 242419 – 01; in motivazione, Sez. 4, n. 3284 del 12/12/2014 (dep. 23/01/2015 ) Rv. 262031 C.).
Parimenti, COGNOME NOME reitera doglianze già disattese con motivazione congrua e coerente – pertanto, non censurabile in questa sede dalla Corte di Appello di Ancona.
La motivazione giustificativa del riconoscimento della recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale (nella misura di due terzi, come previsto dall’art. 99, comma 4, cod. pen.) è presente ed esauriente, avendo la sentenza esaminato – compiutamente, seppur sinteticamente – il profilo soggettivo dell’imputato, che annovera innumerevoli precedenti (per i reati contro il patrimonio, in tema di stupefacenti, per armi, per omicidi e per associazione di tipo mafioso, tra i quali una condanna per estorsione irrevocabile a far data 04.04.2017) espressivi di una maggiore pericolosità sociale, ed anche, in particolare, la specifica storia delinquenziale dell’imputato, che pure ha beneficiato di un programma di protezione, evidentemente ininfluente ai fini della resipiscenza.
Si rimarca, non da ultimo, come – peraltro – l’aumento della aggravante ad effetto speciale è predeterminato nella misura fissa di due terzi (ex multis, Sez. VI, n. 8291 del 10.02.2022, Rv. 282910).
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME Giuseppe è inammissibile per genericità ed aspecificità dell’unico motivo dedotto. Il ricorrente propone argomentazioni sostanzialmente già svolte con l’atto di appello avverso la decisione di conferma della condanna di primo grado.
La Corte di Appello di Ancora ha correttamente (e conformemente ai principi di offensività e proporzionalità della pena) escluso la qualificazione giuridica del fatto contestato all’odierno ricorrente in termini di lieve entità – ai sensi dell’a 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (“T.U. Stupefacenti”) – all’esito di una adeguata valutazione complessiva in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’attività illecita di cessione di sostanza stupefacente, inequivocabilmente posta in essere dall’imputato perché dimostrata dagli innumerevoli elementi emersi nel corso dell’attività investigativa di riscontro del contenuto delle intercettazioni (servizi mirati di osservazione, controllo, pedinamento, sfociati anche in sequestri ed arresti).
La Corte di Appello ha, quindi, correttamente valorizzato la capacità del Diamanti di diffondere in maniera professionale le diverse sostanze stupefacenti, ai fini dell’esclusione dell’inquadramento della condotta in un perimetro contenuto di offensività quale quello invocato dalla difesa.
Al riguardo e quanto alla prova dei fatti, già il Tribunale rilevava come, ad ulteriore ed oggettivo riscontro delle conversazioni intercettate, su cui pure si fonda il giudizio di responsabilità penale, taluni acquirenti fossero stati invero trovati in possesso della sostanza stupefacente ceduta dal COGNOME (ed il medesimo indagato, peraltro, è stato trovato in possesso di marijuana: sebbene tali fatti di detenzione siano confluiti in altro procedimento definito con sentenza definitiva).
In ogni caso, la Corte di Appello rilevava come la prova della commissione dei reati p. e p. dal T.U. Stupefacenti non richieda necessariamente il rinvenimento ed il sequestro della sostanza illecita, ben potendo scaturire da autonome fonti probatorie, quali gli indizi risultanti dalle intercettazioni telefoniche o ambientali purché gravi, precisi e non equivoci nonché concordanti, quali quelli emersi nel corso del presente procedimento a carico del ricorrente (Cass., Sez. II, n. 53615/2016 e n. 19712/2015 e Sez. IV, n. 48008/2009; sez. VI, nn. 5224/2020, 8211/2016, 3882/2012). In particolare, la Corte di Appello correttamente evidenziava come il giudice ben possa fondare la sua decisione sul contenuto delle intercettazioni di cui sia accertato il significato chiaro, decifrabile, non ambiguo dei significati delle medesime conversazioni intercettate (Cass., Sez. IV, n. 21726/2004).
Nello specifico dell’appello, coerentemente la Corte di Appello ha ampiamente motivato in ordine alla evidenza dell’oggetto delle comunicazioni intercettate sicché del tutto prive di pregio sono le censure addotte sul punto dall’odierno ricorrente COGNOME GiuseppeCOGNOME
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso di COGNOME Giuseppe debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e NOME limitatamente alla quantificazione della pena che ridetermina in anni sette, mesi dieci e giorni venti di reclusione ed euro 38667 di multa per COGNOME NOME ed in anni quattro, mesi sei ed euro 20.147 di multa per NOME. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi dei predetti
imputati. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13.11.2024