Pena Permanenza Domiciliare: Quando la Sanzione è Considerata Adeguata
La corretta quantificazione della pena è uno degli aspetti più delicati del processo penale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti e i criteri di applicazione della pena permanenza domiciliare, specialmente nei reati di competenza del giudice di pace. Il caso analizzato riguarda un ricorso presentato da un imputato che riteneva eccessiva la condanna a 30 giorni di permanenza domiciliare per il reato di lesioni personali aggravate. Vediamo come i giudici di legittimità hanno risolto la questione.
I Fatti di Causa
Un soggetto, condannato in appello per il reato di lesioni personali (art. 582 c.p.), aggravate dalla recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, proponeva ricorso per cassazione. Il motivo principale del ricorso verteva sulla presunta eccessività della pena inflitta: 30 giorni di permanenza domiciliare. Secondo la difesa, tale sanzione rappresentava il massimo edittale previsto per quel reato, e quindi era sproporzionata.
I limiti della Pena Permanenza Domiciliare
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando la tesi difensiva con una precisa analisi normativa. I giudici hanno sottolineato che la valutazione della pena non era errata, ma anzi, si collocava perfettamente all’interno della cornice edittale prevista dalla legge.
Il punto centrale della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 52, comma 2, lett. b) del D.Lgs. 274/2000 (disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace). Tale norma stabilisce che, per i reati puniti con la sola pena della reclusione o dell’arresto, si applicano pene alternative, tra cui la pena permanenza domiciliare per una durata che va da un minimo di quindici a un massimo di quarantacinque giorni.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha chiarito che la condanna a 30 giorni, lungi dall’essere il massimo della pena, si colloca esattamente nella media edittale (il punto medio tra 15 e 45 giorni). Pertanto, la motivazione del giudice di merito, che ha inflitto tale sanzione, è stata ritenuta del tutto adeguata e non illogica.
Un altro aspetto rilevante evidenziato nell’ordinanza è il ruolo della recidiva. L’esistenza della recidiva, secondo il comma 3 dello stesso articolo 52, esclude la possibilità di applicare la sola pena pecuniaria, rendendo necessaria una sanzione più afflittiva come la permanenza domiciliare. Questo elemento ha ulteriormente rafforzato la logicità della scelta sanzionatoria operata dalla Corte d’Appello.
Infine, i giudici di legittimità hanno considerato irrilevante un altro motivo di ricorso, relativo a un presunto errore nella sentenza impugnata circa l’esistenza di un rapporto di coniugio tra le parti. Secondo la Corte, anche eliminando tale riferimento, la motivazione sulla congruità della pena sarebbe rimasta solida e non sarebbe stata scalfita.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sul merito. La valutazione della congruità della pena, se contenuta entro i limiti di legge e sorretta da una motivazione logica e non contraddittoria, non può essere messa in discussione in sede di legittimità. La decisione sottolinea l’importanza per i difensori di basare i propri ricorsi su vizi di legittimità concreti e non su una mera rilettura della valutazione del giudice. Un’errata interpretazione dei limiti edittali, come in questo caso, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Qual è la durata della pena della permanenza domiciliare per un reato punito con la sola reclusione o arresto secondo il d.lgs. 274/2000?
Secondo l’art. 52, comma 2, lett. b) del d.lgs. 274/2000, la pena della permanenza domiciliare va da un minimo di quindici giorni a un massimo di quarantacinque giorni.
Una condanna a 30 giorni di permanenza domiciliare è considerata il massimo della pena?
No, una condanna a 30 giorni si colloca all’interno della media edittale (tra 15 e 45 giorni) e non rappresenta il massimo della pena previsto dalla legge per questo tipo di sanzione.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si basa su motivi non consentiti dalla legge, come una errata valutazione della pena?
Se il ricorso si basa su motivi non consentiti, come in questo caso dove la pena era legalmente corretta e motivata, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10525 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10525 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non siano consentiti dalla legge in sede di legitt in quanto riguardano trattamento punitivo sorretto da sufficiente e non illogica motivazion atteso che la pena inflitta all’imputato di giorni 30 di permanenza domiciliare – che il r sostiene essere il massimo edittale per il reato di cui è stato giudicato responsabile l’impu (art. 582 cod. pen. aggravato dalla recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale) – in re si colloca all’interno della media edittale, atteso che l’art. 52, comma 2, lett. b), d.lgs. 28 2000, n. 274, prevede che “quando il reato è punito con la sola pena della reclusione dell’arresto, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da lire un milione a ci milioni o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a quarantacinque giorni ovver la pena del lavoro di pubblica utilità da venti giorni a sei mesi”, e che, in considerazione a della ritenuta esistenza della recidiva (che, peraltro, ex art. 52, comma 3, stesso decreto escl la applicabilità della pena pecuniaria), la pena inflitta in concreto dalla Corte d’appello non s la media edittale, talchè del tutto adeguata, e non illogica, è la motivazione del giudice del m in punto di trattamento sanzionatorio, anche a prescindere dal riferimento non corret contenuto in esso, e su cui si spende il ricorso, all’esistenza di un rapporto di coniugio parti, inciso la cui caduta non è idonea a disarticolare la motivazione del giudice del merito;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.