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Pena permanenza domiciliare: i limiti della pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato a 30 giorni di pena permanenza domiciliare per il reato di lesioni aggravate. L’imputato sosteneva che la pena fosse il massimo edittale, ma la Corte ha chiarito che tale sanzione rientra nella media prevista dalla legge (da 15 a 45 giorni), risultando quindi adeguata e correttamente motivata, specialmente in presenza di recidiva.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Permanenza Domiciliare: Quando la Sanzione è Considerata Adeguata

La corretta quantificazione della pena è uno degli aspetti più delicati del processo penale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti e i criteri di applicazione della pena permanenza domiciliare, specialmente nei reati di competenza del giudice di pace. Il caso analizzato riguarda un ricorso presentato da un imputato che riteneva eccessiva la condanna a 30 giorni di permanenza domiciliare per il reato di lesioni personali aggravate. Vediamo come i giudici di legittimità hanno risolto la questione.

I Fatti di Causa

Un soggetto, condannato in appello per il reato di lesioni personali (art. 582 c.p.), aggravate dalla recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, proponeva ricorso per cassazione. Il motivo principale del ricorso verteva sulla presunta eccessività della pena inflitta: 30 giorni di permanenza domiciliare. Secondo la difesa, tale sanzione rappresentava il massimo edittale previsto per quel reato, e quindi era sproporzionata.

I limiti della Pena Permanenza Domiciliare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando la tesi difensiva con una precisa analisi normativa. I giudici hanno sottolineato che la valutazione della pena non era errata, ma anzi, si collocava perfettamente all’interno della cornice edittale prevista dalla legge.

Il punto centrale della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 52, comma 2, lett. b) del D.Lgs. 274/2000 (disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace). Tale norma stabilisce che, per i reati puniti con la sola pena della reclusione o dell’arresto, si applicano pene alternative, tra cui la pena permanenza domiciliare per una durata che va da un minimo di quindici a un massimo di quarantacinque giorni.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha chiarito che la condanna a 30 giorni, lungi dall’essere il massimo della pena, si colloca esattamente nella media edittale (il punto medio tra 15 e 45 giorni). Pertanto, la motivazione del giudice di merito, che ha inflitto tale sanzione, è stata ritenuta del tutto adeguata e non illogica.

Un altro aspetto rilevante evidenziato nell’ordinanza è il ruolo della recidiva. L’esistenza della recidiva, secondo il comma 3 dello stesso articolo 52, esclude la possibilità di applicare la sola pena pecuniaria, rendendo necessaria una sanzione più afflittiva come la permanenza domiciliare. Questo elemento ha ulteriormente rafforzato la logicità della scelta sanzionatoria operata dalla Corte d’Appello.

Infine, i giudici di legittimità hanno considerato irrilevante un altro motivo di ricorso, relativo a un presunto errore nella sentenza impugnata circa l’esistenza di un rapporto di coniugio tra le parti. Secondo la Corte, anche eliminando tale riferimento, la motivazione sulla congruità della pena sarebbe rimasta solida e non sarebbe stata scalfita.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sul merito. La valutazione della congruità della pena, se contenuta entro i limiti di legge e sorretta da una motivazione logica e non contraddittoria, non può essere messa in discussione in sede di legittimità. La decisione sottolinea l’importanza per i difensori di basare i propri ricorsi su vizi di legittimità concreti e non su una mera rilettura della valutazione del giudice. Un’errata interpretazione dei limiti edittali, come in questo caso, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Qual è la durata della pena della permanenza domiciliare per un reato punito con la sola reclusione o arresto secondo il d.lgs. 274/2000?
Secondo l’art. 52, comma 2, lett. b) del d.lgs. 274/2000, la pena della permanenza domiciliare va da un minimo di quindici giorni a un massimo di quarantacinque giorni.

Una condanna a 30 giorni di permanenza domiciliare è considerata il massimo della pena?
No, una condanna a 30 giorni si colloca all’interno della media edittale (tra 15 e 45 giorni) e non rappresenta il massimo della pena previsto dalla legge per questo tipo di sanzione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si basa su motivi non consentiti dalla legge, come una errata valutazione della pena?
Se il ricorso si basa su motivi non consentiti, come in questo caso dove la pena era legalmente corretta e motivata, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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