Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36655 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36655 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 08/11/2024 della Corte d’appello di Napoli Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli, in sede di rinvio a seguito di annullamento da parte della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione di altra sentenza della stessa Corte, in parziale riforma della sentenza del Gup del Tribunale di Torre Annunziata di condanna di NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (commesso in Torre Annunziata il 19 ottobre 2020), ha riqualificato il fatto come delitto di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90 e ha rideterminato la pena in anni 2 e mesi 8 di reclusione e euro 4000 di multa.
L’imputazione per la quale COGNOME ha riportato condanna è relativa alla detenzione di un quantitativo imprecisato di cocaina in concorso con il padre NOME COGNOME e con NOME COGNOME (giudicati separatamente).
Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, formulando un unico motivo, con cui ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio e in specie alla individuazione della pena base. Il difensore osserva che la Corte, pur avendo riqualificato la condotta come reato di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90, ha determinato la pena base in anni 3 di reclusione, superiore a quella media e anzi prossima al massimo edittale, giustificando tale determinazione con circostanze di fatto che non erano state in realtà accertate. La Corte avrebbe descritto l’imputato come soggetto facente parte di un’organizzazione criminale complessa, in assenza di elementi che valessero a suffragare tale ricostruzione. La stessa giurisprudenza di legittimità, secondo il difensore, afferma che la configurazione dell’ipotesi del fatto di lieve entità deve essere basata su criteri oggettivi che non possono essere influenzati da considerazioni relative alla personalità dell’imputato o ai suoi precedenti penali.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità, in quanto manifestamente infondato il motivo.
E’ noto che secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice
di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. o richiama la gravità del reato o la capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Rv. 256197). A questo proposito la giurisprudenza ha anche specificato che la pena media edittale non deve essere calcolata dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME Papa, Rv. 276288).
Contrariamente a quanto rilevato dal ricorrente, la Corte, a fronte della cornice edittale da 6 mesi a 4 anni di reclusione prevista per la fattispecie di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90, ha sì determinato la pena base in misura superiore alla media edittale, ma ha anche assolto in maniera adeguata all’onere motivazionale con un pertinente richiamo agli indici di cui all’art. 133 cod. pen. I giudici hanno sottolineato la gravità concreta del fatto, ovvero la detenzione di droga in un contesto di gestione da parte dei correi di una piazza di spaccio, e la personalità del soggetto agente, quale data desumere dalla condanna già riportata per i delitti di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R n. 309/90 e dalle concrete modalità del fatto, attuato attraverso contatti indicativi di un’ attività illecita svolta in maniera non occasionale.
Il percorso argomentativo adottato appare esente dalle censure dedotte, mentre di contro il ricorso, nel negare l’inserimento dell’COGNOME nella rete di spaccio organizzata dal padre, è generico e, esso sì, apodittico.
Inconferente, infine, è il rilievo del ricorrente per cui il riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 deve essere fondato su indici oggettivi, indicati nella stessa fattispecie. Invero il piano della configurabilità della fattispecie attenuata deve essere tenuto distinto da quello della determinazione della pena in ordine a tale fattispecie: una volta ravvisata l’ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90 sulla base degli indici oggettivi individuati dal legislatore, il giudice deve pur sempre determinare la pena, nella cornice edittale prevista, facendo applicazione dei criteri di cui art. 133 cod. pen., ovvero tenendo conto sia della gravità del reato, sia della capacità a delinquere.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi
per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle RAGIONE_SOCIALE, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Così deciso in Roma 15 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME