Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23653 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23653 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, riportandosi alla memoria depositata.
udito il difensore:
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME, del foro di TERNI, in difesa di COGNOME NOME, anche in sostituzione, per delega orale, del codifensore COGNOME NOME. Il predetto difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Perugia / con sentenza in data 3 febbraio 2023, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Terni, rideterminava la pena nei confronti di COGNOME NOME, in relazione al reato di detenzione con finalità di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina e ad alcuni atti di cessione, in anni cinque i mesi sei di reclusione e di euro 24.400 di multa.
2.La Corte territoriale, previa la rinnovazione della deposizione di tre testi i quali nel corso delle indagini preliminari avevano riconosciuto di avere acquistato lo stupefacente dal NOME ma che poi, all’esito della pronuncia di primo grado, avevano sottoscritto dichiarazioni, prodotte dal COGNOME nel giudizio di appello, con le quali ritrattavano le dichiarazioni in precedenza rese, confermava il giudizio di responsabilità nei confronti del COGNOME in relazione a tutte le contestazioni allo stesso rivolte, ma riduceva il trattamento sanzionatorio limitatamente alle ipotesi di cessione, potendosi le stesse ricondurre ad ipotesi di minore gravità di cui all’art.73 comma 5 d.P.P. 309/90.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa del NOME articolando sette motivi di ricorso.
3.1 Con il primo deduce violazione di legge per mancanza e apparenza della motivazione in relazione al delitto di detenzione di stupefacente al fine di spaccio, in quanto il giudice distrettuale aveva del tutto omesso di confrontarsi con la alternativa ricostruzione della vicenda concernente il rinvenimento dello stupefacente, ma si era sostanzialmente adeguato agli argomenti utilizzati dal primo giudice.
3.2 Con il secondo motivo di ricorso assume violazione di legge e difetto di motivazione, per manifesta illogicità ed apparenza, con riferimento al giudizio di attendibilità espresso nei confronti dei tre testimoni assunti all’esito della rinnovazione della istruttoria dibattimentale, quale unico elemento a sostegno dell’affermazione di responsabilità per gli episodi di cessione di cui al capo B).
3.13 Con il terzo motivo di ricorso assume violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento alla mancata applicazione dell’art.73 comma 5 d.P.R. 309/90 in relazione al capo A), tenuto conto delle caratteristiche e della qualità dello stupefacente sequestrato, nonché dei mezzi e delle
modalità della condotta che denotavano una capacità diffusiva del tutto marginale e una organizzazione parimenti artigianale.
3.4 Con il quarto motivo di ricorso assume violazione dell’art.125 cod.proc.pen. per omessa motivazione su temi espressamente devoluti all’esame del giudice di appello relativi al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla esclusione della recidiva.
3.5 Con il quinto e il sesto motivo di ricorso deduce illogicità della motivazione in relazione a ciascuna delle due questioni sopra indicate.
3.6 Con il settimo motivo di ricorso lamenta omessa pronuncia in ordine alla richiesta di restituzione delle somme di denaro e dei mezzi sequestrati (un’autovettura ed una motocicletta) che erano state invece confiscatd.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 primi tre motivi di ricorso, che si riferiscono all’affermazione di responsabilità del NOME per i reati ascritti, sono nel loro complesso infondati e devono essere rigettati.
Il primo motivo, che si riferisce ai fatti concernenti l’arresto in flagranza del COGNOME, sorpreso mentre era intento a disseppellire un contenitore da cui estraeva alcuni involucri contenenti lo stupefacente, poi trovati in suo possesso pure avendo provato a disfarsene, risulta in fatto, generico, privo di confronto con la decisione impugnata, non scandito dalla necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e a quella di primo grado che pure aveva escluso, in termini assolutamente adeguati e privi di illogicità apparenti, la ricostruzione alternativa dei fatti proposta dal COGNOME, tenuto conto che questi era stato sorpreso nel possesso dello stupefacente, suddiviso in due involucri, nonché di un bilancino di precisione, che evidenziava la destinazione dello stupefacente allo spaccio. La presenza del ricorrente nel settore degli stupefacenti risultava poi confermata – secondo la decisione del giudice distrettuale – dalla assunzione delle sommarie informazioni le quali, solo parzialmente, risultano essere state ritrattate dai tre testimoni assunti nel corso del dibattimento in appello, all’esito di rinnovazione parziale dello stesso. D’altro canto, i giudici di merito hanno stigmatizzato la implausibilità e la fantasiosità della ricostruzione alternativa proposta dal COGNOME, atteso che il pluripregiudicato COGNOME, che il COGNOME assumeva di avere monitorato, tanto da seguirlo nel luogo in cui aveva dissotterrato il contenitore con lo stupefacente, risultava essere soggetto del tutto avulso
dal contesto criminoso di riferimento, avendo maturato la propria esperienza criminale nel settore dei reati contro il patrimonio e non nel settore degli stupefacenti, nel quale era invece attivo l’odierno ricorrente.
Il secondo motivo di ricorso è infondato in quanto il giudice distrettuale ha fornito adeguata e logica interpretazione delle dichiarazioni dei tre testimoni assunti (COGNOME, COGNOME e COGNOME) a chiarimento delle dichiarazioni difensive documentate dalla difesa del COGNOME e, pure prendendo atto che le accuse contro il COGNOME erano state in parte ridimensionate, così da limitare l’aumento per la continuazione a mesi tre di reclusione, previa derubricazione dei fatti di cui al capo b) in ipotesi di cui all’art.73 comma 5 dPR 309/90, ha correttamente evidenziato come due dei tre testimoni avessero in sostanza confermato di avere ricevuto, in almeno una occasione ciascuno, sostanza stupefacente dal NOME, mentre le dichiarazioni del terzo testimone dovessero essere valutate in termini di particolare cautela, tanto da essere riconosciute non convincenti, anche sotto il profilo logico tenuto conto della piena coerenza di tutto il residuo quadro probatorio. Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale risulta coerente con le risultanze processuali e non appare altresì manifestamente illogico e si sottrae pertanto al sindacato di questo giudice di legittimità.
Infondata è poi l’articolazione concernente la ricorrenza di un deficit motivazionale per non avere il giudice distrettuale qualificato i fatti di cui al capo a) della rubrica ai sensi dell’art.73 comma 5 D.P.R. 309/90, in presenza di una motivazione implicita che fa proprie le considerazioni espresse sul punto dal primo giudice e rispetto alle quali i motivi di doglianza prospettati nei motivi di appello risultano oltremodo generici, privi di confronto e quindi inammissibili ai sensi dell’art.591 in relazione all’art.581, comma 1, lett.d) cod.proc.pen. (sez.5, n.46588 del 3/10/2019, Bercigli, Rv.277281; Sez.2, n.35949 del 20/06/2019, Liberti, Rv.276745).
‘E stato affermato dalle Sezioni Unite che la circostanza attenuante speciale (quale era concepita dal legislatore prima della modifica normativa introdotta dal D.L. 146/2013 convertita in legge 10/2014) “può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile solo dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di
incidenza sul giudizio” e a tale proposito il giudice è tenuto a valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, dovendo conseguentemente escludere la concessione dell’attenuante quando anche uno solo di tali elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia “di lieve entità” (Cass. Sez.3, n.32695 del 27/03/2015, COGNOME e altri, Rv.264491), rilevando comunque, ai fini del riconoscimento della ipotesi di minore gravità / ‘una adeguata valutazione complessiva della fattispecie concreta, poiché solo in tal modo è possibile in concreto formulare un giudizio di lieve offensività del fatto (Cass. Sez.U., n.51063 del 27/09/2018, Murolo Ciro, Rv.274076). Orbene un siffatto compito è stato puntualmente assolto dal giudice territoriale il quale ha fatto riferimento ai profili ponderali e qualitativi dello stupefacente trattato, alla qualità delle sostanze, al numero di dosi ricavabili (oltre seicento), sottolineando la ricorrenza di profili di organizzazione seppure rudimentale, la conoscenza di non indifferenti canali di rifornimento e un complessivo giro di affari non trascurabile, come risultava evidenziato dalla complessiva somma di denaro rinvenuta presso l’abitazione del COGNOME (euro 6.710,00), suddivisa in banconote di piccolo taglio.
5. Fondati risultano invece gli ulteriori motivi di impugnazione della difesa del COGNOME, che attengono al trattamento sanzionatorio (riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed esclusione della recidiva) e alla misura di sicurezza patrimoniale applicata (confisca della somma di denaro e di alcuni autoveicoli rinvenuti nella disponibilità dell’imputato) in quanto, pure a fronte dei puntuali rilievi critici operati nella dichiarazione di appello (quanto alla sproporzione delle somme e dei beni mobili registrati sottoposti a sequestro, e poi a confisca, rispetto ai redditi dichiarati ovvero percepiti dal COGNOME, pag.9-10 dell’atto di appello, quanto alla dosimetria della pena, alle circostanze attenuanti generiche e alla elisione della recidiva a pag.11 e 12 dell’atto di appello), la Corte di appello di Perugia ha del tutto omesso una qualsivoglia motivazione incorrendo pertanto in un vuoto motivazionale, rilevante ai sensi degli artt.125 comma 3 e 547 comma 1 lett.e) cod.proc.pen., non colnnabile neppure attraverso i principi giurisprudenziali sulla motivazione implicita. Deve pertanto essere disposto l’annullamento della sentenza impugnata in relazione ai suddetti temi con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte di appello di Firenze, essendo la Corte di appello di Perugia mono-sezionale. Il ricorso deve essere rigettato per il resto.
Segue da dispositivo la dichiarazione di irrevocabilità della sentenza impugnata, limitatamente all’affermazione della penale responsabilità del ricorrente, ai sensi dell’art.624 comma 2 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e alla confisca della somma di denaro e dei veicoli in sequestro e rinvia, per nuovo giudizio su tali punti, alla Corte di appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso. Dichiara la irrevocabilità della declaratoria di responsabilità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 marzo 2024.