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Pena per rissa e resistenza: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione interviene su un caso di rissa, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Pur dichiarando inammissibili i ricorsi sulla sussistenza dei reati, la Corte ha accolto le doglianze relative al calcolo della pena per rissa e resistenza. È stato stabilito che l’aumento di pena per il reato di rissa, in continuazione con quello più grave di resistenza, non può superare il massimo edittale previsto per la rissa al momento dei fatti. La Corte ha quindi annullato parzialmente la sentenza, ricalcolando e riducendo la multa inflitta agli imputati.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena per rissa e resistenza: la Cassazione fissa i paletti sul calcolo

La corretta determinazione della pena per rissa e resistenza quando i reati sono legati dal vincolo della continuazione è un tema complesso. Con la sentenza n. 9251 del 2025, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire un principio fondamentale: l’aumento di pena per il reato meno grave non può mai superare il massimo previsto dalla legge per quel reato specifico. Questa decisione rettifica un errore di calcolo commesso nei gradi di merito, offrendo un importante riferimento per la prassi giudiziaria.

I Fatti del Processo

Due individui venivano condannati in primo grado e in appello per aver partecipato a una rissa, aver opposto resistenza a pubblico ufficiale intervenuto per sedarla e aver cagionato lesioni a uno degli agenti. La Corte di Appello aveva confermato la responsabilità penale, rideterminando la pena complessiva. Contro questa decisione, i difensori degli imputati proponevano ricorso per Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la presunta contraddittorietà delle motivazioni sulla sussistenza della resistenza e, soprattutto, l’illegalità della pena pecuniaria applicata per il reato di rissa.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i diversi motivi di ricorso, giungendo a conclusioni distinte.

La questione della resistenza a pubblico ufficiale

I ricorsi che contestavano la ricostruzione dei fatti e la sussistenza del reato di resistenza sono stati dichiarati inammissibili. La Cassazione ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, che non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. La Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello avesse logicamente superato le apparenti contraddizioni, chiarendo che la resistenza si era manifestata nel continuare la condotta violenta anche dopo l’intervento delle forze dell’ordine e prima del momento dell’arresto vero e proprio, causando peraltro lesioni a un agente. Analogamente, è stata dichiarata inammissibile la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), in quanto sollevata per la prima volta in sede di legittimità.

L’errore nel calcolo della pena per rissa e resistenza

Il punto cruciale della sentenza riguarda i motivi di ricorso accolti, relativi all’illegalità della pena. I giudici di merito avevano calcolato la pena partendo da quella base per il reato più grave (resistenza), aumentandola per la continuazione con i reati di lesioni e di rissa. L’aumento per la rissa, calcolato in giorni di reclusione, era stato poi convertito in una pena pecuniaria di 2.500 euro.

La Cassazione ha rilevato un errore in questo calcolo. Al momento dei fatti, il reato di rissa (art. 588 c.p.) era punito con una multa massima di 309 euro. La pena di 2.500 euro inflitta era, quindi, palesemente illegale perché superiore al massimo edittale previsto dalla norma incriminatrice.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha richiamato il principio consolidato secondo cui, in caso di concorso di reati puniti con sanzioni eterogenee (detentive e pecuniarie) e uniti dal vincolo della continuazione, l’aumento di pena per il reato “satellite” deve rispettare il genere e il limite massimo della pena prevista per quest’ultimo. In altre parole, anche se l’aumento viene calcolato in astratto sulla pena detentiva del reato principale, la sua conversione in pena pecuniaria non può mai risultare in un importo superiore a quello che la legge stabilisce come massimo per il reato meno grave. Applicare un criterio diverso violerebbe i principi di legalità della pena e del favor rei.

Le Conclusioni

Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo all’aumento di pena per il reato di rissa. Avendo il potere di rettificare direttamente l’errore di calcolo, la Corte ha sostituito la pena illegale di 2.500 euro con quella minima prevista dalla legge, pari a 50 euro di multa. La pena finale per entrambi gli imputati è stata quindi rideterminata in cinque mesi di reclusione e 50,00 euro di multa. La decisione ribadisce la necessità di un rigoroso rispetto dei limiti edittali nel complesso processo di commisurazione della pena in caso di reato continuato.

Come si calcola la pena per un reato meno grave (satellite) in continuazione?
L’aumento di pena per il reato satellite, anche se unito a un reato più grave punito con la reclusione, non può mai superare la pena massima (sia essa detentiva o pecuniaria) prevista dalla legge per quello specifico reato satellite al momento della commissione del fatto.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia manifestamente illogica o contraddittoria.

Si può chiedere l’applicazione della particolare tenuità del fatto per la prima volta in Cassazione?
No, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) deve essere presentata nei gradi di merito. Se sollevata per la prima volta in sede di legittimità, viene dichiarata inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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