Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9251 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9251 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME MicheleCOGNOME nato a Maddaloni il 11/10/1990
Di NOMECOGNOME nato a Cervino il 20/07/1972
avverso la sentenza del 30/04/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui agli artt. 337 e 582 c.p. nei confronti di tutti gli imputati;
lette le richieste dell’avvocato NOME COGNOME difensore di COGNOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
lette le richieste dell’avvocato NOME COGNOME difensore di COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di rissa, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni; la Corte di appello di Napoli ha confermato tale condanna rideterminando la pena inflitta.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME e di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Ricorso di NOME COGNOME
2.1.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione al delitto di cui all’art 337 cod. pen.
Rileva il difensore che la sentenza di primo grado è contraddittoria in quanto da essa risulta, da un lato, che «i giudicabili impedivano all’agente di intervenire al fine di sedare la rissa in corso» e, dall’altro, che «seppur in un primo momento i contendenti continuavano la rissa, appena resi conto dell’intervento dei militari desistevano senza opporre alcuna resistenza»; tale evidente contraddizione non è superata dalla sentenza di secondo grado. Peraltro, nel capo di imputazione non sarebbe nemmeno indicato quale comportamento integri il delitto di resistenza, non essendo a ciò sufficiente il mero riferimento alle lesioni riportate da un agente intervenuto.
2.1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione in relazione al delitto di lesioni. Erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che i motivi di impugnazione non contenessero alcuna contestazione sul punto, in quanto nel ricorso era stata evidenziata l’assenza di qualunque atto volto a opporre resistenza e, con i motivi aggiunti, la doglianza della stata approfondita sotto il profilo dell’insussistenza dell’elemento psicologico del reato di lesioni.
2.1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge di difetto di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., alla luce della minima offensività della condotta. La difesa precisa che la modifica dell’art 131-bis cod. pen. operata dall’art. 16, comma 1 lett. b), del d.l. n. 53/2019, che esclude la possibilità di reputare tenue l’offesa del reato di resistenza al pubblico ufficiale, non è applicabile ratione temporis ai fatti oggetto del procedimento, che risalgono al 26/04/2016.
2.1.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge per illegalità della pena pecuniaria inflitta a titolo di continuazione. In secondo grado è stata rideterminata la pena partendo dal minimo edittale previsto per il reato di
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resistenza, pari a mesi sei di reclusione, la pena è stata, quindi, ridotta per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche fino a mesi quattro di reclusione e, quindi, aumentata fino a mesi cinque di reclusione per il reato di lesioni e fino a mesi cinque e giorni dieci per il reato di rissa, posti entrambi in continuazione con il più grave delitto di resistenza. L’ultimo aumento di pena è stato, infine, commutato nella pena pecuniaria di 2.500 euro di multa (euro 250 al giorno per dieci giorni), in quanto per il reato di rissa semplice è legislativamente prevista la sola pena pecuniaria.
Deduce la difesa che la pena di euro 2500 di multa è illegale, in quanto superiore al massimo edittale previsto per il reato di rissa di cui all’art 588, comma 1, cod. pen. al momento della commissione dei fatti (pari ad euro 309).
2.2. Ricorso di NOME COGNOME.
2.2.1. Con il primo motivo di ricorso vengono dedotti i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione alla delitto di resistenza, per motivi sostanzialmente sovrapponibili a quelli dedotti con il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME
2.2.2. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotto il vizio di violazione di legge per illegalità della pena pecuniaria inflitta a titolo di continuazione per il delitto di rissa.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME e il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME che propongono questioni sostanzialmente sovrapponibili, sono inammissibili.
L’indagine di legittimità sulla motivazione della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944 – 01).
Nel caso di specie i ricorsi, che formalmente denunciano il difetto di motivazione, propongono, in sostanza, di effettuare una diversa valutazione delle prove assunte, preclusa in sede di legittimità.
La Corte di appello, infatti, ha preso atto della contraddizione della sentenza di primo grado (che afferma la sussistenza della resistenza, anche se, nell’applicare le circostanze attenuanti generiche, rileva che i ricorrenti, che, in un primo momento avevano continuato la rissa, avevano poi desistito appena si erano resi conto dell’arrivo dei militari) e l’ha superata rilevando che la desistenza deve ritenersi riferita solo al momento dell’arresto, cui gli imputati non si sono opposti, in quanto dall’istruttoria è emerso con certezza che essi avevano continuato «a malmenarsi e avevano proseguito anche dopo l’intervento della Polizia di Stato».
Manifestamente infondata è anche la censura relativa alla formulazione del capo di imputazione, in cui è compiutamente descritto il fatto in esito al quale un agente di polizia giudiziaria riportava lesioni giudicate guaribili in giorni due.
Anche il secondo motivo di ricorso di NOME COGNOME non supera il vaglio di ammissibilità.
Dalla sentenza impugnata emerge che gli imputati, pur essendo consapevoli che gli appartenenti alla Polizia erano intervenuti, in divisa e con l’auto di servizio, per sedare la rissa, si sono opposti con violenza all’attività degli operanti e che l’assistente capo COGNOME che tentava di fermarli, è stato colpito riportando lesioni alla mano, come da referto agli atti.
La censura relativa alla mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. è inammissibile, in quanto dedotta per la prima volta in sede di legittimità (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.).
Sul punto va aggiunto che sul giudice di merito non grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità (Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282773 01), per cui la Corte di appello non era tenuta ad esaminare di ufficio l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen.
I motivi di ricorso con cui si deduce l’illegalità della pena pecuniaria inflitta a titolo di continuazione per il reato di rissa sono fondati.
In tema di concorso di reati puniti con sanzioni eterogenee sia nel genere che nella specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l’aumento di pena per il reato “satellite” va effettuato secondo il criterio della pena unica
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progressiva per “moltiplicazione”, rispettando tuttavia, per il principio di legalità della pena e del favor rei, il genere della pena prevista per il reato “satellite”, nel senso che l’aumento della pena detentiva del reato più grave dovrà essere ragguagliato a pena pecuniaria ai sensi dell’art. 135 cod.pen. (Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273751 – 01), salvo restando che, per effetto della conversione, non potrà in alcun caso applicarsi a titolo di aumento per la continuazione una pena superiore al massimo della pena comminata dalla legge per il reato meno grave (Sez. 6, Sentenza n. 8667 del 12/02/2019, Ancona, Rv. 275881 – 01).
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi, in quanto per il reato di rissa è stata applicata una pena superiore al massimo edittale.
Infatti, tale reato, che era punito, al momento dei fatti, con la multa fino ad euro 309 (art. 588, comma 1, cod. pen. poi modificato con d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito con modificazioni dalla I. 18 dicembre 2020, n. 173, che ha aumentato la pena pecuniaria “fino ad euro 2000”), è stato posto in continuazione con quello di resistenza, punito con pena detentiva; l’aumento è stato computato sulla pena detentiva (giorni dieci di reclusione) ed è stato, quindi, disposta la conversione in pena pecuniaria (euro 2500). Tale pena, però, è superiore al massimo edittale previsto dalla norma incriminatrice.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio con limitato riguardo all’aumento per la continuazione in ordine al reato di cui all’art. 588 cod. pen.
Reputa il Collegio di poter procedere alla rettificazione della sentenza con la sostituzione della pena inflitta dal giudice di merito per la continuazione con il reato di rissa, con il minimo previsto per la multa dall’art. 24 cod. pen., ossia 50,00 euro.
La pena finale, quindi, è di mesi cinque di reclusione ed euro 50,00 di multa per entrambi i ricorrenti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena, che ridetermina per entrambi gli imputati in mesi cinque di reclusione ed ero 50,00 di multa. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Così deciso il 29/01/2025