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Pena per droga: quando non si ricalcola la condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva di ricalcolare la sua pena per droga alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 40/2019. I giudici hanno chiarito che tale sentenza, che ha abbassato il minimo edittale da otto a sei anni per le droghe pesanti, si applica solo ai reati commessi nel periodo in cui era in vigore il minimo di otto anni. Poiché i fatti del caso risalivano al 2009, quando il minimo era già di sei anni, nessuna rideterminazione era dovuta.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricalcolo Pena per Droga: La Cassazione chiarisce i limiti temporali

La rideterminazione della pena per droga a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale è un tema di grande attualità. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha stabilito confini precisi sull’applicabilità della sentenza n. 40 del 2019, che ha ridotto il minimo edittale per i reati legati alle droghe pesanti. La decisione chiarisce che il ricalcolo della condanna non è automatico e dipende in modo cruciale dal momento in cui il reato è stato commesso. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso di un uomo condannato in via definitiva per una serie di reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana e altro), commessi nel corso del 2009. La Corte d’Appello, nel 2017, aveva ridotto la pena inflitta in primo grado, determinando la condanna finale in otto anni di reclusione e 30.000 euro di multa. Per il reato più grave, la Corte aveva fissato una pena base di sette anni di reclusione.

La Richiesta di Rideterminazione della Pena per Droga

Successivamente, nel 2019, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 40 dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 73 d.P.R. 309/1990 nella parte in cui prevedeva un minimo edittale di otto anni di reclusione per le droghe cosiddette “pesanti”, anziché sei anni. Sulla base di questa pronuncia, il condannato si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo un’ulteriore riduzione della sua pena, sostenendo che la sua condanna fosse stata influenzata dal minimo edittale più alto, poi dichiarato incostituzionale.

Il Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza, e avverso tale decisione il condannato ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla Pena per Droga

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, fornendo un’analisi dettagliata del quadro normativo e dei limiti temporali di applicazione delle sentenze della Consulta.

Il Principio di Irretroattività della Norma Sfavorevole

I giudici hanno innanzitutto chiarito il campo di applicazione della sentenza n. 40 del 2019. Tale pronuncia ha avuto l’effetto di abbassare il minimo della pena per droga pesante da otto a sei anni. Questo minimo di otto anni era stato “ripristinato” a seguito di una precedente sentenza della Corte Costituzionale, la n. 32 del 2014, che aveva fatto rivivere una normativa anteriore.

Di conseguenza, la sentenza del 2019 può avere effetti solo sui reati commessi nel periodo in cui il minimo edittale di otto anni era effettivamente in vigore, ovvero tra la pubblicazione della sentenza n. 32/2014 e quella della sentenza n. 40/2019.

L’Inapplicabilità al Caso di Specie

Nel caso esaminato, tutti i reati erano stati commessi nel 2009. A quell’epoca, la normativa applicabile prevedeva già un minimo edittale di sei anni di reclusione per le droghe pesanti. Pertanto, la successiva vicenda normativa, culminata con la sentenza del 2019, non aveva alcun impatto sul regime sanzionatorio applicabile ai fatti per cui l’uomo era stato condannato.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e illogico. La richiesta del condannato si basava su un presupposto giuridico errato: l’idea che la sentenza n. 40/2019 potesse applicarsi retroattivamente a fatti commessi in un periodo governato da una diversa e più favorevole cornice edittale. Inoltre, la stessa pena base di sette anni fissata dalla Corte d’Appello dimostrava in modo inequivocabile che i giudici di merito non avevano applicato un minimo di otto anni, essendo la pena inflitta inferiore a tale soglia. La Corte ha quindi operato all’interno della cornice edittale corretta (da sei a vent’anni), esercitando la propria discrezionalità nel determinare la pena concreta. Non vi era, dunque, alcun titolo per una rideterminazione della pena, poiché questa non era mai stata illegale.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione delle pronunce della Corte Costituzionale in materia penale deve essere attentamente valutata in relazione al momento della commissione del reato (tempus commissi delicti). Non è possibile invocare una modifica normativa favorevole se, all’epoca dei fatti, la legge era già più vantaggiosa di quella successivamente dichiarata incostituzionale. Questa decisione consolida la certezza del diritto e chiarisce che il ricalcolo della pena non è un automatismo, ma è strettamente legato al quadro normativo effettivamente vigente al momento del reato.

È possibile chiedere la rideterminazione di una pena per spaccio di droga a seguito della sentenza n. 40/2019 della Corte Costituzionale?
Sì, ma solo se il reato è stato commesso nel periodo in cui era in vigore il minimo edittale di otto anni di reclusione per le droghe pesanti, cioè quello intercorso tra la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014 e quella della sentenza n. 40/2019.

Perché la Cassazione ha respinto il ricorso nel caso specifico?
Perché i reati erano stati commessi nel 2009, un’epoca in cui la cornice edittale applicabile per le droghe pesanti prevedeva già un minimo di sei anni di reclusione. La sentenza della Corte Costituzionale n. 40/2019 non ha quindi modificato il quadro normativo di riferimento per quei fatti, rendendo la richiesta di rideterminazione priva di fondamento giuridico.

Il fatto che la Corte d’appello avesse applicato una pena base di sette anni non dimostra che si era basata sul minimo edittale di otto anni poi dichiarato incostituzionale?
No, al contrario. La Cassazione ha chiarito che una pena base di sette anni è palesemente incompatibile con un minimo edittale di otto anni. Questa scelta dimostra che il giudice ha correttamente applicato la cornice edittale vigente all’epoca dei fatti (che aveva un minimo di sei anni), esercitando la propria discrezionalità nel fissare una pena superiore al minimo ma comunque legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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