Pena per delitto tentato: la Cassazione conferma la legittimità del calcolo con metodo diretto
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un interessante caso relativo alla corretta modalità di calcolo della pena per delitto tentato, offrendo importanti chiarimenti sui poteri del giudice e sui limiti del ricorso per cassazione. L’ordinanza in esame (n. 45027/2024) stabilisce la piena legittimità del cosiddetto ‘metodo diretto’ o ‘sintetico’ nella quantificazione della sanzione, un principio di grande rilevanza pratica per gli operatori del diritto.
I fatti del caso e il ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto con strappo, confermata sia in primo grado che in appello. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su due motivi principali. Con il primo motivo, si contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dai giudici di merito. Con il secondo, si censurava la modalità con cui era stata determinata la pena, sostenendo l’illegittimità del ricorso al ‘metodo diretto’ da parte della Corte d’Appello.
La determinazione della pena per delitto tentato: metodo diretto vs. metodo bifasico
Il punto centrale della decisione della Suprema Corte riguarda il secondo motivo di ricorso. Esistono due modi per calcolare la pena per delitto tentato:
1. Metodo bifasico: il giudice prima individua la pena base per il reato consumato e poi applica la diminuzione prevista per il tentativo.
2. Metodo diretto (o sintetico): il giudice determina direttamente la pena per il tentativo, senza passare per la quantificazione della pena del reato consumato, pur rimanendo nei limiti edittali previsti dalla legge.
L’imputato sosteneva che solo il primo metodo fosse corretto. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, confermando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.
Le motivazioni della decisione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni.
In primo luogo, ha ribadito che il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, compiti che spettano esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello. Poiché la motivazione della sentenza impugnata era logica e coerente, il primo motivo di ricorso è stato respinto.
Per quanto riguarda il calcolo della pena per delitto tentato, la Cassazione ha affermato che il ‘metodo diretto’ è pacificamente ammesso dalla giurisprudenza. Il giudice ha la facoltà di scegliere indifferentemente tra il metodo diretto e quello bifasico, a condizione che motivi adeguatamente la sua scelta e che la pena finale rientri nei limiti di legge. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva ampiamente giustificato la sanzione inflitta, tenendo conto della gravità del fatto e della personalità negativa dell’imputato, caratterizzata da numerosi precedenti specifici. Pertanto, la scelta del metodo e la quantificazione della pena non erano né arbitrarie né illogiche.
Le conclusioni
L’ordinanza n. 45027/2024 rafforza due principi cardine del nostro sistema processuale penale. Da un lato, traccia una linea netta tra il giudizio di merito e quello di legittimità, impedendo che la Cassazione si trasformi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Dall’altro, consolida la discrezionalità del giudice nella scelta del metodo di calcolo della pena per delitto tentato, purché tale scelta sia supportata da una motivazione adeguata e logica. La decisione finale ha quindi confermato la condanna, dichiarando inammissibile il ricorso e addebitando all’imputato le spese processuali e una sanzione pecuniaria.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può effettuare una nuova ricostruzione o valutazione dei fatti. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria.
Come si calcola la pena per un reato tentato?
La pena può essere calcolata in due modi: con il ‘metodo bifasico’ (si parte dalla pena per il reato consumato e si applica una riduzione) o con il ‘metodo diretto’ (il giudice determina la pena direttamente). La giurisprudenza li considera entrambi legittimi, a patto che la scelta sia motivata.
È possibile contestare in Cassazione l’entità della pena decisa dal giudice?
No, la valutazione sulla congruità della pena è rimessa al giudice di merito. In Cassazione si può censurare la determinazione della pena solo se questa è frutto di un palese arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, circostanze che non sono state riscontrate nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45027 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45027 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 26/03/1994
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di tentato furto con strappo.
Considerato che le deduzioni sviluppate dalla difesa nel primo motivo di ricorso, dietro l’apparente prospettazione del vizio di legittimità, concernendo in realtà la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito, unitamente al primo giudice, una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale.
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la pena per il tentativo è stata determinata facendo ricorso al “metodo diretto”, il quale è pacificamente ammesso dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 40020 del 18/06/2019, Rv. 277528 – 01:”La determinazione della pena nel caso di delitto tentato può essere indifferentemente effettuata con il cosiddetto metodo diretto o sintetico, cioè senza operare la diminuzione sulla pena fissata per la corrispondente ipotesi di delitto consumato, oppure con il metodo bifasico, mediante scissione dei due momenti indicati, fermi restando la necessità del contenimento della riduzione della pena prevista per il reato consumato nei limiti di legge e l’obbligo di dar conto in motivazione della scelta commisurativa”).
Considerato che le ragioni poste a fondamento della quantificazione della pena sono state puntualmente illustrate in motivazione, avendo la Corte di merito posto in evidenza la gravità del fatto e la negativa personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti specifici.
Considerato che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, COGNOME, Rv. 259142).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente