Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8080 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8080 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 09/06/1984
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sulle conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente al rigetto della applicazione di pena sostitutiva pecuniaria.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catania il 21 maggio 2024 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall’imputata, con cui il G.u.p. del Tribunale di Catania, all’esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 590-bis cod. pen., per avere investito un pedone che all’interno di un centro abitato stava attraversando la strada sulle strisce pedonali, provocandogli lesioni che determinavano la impossibilità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a quaranta giorni, dandosi poi alla fuga ad altissima velocità senza prestare assistenza alla vittima, fatto contestato come commesso 1’11 aprile 2018, in conseguenza condannandola, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena, condizionalmente sospesa, stimata di giustizia, oltre alla sospensione della patente di guida.
Si è ritenuto avere l’imputata violato precetti di colpa sia generica sia specifica (art. 141 del d. 1gs. 30 aprile 1992, n. 285).
2.Ricorre per la cassazione della sentenza l’imputata, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico motivo con il quale denunzia violazione di legge con riferimento alla mancata conversione della pena detentiva in sanzione pecuniaria.
Premesso che la Corte territoriale ha rigettato la richiesta alla luce della mancata dimostrazione della solvibilità della ricorrente, si sottopone la decisione a critica in quanto gli artt. 53 e ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689, non richiedono che si verifichi la solvibilità ma, invece, la sussistenza di presupposti oggettivi e soggettivi che la Corte di appello avrebbe invero trascurato.
Aggiunge – testualmente – il ricorrente: «Né può valere nel caso di specie il fatto che la stessa abbia usufruito del beneficio della pena sospesa atteso che l’impugnazione veniva presentata prima della riforma normativa. Va valutato comunque che in sede di atto di appello veniva richiesta la conversione della pena detentiva in pecuniaria e in tal caso si rappresentava la rinuncia al beneficio ex art. 163 c.p.».
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il ricorso, in origine fissato innanzi a Sez. 7, è stato con ordinanza dell’8 gennaio 2025 restituito a Sez. 4, per la trattazione.
4.11 P.G. della S.C. nella requisitoria scritta del 29 gennaio 2025 ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza limitatamente al rigetto della richiesta di sostituzione della sanzione detentiva con pena pecuniaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto, per le seguenti ragioni.
2. Il primo luogo, secondo l’orientamento consolidatosi prima della riforma di cui al d. 1gs. 10 ottobre 2002, n. 150 (c.d. riforma-Cartabia), risulta non incompatibile, in linea di principio, il beneficio della sospensione condizionale della pena con la sostituzione della sanzione detentiva con pena pecuniaria (cfr., tra le altre, Sez. 4, n. 46175 del 24/11/2021, COGNOME, Rv. 282551: «La sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria è compatibile con la sospensione condizionale della pena, essendovi l’interesse del condannato ad ottenere entrambi i benefici, posto che, in caso di revoca della sospensione condizionale della pena, può essere sottoposto all’esecuzione della sola pena pecuniaria, come determinata in sede di conversione»); inoltre, «In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il divieto di farne applicazione nei casi in cui sia disposta altresì la sospensione condizionale della pena, previsto dall’art. 61-bis, legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non si estende ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore di tale ultima disposizione, trovando applicazione, per la natura sostanziale della previsione con essa introdotta, il disposto di cui all’art. 2, comma quarto, cod. pen., che, in ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, prescrive l’applicazione della norma più favorevole all’imputato. (In motivazione la Corte ha altresì precisato che la regola dell’alternatività tra l’applicazione di tali pene e la concessione della sospensione condizionale, non è venuta meno per effetto della modifica dell’art. 545-bis cod. proc. pen. disposta dall’art. 2, d.lgs. 19 marzo 2024, n. 3 non essendo tale novella intervenuta a disciplinare i rapporti tra sospensione condizionale e pene sostitutive)» (Sez. 5, n. 45583 del 03/12/2024, COGNOME, Rv. 287354). Non senza considerare poi – ed il rilievo risulta tranciante – che nell’atto di appello (pag. 3, punto n. 3) la Difesa aveva domandato la conversione ai sensi degli artt. 53 e ss. della legge n. 689 del 1981 espressamente chiedendo la revoca del beneficio della pena sospesa; si tratta di circostanza di cui si dà atto anche alla pag. 2, punto n. 3, della sentenza impugnata. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Inoltre, il diniego è motivato dalla Corte di appello nei seguenti – testuali ed integrali – termini:
«L’avvenuta applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena è ostativo all’applicazione di pene sostitutive. Nel caso in disamina, peraltro, è stata chiesta la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, senza che siano stati forniti elementi a supporto della solvibilità dell’imputata e, dunque, della capacità reddituale della stessa di adempiere ad un’eventuale obbligazione in denaro».
La riferita affermazione contrasta, nella prima parte (incompatibilità con la pena sospesa) con quanto si è detto in precedenza, anche tenuto conto della rinunzia, contestualmente proposta, alla sospensione condizionale della pena.
Quanto, poi, alla valorizzazione della non dimostrata solvibilità della richiedente, l’affermazione, come puntualmente evidenziato dal P.G. nella requisitoria, è in contrasto con il principio di diritto fissato, tra le altre, recente pronunzia di Sez. 6, n. 29192 del 28/05/2024, COGNOME, Rv. 286771, secondo cui «La sostituzione delle pene detentive brevi con pena pecuniaria è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice ed è consentita anche nei confronti dell’imputato che versi in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento ostativa si riferisce soltanto alle pene sostitutive accompagnate da prescrizioni. (In motivazione la Corte ha precisato che il disposto dell’art. 56-quater della legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, individuando un ampio intervallo tra il valore minimo ed il valore massimo di conversione giornaliero, permette al giudice di accedere ad una determinazione che, tenendo conto delle condizioni economiche del soggetto, al contempo garantisca il rispetto delle finalità rieducative e di prevenzione proprie della pena)».
Si tratta di affermazione in linea con quanto si riteneva già prima dell’entrata in vigore della novella di cui al d. Igs. n. 150 del 2002 da parte dell giurisprudenza di legittimità (ad esempio, Sez. 4, n. 37533 del 09/06/2021, COGNOME, Rv. 281928: «La sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice ed è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, poiché la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, legge 24 novembre 1981, n. 689, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata»), in linea peraltro con la risalente affermazione di Sez. U, n. 24476 del 22/04/2010, COGNOME, Rv. 247274, che ha affermato che «La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni
economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, L. 24 novembre 1981 n. 689 (“Modifiche al sistema penale”), si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione. (Nell’enunciare tale principio, la Corte ha affermato che, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche)».
3.Consegue l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto attinente alla sostituzione della pena detentiva, con rinvio per nuovo giudizio sul punto a diversa Sezione della Corte di appello di Catania.
Si dichiara, ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen., la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto attinente alla sostituzione della pena detentiva e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla corte di appello di Catania altra Sezione.
Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Così deciso il 18/02/2025.