Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9397 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9397 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NDIAYE CHEIKH MBACHE
NOME nato in SENEGAL il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/05/2023 della CORTE DI APPELLO DI CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 11 maggio 2023 la Corte di appello di Catania confermava la decisione con la quale il primo giudice, ad esito del giudizio ordinario, aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di ricettazione di merce contraffatta; in parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte territoriale, dichiarata l’estinzione del reato ex art. 474 cod. pen.
per prescrizione, rideterminava la pena in otto mesi di reclusione e 300 euro di multa.
Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione di legge e mancanza della motivazione in ordine alla omessa applicazione della, causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., trattandosi di imputato incensurato, e in via logicamente subordinata della pena pecuniaria sostituiva di quella detentiva.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 112), in mancanza di alcuna richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato le conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
Il primo motivo, inerente al mancato riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., è generico e infondato.
Il ricorrente, infatti, ha contestato la motivazione della sentenza quanto al profilo della ritenuta abitualità del reato ma non in relazione alla particolare tenuità del fatto, esclusa dalla Corte per le modalità della condotta, avuto riguardo all’elevato numero di capi contraffatti ricevuti (sessantaquattro).
Va ribadito il principio, consolidato in giurisprudenza, secondo il quale il giudizio di particolare tenuità del fatto postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per la integrazione della fattispecie, cosicché i criteri indicati nel primo comma dell’art. 131-bis cod. pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell’offesa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, mentre sono alternativi quanto al diniego, nel senso che l’applicazione di detta causa è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044; Sez. 6 n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678).
È fondata, invece, la censura con la quale la Corte ha escluso l’applicazione della pena pecuniaria sostitutiva (artt. 20 -bis, primo comma, n. 4, cod. pen. e 56 -quater legge 24 novembre 1981, n. 689), non avendo “la parte appellante fornito alcun elemento idoneo ad esprimere un giudizio di solvibilità dell’imputato”.
In proposito la sentenza impugnata ha richiamato una recente pronuncia di questa Corte, in tema di sostituzione di pene detentive brevi con sanzioni pecuniarie, secondo la quale, pur potendo beneficiare della sostituzione colui che si trovi in disagiate condizioni economiche, il giudice può respingerne la richiesta nel caso in cui, in base ad elementi di fatto, sia possibile esprimere un giudizio sulla solvibilità del reo con prognosi negativa in ordine alla capacità di adempiere (Sez. 5, n. 44402 del 10/10/2022, COGNOME, Rv. 283954).
Questa decisione, tuttavia, richiamando giurisprudenza risalente, ha affermato un principio da ritenere superato dopo l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a risolvere un contrasto di giurisprudenza proprio sul tema di cui si tratta.
Nella sentenza COGNOME si è statuito che «la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria a norma dell’art. 58 della legge n. 689 del 1981 è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la presunzione di inadempimento, ostativa in forza del secondo comma dell’articolo citato, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni (semidetenzione o libertà controllata), e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna prescrizione particolare. La ratio delle pene sostitutive ha natura premiale; cerniera del sistema diventa il primo comma dell’art. 58, poiché il giudice, nell’esercitare il suo potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, con la sennidetenzione o con la libertà controllata, deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche» (così Sez. U, n. 24476 del 22/04/2010, Rv. 247274).
Le Sezioni Unite hanno evidenziato che «il diverso orientamento porterebbe, di fatto, all’affermazione che i cittadini, i quali non siano in condizioni economiche soddisfacenti, non possono ottenere il beneficio della sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria e creerebbe una disparità di trattamento tra cittadini che si trovino in situazioni analoghe. Per altro si tratterebbe di precludere in assoluto ad una determinata categoria di cittadini l’applicazione di una norma favorevole, mentre la pena pecuniaria, anche se
sostitutiva di una pena detentiva, proprio attraverso l’istituto della rateizzazione può essere “personalizzata” e resa più aderente al principio di uguaglianza».
Questo Collegio intende ribadire il principio affermato dalle Sezioni Unite e da altre pronunce conformi (Sez. 4, n. 37533 del 09/06/2021, COGNOME, Rv. 281928; Sez. 3, n. 17103 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266639; Sez. 6, n. 36639 del 10/07/2014, Sgura, Rv. 260333), tuttora valido a seguito della revisione della disciplina delle pene sostitutive ad opera del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150.
Per un verso l’art. 58 della legge n. 689 del 1981 è rimasto invariato nella parte in cui preclude la sostituzione della pena detentiva nei soli casi in cui «sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non siano adempiute dal condannato» (prescrizioni che non esistono per le pene pecuniarie, come osservato nella sentenza COGNOME); per altro verso, il nuovo regime in tema di pene sostitutive favorisce la scelta delle misure meno afflittive (il comma 3 del citato articolo 58 dispone che «quando applica la semilibertà e la detenzione domiciliare, il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonei nel caso concreto il lavoro di pubblica utilità o la pena pecuniaria»).
Inoltre, il nuovo art. 56 -quater inserito dal “decreto Cartabia” prevede che, per determinare l’ammontare della pena pecuniaria sostitutiva, «il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2.500 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare».
È chiaro che la possibilità di determinare il valore giornaliero anche in termini esigui è un ulteriore segnale di favore per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.
A questo proposito la sentenza impugnata è incorsa in un’altra violazione di legge affermando che sarebbe stato onere dell’appellante fornire indicazioni sulle proprie condizioni economiche, al fine di consentire al giudice la valutazione sulla sua solvibilità.
Infatti, se per un verso le deduzioni e produzioni dell’imputato possono guidare la valutazione discrezionale del giudice sulla quantificazione della pena pecuniaria, avuto riguardo alla individuazione del valore giornaliero, per altro verso l’assenza di tali informazioni non può determinare una sorta di decadenza dal diritto di ottenere la sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria, considerato che, secondo quanto disposto dall’art. 545-bis, comma 2, cod. proc. pen., «al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta
della pena sostitutiva ai sensi dell’articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall’ufficio di esecuzione penale esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell’imputato».
La sentenza, pertanto, va annullata con rinvio limitatamente al punto inerente alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sulla pena sostitutiva e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Rigetta il ricorso nel resto.
Visto l’art. 624 c.p.p., dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato.
Così deciso il 01/02/2024.