Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18630 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18630 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME n. a Cagliari il 4/10/1984
avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari in data 7/11/2024
dato atto che si è proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’applicazione delle sanzioni sostitutive;
lette le conclusioni scritte rassegnate dall’Avv. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Cagliari confermava la decisione del locale Tribunale che, in data 12/1/2023, aveva dichiarato COGNOME NOME colpevole del delitto
di truffa, condannandola – previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla recidiva- alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di multa.
Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputata, Avv. NOME COGNOME il quale ha dedotto:
2.1 la violazione degli artt. 20 bis, 133 cod.pen. e 25, comma 2, Costituzione nonché l’inesistenza della motivazione a sostegno del diniego della sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria.
Il difensore lamenta che la Corte territoriale ha negato la sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria valorizzando in senso ostativo i sette precedenti penali dell’imputata sebbene alla data del fatto ascritto in rubrica la COGNOME fosse gravata da due soli precedenti risalenti all’anno 2013 per reati diversi da quello a giudizio mentre le ulteriori condanne richiamate sono intervenute solo nel 2019 e non potevano, dunque, essere oggetto di valutazione;
2.2 la violazione dell’art. 20 bis cod.pen. in relazione al diniego della sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria per non avere la difesa formulato la richiesta in primo grado ma solo con i motivi d’appello, in contrasto con il dettato normativo e con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata anche d’ufficio purché sussistano i presupposti oggettivi previsti dall’ultimo comma dell’art. 20 bis cod.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato. Infatti, sebbene risulti erronea l’affermazione della Corte di merito circa l’asserita preclusione alla richiesta di applicazione della pena pecuniaria sostitutiva in appello per effetto della mancata formulazione della stessa in primo grado, l’assunto non ha comportato effetti pregiudizievoli per la ricorrente, avendo la sentenza impugnata esaminato la richiesta, disattendendola nel merito.
1.1 La Corte territoriale ha omesso di considerare che la disciplina della pena pecuniaria sostitutiva è rimasta sostanzialmente immutata dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs n. 31 del 2024, che ha novellato il primo comma dell’art. 545 bis cod.proc.pen. eliminando i riferimenti alla pena pecuniaria, ma ha contestualmente introdotto un terzo comma all’art. 58 L.689/81 (‘Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive’) che limita la necessità del consenso dell’imputato, espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale, alle pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità, in ragione della natura afflittiva delle stesse e del peculiare regime esecutivo, mentre la pena pecuniaria sostitutiva, estranea alla richiamata previsione, risulta applicabile anche officiosamente dal giudice che procede ove ricorra il
presupposto oggettivo di cui all’ultimo comma dell’art. 20 bis cod.pen., e cioè la condanna alla reclusione o all’arresto contenuta nella misura di un anno.
1.2 Quanto all’ulteriore doglianza relativa alla valorizzazione ai fini del rigetto della domanda dei precedenti penali della prevenuta relativi anche a condanne successive alla consumazione del delitto ascritto, la censura non può trovare concordi. In disparte il non puntuale richiamo a precedenti giurisprudenziali non massimati riferibili al pregresso regime delle sanzioni sostitutive, deve rimarcarsi che l’art. 58 L. 689/81, come modificato, impone al giudice nell’esercizio del potere discrezionale concernente l’applicazione delle pene sostitutive di tener conto dei criteri direttivi dell’art. 133 cod.pen. al fine di formulare la necessaria prognosi binaria circa la maggior idoneità delle stesse a favorire la rieducazione del condannato e a prevenire il rischio di recidiva. Si tratta di una valutazione nella quale, ai sensi dell’art. 133, comma 2 n. 2, cod.pen., rientrano a pieno titolo i precedenti penali e giudiziari quali indicatori della capacità a delinquere dell’imputato che, sebbene non rivestano ex sé valenza ostativa alla sostituzione, possono legittimamente concorrere alla formulazione del giudizio prognostico in punto di idoneità della misura sostitutiva a prevenire il rischio di recidivanza. Né persuade l’assunto secondo cui detto giudizio attitudinale debba essere limitato ai precedenti iscritti in epoca anteriore la commissione del reato per cui si procede, non ricavandosi detta limitazione dal tenore normativo che, come detto, richiama tutti i criteri enunziati nell’art. 133 cod.pen. e confliggendo la prospettazione difensiva con la proiezione temporale tipica del giudizio prognostico, nel quale le circostanze dell’illecito e la biografia dell’autore, adeguatamente scrutinate, devono ragionevolmente prefigurare il recupero dell’agente e l’elisione del rischio di ricaduta.
Nella specie la Corte di merito ha evidenziato che l’esistenza a carico della ricorrente di ben sette precedenti specifici non consente di pervenire ad un giudizio di maggiore idoneità della pena pecuniaria sostitutiva a fini rieducativi, con una valutazione che si sottrae a censura in quanto giuridicamente corretta ed adeguatamente argomentata.
2.Tanto premesso, osserva il Collegio che l’instaurazione del contraddittorio di legittimità in relazione alle doglianze difensive, nel complesso infondate, impone di rilevare ex art. 129 cod.proc.pen. l’avvenuto decorso del termine massimo di prescrizione del reato, pari ad anni nove in considerazione della contestata e ritenuta recidiva ex art. 99, comma 2, cod.pen., aumentato di mesi cinque e giorni cinque per effetto delle sospensioni disposte nelle fasi di merito. Attesa la consumazione dell’illecito il 21/9/2015, il termine, come sopra determinato, risulta decorso il 26 febbraio 2025 sicché s’impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per maturata prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione
Così deciso in Roma, 7 Maggio 2025