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Pena pecuniaria sostitutiva: i criteri del giudice

Un imputato, condannato per reati legati agli stupefacenti, ha ottenuto la conversione della pena detentiva in una pena pecuniaria sostitutiva. Ha però impugnato la decisione lamentando la mancata motivazione del giudice sulla scelta dell’importo giornaliero di 50 euro. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che l’importo era molto vicino al minimo legale e che la difesa non aveva fornito elementi specifici sulle condizioni economiche dell’imputato per giustificare una riduzione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Pecuniaria Sostitutiva: La Discrezionalità del Giudice e l’Onere della Difesa

L’introduzione della pena pecuniaria sostitutiva ha rappresentato una svolta nel sistema sanzionatorio italiano, offrendo un’alternativa al carcere per reati di minor gravità. Ma come viene determinato l’importo da pagare? E quali sono gli oneri della difesa nel contestarlo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla discrezionalità del giudice e sui limiti del ricorso basato sulla sola mancanza di motivazione.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). Inizialmente condannato a quattro mesi di reclusione, la sua pena è stata rideterminata in appello a tre mesi e dieci giorni di reclusione (pari a 100 giorni) e 500 euro di multa.

La Corte d’appello, riconoscendo la sussistenza dei presupposti, ha applicato il beneficio della pena pecuniaria sostitutiva, convertendo la pena detentiva. Ha stabilito un valore di ragguaglio di 50,00 euro per ogni giorno di reclusione, determinando così una pena pecuniaria finale di 5.000,00 euro, a cui si aggiungeva la multa originaria.

Il Motivo del Ricorso: Mancata Motivazione sulla Scelta dell’Importo

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’appello aveva errato nel fissare il valore di conversione a 50,00 euro al giorno – una cifra dieci volte superiore al minimo edittale di 5,00 euro – senza indicare i criteri specifici che l’avevano guidata in tale scelta.

In sostanza, si contestava al giudice di non aver spiegato perché avesse ritenuto equo un importo così distante dal minimo previsto dalla legge (art. 56-quater della L. 689/1981), che prevede una forbice tra 5 e 2.500 euro.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla Pena Pecuniaria Sostitutiva

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, basando la sua decisione su due argomenti principali.

In primo luogo, ha osservato che la scelta del valore di conversione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La legge fornisce un intervallo molto ampio, e la determinazione di un parametro specifico è una valutazione che tiene conto di vari fattori. La Corte ha sottolineato come l’importo di 50,00 euro, sebbene superiore al minimo, sia in realtà ‘molto prossimo al valore minimo giornaliero’ se rapportato all’enorme forbice che arriva fino a 2.500 euro. Di conseguenza, una motivazione particolarmente dettagliata non era strettamente necessaria.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Cassazione ha evidenziato una lacuna nell’argomentazione difensiva. Il ricorso era del tutto generico: non conteneva alcuna indicazione specifica sulle condizioni personali ed economiche dell’imputato. La difesa, pur richiedendo il beneficio, non aveva fornito al giudice elementi concreti (come situazione reddituale, carichi familiari, etc.) che potessero giustificare l’applicazione di un valore più basso o del minimo edittale. Senza tali elementi, il ragionamento della Corte d’appello non poteva essere considerato incompleto.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: chi contesta la misura di una sanzione discrezionale, come la pena pecuniaria sostitutiva, non può limitarsi a lamentare una generica carenza di motivazione. È necessario un onere di allegazione specifica: spetta alla difesa fornire al giudice tutti gli elementi utili a orientare la sua decisione verso il risultato desiderato. In assenza di prove concrete sulle condizioni economiche dell’imputato che rendano l’importo sproporzionato, un valore di conversione fissato in una misura modesta e vicina al minimo legale non necessita di una motivazione analitica e difficilmente potrà essere censurato in sede di legittimità. La decisione si traduce in una condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

Può il giudice stabilire l’importo della pena pecuniaria sostitutiva senza una motivazione dettagliata?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il giudice può farlo, specialmente se l’importo fissato è molto vicino al minimo legale previsto dalla legge (che va da 5 a 2.500 euro). Una motivazione generica è ritenuta sufficiente se la difesa non fornisce elementi contrari.

Qual è l’onere della difesa quando si contesta l’importo giornaliero di conversione?
La difesa ha l’onere di indicare elementi specifici sulle condizioni personali ed economiche dell’imputato. Non è sufficiente una lamentela generica sulla mancanza di motivazione; bisogna dimostrare concretamente perché l’importo stabilito sarebbe ingiusto o sproporzionato per l’imputato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, non viene esaminato nel merito. La conseguenza diretta per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma, ritenuta equa dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende (in questo caso, 3.000 euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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