Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35874 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35874 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO SEZIONE DISTACCATA di TARANTO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere AVV_NOTAIO COGNOME; udite le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha chiesto di rigettare il ricorso; udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile, che ha chiesto di dichiarare iciarvimissibile ii ricorso; udite le conclusioni AVV_NOTAIO, per l’imputato, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 31 maggio 2022, il Tribunale di Taranto aveva condanNOME COGNOME NOME per più reati’ di diffamazione e di atti persecutori, commessi in danno di COGNOME NOME.
Con sentenza emessa il 2 ottobre 2023, la Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto – ha parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, assolvendo l’imputato dai reati di atti persecutori e rideterminando la pena.
Secondo i giudici di merito, l’imputato si sarebbe reso responsabile di più fatti di diffamazione, pubblicando sul suo profilo “Facebook” frasi lesive della reputazione del COGNOME, offendendolo sia sotto il profilo personale che sotto quello professionale, legato alla sua attività di direttore responsabile della testata giornalistica online www.ilcorrieredelgiorno.it .
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione di norme processuali e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 546 cod. proc. pen. e 595 e 599 cod. pen.
Contesta la mancata applicazione della scriminante della provocazione, evidenziando come la stessa Corte di appello abbia ammesso che l’intera vicenda traeva origine dalla pubblicazione, sulla testata giornalistica diretta dalla persona offesa, di un articolo dal titolo: “Progetto comune? La vita dei NOME spese del contribuente, truffe comprese”.
Ebbene, secondo il ricorrente, la Corte territoriale sarebbe caduta in contraddizione nell’ammettere, da un lato, che la vicenda traesse origine da quell’articolo e nell’escludere, dall’altro, che le frasi contenute in quel pubblicazione potessero costituire una provocazione idonea a scriminare le presunte condotte diffamatorie tenute dall’imputato.
Il ricorrente, in particolare, contesta la presunta mancanza del requisito dell’immediatezza, sostenendo che, sul punto, le valutazioni della Corte territoriale sarebbero contraddittorie e non in linea con la più recente giurisprudenza di legittimità.
Particolare rilievo assumerebbe la circostanza che la Corte di appello aveva assolto l’imputato dai reati di atti persecutori, evidenziando il fatto che la persona offesa aveva, a sua volta, istigato e provocato il COGNOME.
particolare, dello “stato d’ira” e del “fatto ingiusto altrui”. Il ricorrente, infine, lamenta l’omessa motivazione della Corte di appello, in ordine alla sussistenza degli altri elementi costitutivi della scriminante e, i
2.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione di norme processuali, in relazione agli artt. 546 cod. proc. pen., 595 e 599 cod. pen. e 53 e 56 -quater legge n. 689 del 1981.
Rappresenta che la Corte territoriale ha sostituito, ai sensi dell’art. 53 legge n. 689 del 1981, la pena detentiva di mesi tre di reclusione con quella della multa di euro 6.750,00 (pari ad euro 75 per ogni giorno di detenzione).
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe completamente omesso di motivare, in ordine alla determinazione della pena pecuniaria, limitandosi a richiamare l’art. 135 cod. pen., che, peraltro, con riferimento alle sanzioni sostitutive, risulta oramai del tutto superato, a seguit dell’introduzione dell’art. 56-quater legge n. 689 del 1981.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto, limitatamente al secondo motivo, mentre deve essere rigettato nel resto.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
La Corte di appello, infatti, ha escluso la sussistenza della scriminante, in quanto ha ritenuto che «i toni utilizzati dalla persona offesa negli articoli pubblica sulla sua testata giornalistica…» non fossero «gratuiti né infamanti nei confronti del COGNOME».
Al solo fine di rafforzare una motivazione che, già di per sé era idonea a escludere l’applicazione della scriminante, ha evidenziato che l’esimente della provocazione, in ogni caso, non poteva essere applicata per il difetto del requisito dell’immediatezza. Il requisito in questione, invero, poteva ritenersi sussistente solo con riferimento a uno dei messaggi in questione e non rispetto a tutti gli altri, che erano stati pubblicati a notevole distanza di tempo dal presunto articolo provocatorio.
Va evidenziato che la decisione della Corte di appello, anche con riferimento al secondo argomento addotto a sostegno della decisione, appare pienamente in linea con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale «ai fini del riconoscimento dell’esimente della provocazione nei delitti contro l’onore, sebbene sia sufficiente che la reazione abbia luogo finchè duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio, non essendo necessaria una reazione istantanea, è richiesta tuttavia l’immediatezza della reazione, intesa come legame di interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, sicché il passaggio di un lasso di tempo considerevole può assumere rilevanza ai fine di escludere il rapporto causale e
riferire la reazione ad un sentimento differente, quale l’odio o il rancore» (Sez. 5, Sentenza n. 7244 del 06/07/2015, Presta, Rv. 267137).
Quanto alle presunte lacune della motivazione, relative ai requisiti dello “stato d’ira” e del “fatto giusto altrui”, va rilevato, in primo luogo, che è sufficient mancanza di uno solo dei requisiti (nel caso di specie l’immediatezza) per escludere la sussistenza della scriminante. Va, poi, evidenziato che la Corte territoriale, nell’escludere il contenuto offensivo degli articoli pubblicati su testata giornalistica diretta dalla persona offesa, ha argomentato proprio in ordine al requisito del “fatto ingiusto altrui”.
Va, infine, rilevato che alcuna contraddizione è riscontrabile nel fatto che la Corte territoriale ha assolto l’imputato dai reati di atti persecutori, facend riferimento anche alle «provocazioni» poste in essere dalla persona offesa nei confronti dell’imputato. La Corte di appello, invero, nella parte della sentenza dedicata ai reati di atti persecutori, al fine di escludere la sussistenza dello stat di ansia o di paura, ha solo evidenziato che la persona offesa aveva «energicamente» risposto alle condotte dell’imputato, istigandolo e provocandolo a sua volta. Risulta evidente che il termine «provocazione» è stato utilizzato dalla Corte di appello in senso generico e non nello specifico significato giuridico recepito dall’art. 599 cod. pen., che richiede stringenti requisiti, che, nel caso in esame, giudici di merito hanno ritenuto non sussistenti.
1.2. Il secondo motivo è fondato.
Il d.lgs. n. 150 del 2022 ha inserito, nella legge n. 689 del 1981, l’art. 56quater, secondo il quale «per determinare l’ammontare della pena pecuniaria sostitutiva, il giudice individua il valore giornaliero al quale può esser assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva». Tale valore, che può variare da un minimo di 5,00 euro a un massimo di 2.500,00 euro, va determiNOME tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare, che il giudice deve specificamente accertare (cfr. Sez. 5, n. 18812 del 10/03/2023, COGNOME, n.nn.; Sez. 6, n. 14873 del 12/07/2024, COGNOME, n. m.).
Ebbene, nel caso in esame, la Corte di appello si è limitata a convertire la pena detentiva, facendo riferimento al parametro di euro 75,00 al giorno, senza fornire alcuna motivazione al riguardo e senza determinare il «valore giornaliero», posto dalla nuova norma, introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, quale indice fondamentale di determinazione della sanzione sostitutiva.
La sentenza, pertanto, limitatamente al trattamento sanzioNOMErio, deve essere annullata, con rinvio al giudice di merito per nuovo giudizio sul punto.
Il ricorrente, tuttavia, è tenuto alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla costituita parte civile, atteso
/
che l’imputato è rimasto soccombente sul motivo relativo al giudizio di responsabilità e che l’altro motivo di ricorso atteneva al solo profilo sanzioNOMErio, estraneo agli interessi della parte privata.
L’imputato, pertanto, deve essere condanNOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla costituita parte civile, che vanno liquidate complessivamente in euro 3.600,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso.
Condanna COGNOME NOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla costituita parte civile, che liquida in euro 3.600,00, oltre accessori di legge.
Così deciso, il 23 maggio 2024.