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Pena pecuniaria: omessa applicazione e correzione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per detenzione di stupefacenti che aveva omesso di applicare la pena pecuniaria prevista per legge. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso del Procuratore Generale, sottolineando come per il reato contestato sia obbligatoria l’applicazione congiunta della pena detentiva e della pena pecuniaria. Anziché rinviare il caso a un altro giudice, la Corte ha corretto direttamente l’errore, determinando l’importo della multa in base ai minimi di legge, ridotti per la scelta del rito abbreviato.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena pecuniaria obbligatoria: la Cassazione corregge l’omissione del giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22013/2024) ha riaffermato un principio fondamentale del nostro ordinamento penale: quando la legge prevede l’applicazione congiunta di una pena detentiva e di una pena pecuniaria, il giudice non può omettere quest’ultima. Il caso offre uno spunto interessante non solo sul piano del diritto sostanziale, ma anche su quello procedurale, mostrando come la Suprema Corte possa intervenire per correggere direttamente errori evidenti senza la necessità di un nuovo processo.

I Fatti del caso

La vicenda ha origine da una sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Brindisi. Un imputato era stato condannato, con rito abbreviato, per il reato di illecita detenzione di cocaina, un’ipotesi di reato prevista e punita dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).

Il G.i.p., nel determinare la pena, aveva applicato unicamente la sanzione detentiva, omettendo completamente di irrogare la pena pecuniaria (la multa) che la norma citata prevede obbligatoriamente accanto alla reclusione.

L’intervento del Procuratore Generale e il ricorso in Cassazione

Ritenendo la sentenza viziata da una chiara violazione di legge, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Lecce ha proposto ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza era proprio l’omessa applicazione della multa. Secondo il Procuratore, il trattamento sanzionatorio applicato dal primo giudice era illegittimo perché incompleto, mancando di una delle due componenti sanzionatorie che il legislatore ha stabilito come cumulative per quel tipo di reato.

Le motivazioni della Cassazione: la correzione diretta dell’errore

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso pienamente fondato. I giudici supremi hanno constatato l’evidente errore commesso dal G.i.p. di Brindisi. La norma incriminatrice (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990) stabilisce espressamente che la condanna per tale reato comporta sia la pena detentiva sia quella pecuniaria. L’omissione di quest’ultima costituisce, quindi, un’applicazione errata della legge penale.

La parte più interessante della decisione risiede però nella scelta procedurale della Corte. Anziché annullare la sentenza con rinvio (cioè rimandare il caso a un altro giudice per la rideterminazione della pena), la Cassazione ha deciso di correggere direttamente l’errore. Questo è stato possibile grazie ai poteri conferitile dall’articolo 620, lettera l), del codice di procedura penale, che le permette di rettificare gli errori di diritto quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Considerando superfluo un nuovo giudizio di merito, la Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla parte omessa e ha autonomamente determinato la pena pecuniaria. Ha quantificato la multa in Euro 688,00, spiegando che tale importo corrisponde al minimo edittale previsto dalla legge, già ridotto in virtù della scelta dell’imputato di procedere con il rito abbreviato. In questo modo, la Cassazione ha colmato la lacuna della sentenza di primo grado in modo rapido ed efficiente.

Le conclusioni

Questa pronuncia ribadisce due concetti importanti. In primo luogo, il principio di legalità della pena impone al giudice di applicare le sanzioni esattamente come previste dal legislatore; l’omissione di una pena congiunta obbligatoria, come la multa in questo caso, rende la sentenza illegittima. In secondo luogo, viene valorizzato il ruolo della Corte di Cassazione come organo in grado non solo di cassare le decisioni errate, ma anche di porvi rimedio direttamente, in un’ottica di economia processuale, quando la soluzione è vincolata dalla legge e non richiede valutazioni discrezionali di merito.

Per il reato di detenzione di stupefacenti di lieve entità è sempre prevista sia la pena detentiva che la pena pecuniaria?
Sì, secondo la sentenza, la norma di riferimento (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990) prevede obbligatoriamente l’applicazione di entrambe le sanzioni, quella detentiva (reclusione) e quella pecuniaria (multa).

Cosa succede se un giudice omette di applicare la pena pecuniaria obbligatoria?
La sentenza diventa illegittima per violazione di legge. Come dimostra questo caso, il Procuratore Generale può impugnare la decisione e la Corte di Cassazione può annullare la parte errata della sentenza, correggendo l’omissione.

La Corte di Cassazione può modificare direttamente una sentenza o deve sempre rinviare il caso a un altro giudice?
In casi come questo, dove l’errore è puramente di diritto e la correzione non richiede nuove valutazioni di fatto, la Corte di Cassazione può modificare direttamente la sentenza. Lo fa avvalendosi dei poteri previsti dall’art. 620, lett. l), del codice di procedura penale, annullando la sentenza ‘senza rinvio’ e colmando essa stessa la lacuna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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