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Pena pecuniaria: obbligo di motivazione economica

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello che aveva sostituito una pena detentiva con una pena pecuniaria, fissando una quota giornaliera elevata senza alcuna motivazione. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice, nel determinare il valore della quota, ha l’obbligo di valutare e motivare specificamente sulle “complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare”, come richiesto dall’art. 56-quater della L. 689/1981.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Pecuniaria Sostitutiva: La Cassazione Richiama all’Obbligo di Motivazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto penale: la conversione di una pena detentiva in pena pecuniaria non può essere un atto arbitrario, ma deve essere supportato da una motivazione specifica che tenga conto delle reali condizioni economiche e di vita del condannato. Questa decisione annulla una sentenza d’appello che aveva imposto una quota giornaliera di 250 euro senza fornire alcuna giustificazione, evidenziando il rischio di trasformare una misura alternativa in un privilegio per i soli abbienti.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Venezia che, in parziale riforma di una condanna di primo grado, aveva ridotto la pena inflitta a un imputato e sostituito la sanzione detentiva residua con una pena pecuniaria. Tuttavia, nel determinare l’importo, i giudici di secondo grado avevano fissato il valore giornaliero della multa in 250 euro, una cifra notevolmente superiore al minimo legale di 5 euro.

Il Ricorso in Cassazione e il Vizio di Motivazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la violazione dell’articolo 56-quater della legge n. 689/1981 e un vizio di omessa motivazione. La difesa ha sostenuto che la Corte territoriale, nel quantificare la pena pecuniaria, non avesse minimamente considerato le condizioni economiche e patrimoniali dell’interessato, come invece espressamente richiesto dalla legge. La scelta di un importo così elevato, senza alcuna spiegazione, risultava quindi illegittima.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Pena Pecuniaria

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno chiarito che, sebbene per la determinazione della pena base entro il medio edittale sia sufficiente una motivazione sintetica, la situazione cambia radicalmente quando si tratta di sostituire una pena detentiva con una pena pecuniaria. In questo specifico contesto, l’articolo 56-quater impone al giudice un’analisi più approfondita e articolata.

La norma, infatti, prevede che il giudice debba tener conto delle “complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare”. Questa valutazione non è un mero esercizio formale, ma serve a due scopi cruciali:
1. Formulare una prognosi sulla capacità del condannato di adempiere al pagamento.
2. Individuare una pena che abbia il giusto grado di afflittività, senza essere né puramente simbolica né impossibile da onorare.

La Suprema Corte ha inoltre ricordato come la normativa attuale, influenzata dalle sentenze della Corte Costituzionale (n. 15/2020 e n. 22/2022), sia stata pensata per superare un sistema che, in passato, rendeva la sostituzione della pena un’opzione praticabile solo per i più ricchi. Fissare una quota giornaliera minima di 5 euro e una massima di 2.500 euro mira proprio a garantire una maggiore equità. All’interno di questa forbice, la scelta del giudice deve essere guidata da un’analisi concreta e motivata della situazione personale e familiare dell’imputato.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva completamente omesso tale analisi, non fornendo alcun elemento per comprendere come fosse giunta a determinare una quota giornaliera di 250 euro. Tale omissione costituisce un vizio insanabile che ha portato all’annullamento della sentenza sul punto.

Conclusioni

La decisione in commento rafforza il principio di legalità e di effettività della pena. Stabilisce in modo inequivocabile che i giudici non possono fissare l’importo di una pena pecuniaria sostitutiva in modo discrezionale e immotivato. È necessario un esame approfondito delle condizioni di vita del condannato, esplicitato nella motivazione della sentenza. Questo garantisce che la sanzione sia proporzionata, equa e non discriminatoria, rispettando pienamente i principi costituzionali.

Quando un giudice sostituisce una pena detentiva con una pena pecuniaria, può fissare liberamente l’importo giornaliero?
No, non può farlo liberamente. Il giudice è vincolato a motivare la sua scelta, basandola su una valutazione specifica delle “complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare”, come prescritto dall’art. 56-quater della Legge n. 689/1981.

Perché è necessaria una motivazione dettagliata sulla condizione economica del condannato?
La motivazione è necessaria per due motivi principali: primo, per valutare la concreta capacità del condannato di pagare la sanzione e, secondo, per assicurare che la pena abbia un giusto grado di afflittività, senza trasformarsi in un privilegio per i ricchi o in una sanzione sproporzionata per i meno abbienti.

Cosa succede se una sentenza non motiva l’importo della pena pecuniaria sostitutiva?
Come accaduto in questo caso, la sentenza è viziata per omessa motivazione. Può essere impugnata in Cassazione e, se il ricorso viene accolto, la sentenza viene annullata limitatamente alla parte relativa alla quantificazione della pena, con rinvio a un altro giudice per una nuova decisione motivata sul punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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