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Pena pecuniaria: motivazione obbligatoria in appello

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello che, pur riducendo la pena detentiva per un furto, aveva aumentato la pena pecuniaria da 200 a 620 euro. Il vizio rilevato non è la violazione del divieto di ‘reformatio in peius’, ma la totale assenza di motivazione riguardo all’aumento della sanzione economica, specialmente a fronte della documentata condizione di disagio dell’imputata. La Corte ha ribadito che il giudice deve sempre spiegare le ragioni della commisurazione della pena pecuniaria, tenendo conto delle condizioni economiche del reo.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Pecuniaria: Obbligo di Motivazione in Appello Anche con Pena Detentiva Ridotta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale riguardo la determinazione della pena pecuniaria in appello. Anche se la pena detentiva viene ridotta, il giudice non può aumentare quella pecuniaria senza fornire una spiegazione adeguata, soprattutto se l’imputato ha sollevato questioni sulla propria condizione economica. Questo principio tutela il diritto dell’imputato a una decisione trasparente e giusta. Analizziamo il caso che ha portato a questa importante precisazione.

Il Caso: Furto, Appello e la Sorpresa della Multa Aumentata

Una donna era stata condannata in primo grado per il furto aggravato del borsone di una turista, avvenuto nella hall di un albergo. In sede di appello, la Corte territoriale aveva parzialmente riformato la sentenza: pur riconoscendo una minore gravità del fatto escludendo l’aggravante della destrezza, e di conseguenza riducendo la pena detentiva da due anni a un anno e quattro mesi, aveva però deciso di aumentare la multa da 200 a 620 euro. Questa decisione ha spinto la difesa a ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso: Tra Attenuanti Negate e Aumento della Pena Pecuniaria

Il ricorso si basava su due motivi principali:
1. Diniego delle attenuanti generiche: La difesa lamentava che la Corte d’appello non avesse dato il giusto peso alla condizione di disagio socio-familiare dell’imputata, preferendo concentrarsi sui suoi precedenti e sulle modalità, seppur improvvisate, dell’azione.
2. Aumento ingiustificato della pena pecuniaria: Il punto cruciale era la violazione dell’art. 597, comma 3, c.p.p. (divieto di reformatio in peius) e, soprattutto, il vizio di motivazione. La Corte d’appello aveva inasprito la sanzione economica senza alcuna giustificazione, ignorando peraltro la documentazione prodotta dalla difesa che attestava le difficoltà economiche dell’imputata.

La Decisione della Cassazione: Il Vizio non è la Reformatio in Peius, ma il Difetto di Motivazione

La Suprema Corte ha respinto il primo motivo, ritenendolo infondato. Ha infatti ribadito che il giudice, nel negare le attenuanti generiche, può limitarsi a indicare gli elementi ritenuti decisivi, senza dover analizzare ogni singolo aspetto favorevole all’imputato.

Il secondo motivo è stato invece accolto. La Cassazione ha chiarito che il problema non risiedeva tanto nella violazione del divieto di reformatio in peius (su cui la giurisprudenza è divisa), quanto nella totale assenza di motivazione. Aumentare una sanzione, anche se pecuniaria, è una decisione che deve essere spiegata.

Il Principio dell’Art. 133-bis cod. pen.

La Corte ha sottolineato che la sentenza impugnata ignorava completamente il disposto dell’art. 133-bis del codice penale. Questa norma impone al giudice di tenere conto delle condizioni economiche e patrimoniali del reo nel commisurare la pena pecuniaria. Poiché la difesa aveva specificamente sollevato e documentato il disagio economico dell’imputata, la Corte d’appello avrebbe dovuto spiegare perché, nonostante ciò, avesse deciso non solo di non ridurre, ma addirittura di triplicare la multa.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione si fondano sul principio fondamentale secondo cui ogni decisione sanzionatoria deve essere motivata. L’aumento della pena pecuniaria, anche a fronte di una diminuzione di quella detentiva, costituisce una nuova e più severa valutazione che richiede una giustificazione esplicita. Il giudice non può operare un semplice bilanciamento aritmetico tra le pene, ma deve rendere conto delle ragioni che lo portano a modificare il trattamento sanzionatorio, specialmente quando la modifica è peggiorativa su un aspetto specifico (la multa) e quando sono stati portati all’attenzione del giudicante elementi rilevanti come le difficoltà economiche dell’imputato. L’omissione di tale motivazione costituisce un vizio che rende la sentenza illegittima in quella parte.

Conclusioni: L’Importanza della Motivazione Specifica

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’appello. Il nuovo giudice dovrà ricalcolare la pena tenendo conto dell’esclusione dell’aggravante e, soprattutto, dovrà fornire una motivazione specifica e adeguata per qualsiasi decisione riguardante la pena pecuniaria. Questa sentenza rafforza il principio di trasparenza e adeguatezza delle decisioni giudiziarie, garantendo che la condizione economica del reo sia un fattore concretamente considerato nella commisurazione della sanzione.

Un giudice d’appello può aumentare la multa se riduce la pena detentiva?
La giurisprudenza non è unanime sulla questione se ciò violi il divieto di ‘reformatio in peius’. Tuttavia, la sentenza in esame chiarisce che, a prescindere da questo, qualsiasi aumento della pena pecuniaria deve essere esplicitamente e adeguatamente motivato.

Perché la motivazione sull’aumento della pena pecuniaria è così importante?
È fondamentale perché l’articolo 133-bis del codice penale obbliga il giudice a considerare le condizioni economiche del reo nel determinare l’importo della sanzione. Aumentare una multa senza spiegare il perché, specialmente se l’imputato ha evidenziato una situazione di disagio economico, costituisce un vizio di motivazione che rende la sentenza annullabile.

Nel negare le attenuanti generiche, il giudice deve confutare ogni argomento della difesa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice può negare la concessione delle attenuanti generiche basandosi sugli elementi ritenuti decisivi (siano essi favorevoli o sfavorevoli), senza essere obbligato a prendere in considerazione e a confutare ogni singolo argomento o elemento favorevole dedotto dalla difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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