Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24084 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24084 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata in PERU’ il 27/12/1983
avverso la sentenza del 11/10/2024 della Corte d’appello di Napoli Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore generale, COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata deliberata 1’11 ottobre 2024 dalla Corte di appello di Napoli, che ha riformato la condanna di NOME COGNOME per il reato di furto aggravato del borsone di una turista nella hall di un albergo, escludendo la circostanza aggravante della destrezza e rimodulando il trattamento sanzionatorio.
L’imputata ha proposto ricorso avverso detta decisione, con il ministero del difensore di fiducia, che ha sviluppato due motivi.
2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, fondato sulle modalità dell’azione – benché esse fossero raffazzonate e improvvisate e sui precedenti dell’imputata – che avrebbero dovuto cedere il passo rispetto alla sua condizione di disagio socio-familiare e ai bisogni dei suoi figli.
2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. e vizio di motivazione quanto alla determinazione della pena pecuniaria, in quanto, a dispetto della esclusione di un’aggravante in appello, la multa è stata aumentata da 200 euro a 620 euro di multa, senza che la Corte distrettuale abbia fornito una motivazione sul punto, ad onta della rappresentazione, nell’atto di appello, della condizione di disagio economico patito dall’imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato, nei termini di seguito precisati.
Il primo motivo di ricorso – che attiene al diniego delle circostanze attenuanti generiche – è manifestamente infondato in quanto la Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto, facendo riferimento agli indici di natura personale e fattuale che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore. Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fa riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010; Giovane e altri, Rv. 248244).
Il ricorso è, invece, fondato per quanto concerne la censura riguardante l’aumento della pena pecuniaria da 200 a 620 euro di multa, fondata sia sulla violazione dell’art. 597 comma 3, cod. proc. pen., sia sull’inadeguatezza motivazionale della scelta commisurativa.
2.1. Effettivamente la Corte di appello, pur escludendo la circostanza aggravante della destrezza, ha diminuito solo la pena detentiva (da due anni a un anno e quattro mesi di reclusione) mentre, senza alcuna motivazione, ha aumentato quella pecuniaria nella misura appena precisata. Ciò posto, la fondatezza del ricorso riposa non già sulla pur denunziata violazione del divieto di reformatio in peius, giacché è rimasto isolato, nella giurisprudenza di questa
Corte, il principio secondo cui l’aumento della pena pecuniaria in assenza di appello del pubblico ministero, contrasta con la disposizione di cui all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. anche se il ragguaglio della pena pecuniaria con quella detentiva ex art. 135 cod. pen. – come in questo caso – non determina il superamento della pena inflitta in primo grado (Sez. 4, n. 7086 del 12/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280947 – 01). A fronte di questo approdo, infatti, è andato sedimentandosi quello opposto, secondo cui «Non viola il divieto di “reformatio in peius” la sentenza d’appello che riduca la pena detentiva inflitta in primo grado ed aumenti quella pecuniaria se, operato il ragguaglio di quest’ultima ai sensi dell’art. 135 cod. pen., l’entità finale della pena non risulti superiore a quella complessivamente irrogata dal giudice di primo grado» (Sez. 4, n. 16994 del 16/03/2023, Wang COGNOME, Rv. 284565 – 01; in senso conforme, tra le altre, Sez. 4, n. 43835 del 15/05/2018, COGNOME, Rv. 27426401).
2.2. Il vizio della sentenza impugnata risiede, piuttosto, nel non aver offerto alcuna motivazione di questa nuova, più severa commisurazione della pena pecuniaria, a dispetto della specifica prospettazione della prevenuta nell’atto di appello laddove, per sostenere la richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche, aveva rimarcato e documentato il disagio socioeconomico che affliggeva lei e la famiglia che doveva sostenere. La spiegazione delle ragioni della scelta di aumentare, anziché diminuire, la pena pecuniaria, infatti, sarebbe stata necessaria in ossequio al disposto di cui all’art. 133-bis cod. pen., secondo cui il Giudice, nella commisurazione della pena pecuhiaria, deve tenere conto delle condizioni economiche e patrimoniali del reo, tanto più che la parte aveva, come sopra precisato, agitato proprio il tema dell’incapacità patrimoniale.
2.3. Ne consegue la necessità di annullare la sentenza impugnata quanto al trattamento sanzionatorio, che non può essere rideterminato in questa sede, in quanto sarà il Giudice del rinvio che dovrà individuare se e in che misura ridurre la pena individuata in primo grado in conseguenza dell’esclusione dell’aggravante, rendendo specifica motivazione della scelta effettuata.
Si precisa che, ad oggi, il reato non è prescritto, dal momento che è stato commesso il 17 settembre 2017 e non vi è oggi annullamento sulla responsabilità. A questo riguardo, si rammenta che le Sezioni Unite di questa Corte, all’udienza del 15 dicembre 2024, hanno fornito risposta affermativa al quesito se la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto ; dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continui ad essere applicabile, dopo l’introduzione
dell’art. 2, comma 1, a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena pecuniaria con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte
d’appello di Napoli; dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 13/05/2025.