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Pena pecuniaria illegale: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato una sentenza di condanna per furto con strappo. Pur confermando la responsabilità dell’imputato, ha riscontrato una pena pecuniaria illegale perché superiore al massimo previsto dalla legge. La Corte ha rigettato gli altri motivi, inclusi quelli sull’attendibilità del riconoscimento e sul diniego delle attenuanti.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena pecuniaria illegale: la Cassazione annulla la condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto penale: la pena inflitta non può mai superare il massimo stabilito dalla legge. Nel caso specifico, la Suprema Corte ha annullato parzialmente una condanna per furto con strappo, proprio perché all’imputato era stata applicata una pena pecuniaria illegale, ovvero superiore al limite edittale. Questo caso offre spunti interessanti anche su altri temi processuali, come il riconoscimento dell’imputato e il legittimo impedimento.

I Fatti: il Furto con Strappo e il Riconoscimento

La vicenda giudiziaria ha origine da un episodio di furto con strappo (art. 624 bis c.p.) ai danni di una donna, alla quale era stata sottratta una collana d’oro. L’imputato, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, aveva commesso il fatto per poi allontanarsi rapidamente. La prova chiave a suo carico era costituita dal riconoscimento effettuato dalla persona offesa.

Nonostante l’autore del furto indossasse un casco, la vittima aveva dichiarato di averlo riconosciuto “dagli occhi”. Questo riconoscimento era stato confermato più volte: prima attraverso un fascicolo fotografico mostratole dalla polizia giudiziaria e poi direttamente in aula durante il processo. Sulla base di questi elementi, l’imputato era stato condannato sia in primo grado che in appello a due anni di reclusione e 1200 euro di multa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. Tra le principali:

1. Legittimo impedimento: Si contestava la decisione della Corte d’Appello di non rinviare l’udienza, nonostante l’imputato avesse documentato di trovarsi in una comunità terapeutica per un percorso di disintossicazione.
2. Inattendibilità del riconoscimento: La difesa sosteneva che il riconoscimento effettuato dalla vittima fosse inaffidabile, data la rapidità dell’azione e il fatto che l’aggressore indossasse un casco.
3. Mancata concessione di attenuanti: Veniva criticato il diniego sia dell’attenuante per danno di speciale tenuità, sia delle attenuanti generiche.
4. Illegalità della sanzione: Il motivo più rilevante riguardava la misura della pena pecuniaria. La difesa evidenziava come i 1200 euro di multa fossero superiori al massimo edittale di 1032 euro, previsto dalla legge al momento del fatto.

La Decisione della Corte: la questione della pena pecuniaria illegale

La Corte di Cassazione ha esaminato attentamente tutti i motivi, rigettandone la maggior parte ma accogliendo quello cruciale relativo alla sanzione. I giudici hanno ritenuto infondate le censure sul legittimo impedimento, specificando che il ricovero volontario in una comunità non costituisce un’impossibilità assoluta a comparire. Hanno inoltre confermato la validità del riconoscimento in aula, ritenendolo una prova diretta e attendibile.

Tuttavia, la Corte ha dato ragione alla difesa su un punto decisivo: la pena pecuniaria di 1200 euro era effettivamente superiore al massimo di 1032 euro previsto dalla normativa applicabile. Per questo motivo, la pena è stata definita “illegale”.

Le motivazioni

La motivazione della sentenza è chiara e didascalica. Per quanto riguarda il rigetto degli altri motivi, la Corte ha ribadito orientamenti consolidati: il percorso terapeutico volontario non è un impedimento assoluto, a differenza di una malattia o di altra causa di forza maggiore. Sul riconoscimento, i giudici hanno spiegato che l’identificazione diretta in aula da parte di un testimone è una prova pienamente utilizzabile, distinta dalla più formale “ricognizione” di persona, e la sua attendibilità è valutata liberamente dal giudice.

Il cuore della decisione risiede però nell’accoglimento del sesto motivo. La Cassazione ha affermato senza mezzi termini che una pena irrogata in misura superiore al massimo edittale è “illegale”. Questo non è un semplice errore di calcolo, ma una violazione diretta della legge che impone l’annullamento della statuizione. Il principio di legalità della pena (art. 25 Cost.) esige che nessun cittadino possa essere sottoposto a una sanzione non prevista dalla legge o superiore a quella da essa stabilita.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente alla misura della pena pecuniaria. Ha rinviato il caso alla Corte d’Appello di Firenze per un nuovo giudizio su quel punto specifico, che dovrà quindi rideterminare la multa entro i limiti legali. L’affermazione della responsabilità penale dell’imputato è invece diventata irrevocabile. Questa pronuncia sottolinea l’importanza del rigoroso rispetto dei limiti edittali delle pene e conferma che, anche di fronte a una prova di colpevolezza ritenuta solida, il trattamento sanzionatorio deve sempre muoversi all’interno delle coordinate fissate dal legislatore.

Essere ricoverati in una comunità terapeutica costituisce sempre un legittimo impedimento a partecipare a un’udienza?
No, la Corte ha stabilito che il ricovero volontario in una comunità non integra di per sé l’impossibilità assoluta di comparire, necessaria per configurare un legittimo impedimento.

Il riconoscimento di un imputato in udienza da parte della vittima è una prova valida?
Sì, la Cassazione ha ribadito che il riconoscimento effettuato in udienza durante l’esame testimoniale è una prova valida e utilizzabile, distinta dalla ricognizione formale e non soggetta alle sue rigide procedure.

Cosa succede se un giudice applica una pena pecuniaria superiore al massimo previsto dalla legge?
La pena è considerata “illegale”. In tal caso, la Corte di Cassazione annulla la sentenza limitatamente a quel punto, rinviando a un altro giudice il compito di rideterminare la sanzione entro i limiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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