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Pena pecuniaria: calcolo e motivi di ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per combustione illecita di rifiuti, la cui pena detentiva era stata sostituita con una pena pecuniaria di 16.000 euro. Il ricorso si basava su un errato calcolo del valore giornaliero della pena e su doglianze generiche, prive di elementi concreti a sostegno della tesi di sproporzione della sanzione. La Corte ha chiarito che il valore giornaliero era di 50 euro, vicino al minimo legale, e ha ribadito che un’impugnazione deve fondarsi su presupposti corretti e argomentazioni specifiche.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Calcolo Pena Pecuniaria: La Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

La sostituzione di una pena detentiva con una pena pecuniaria è uno strumento importante nel nostro ordinamento, volto a evitare il carcere per reati di minore gravità. Tuttavia, come si determina l’importo e quali sono i limiti per contestarlo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 25904/2025) offre chiarimenti cruciali, dichiarando inammissibile un ricorso basato su presupposti errati e doglianze generiche.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso

Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello per il reato di combustione illecita di rifiuti, previsto dall’art. 256-bis del d.lgs. 152/2006. La pena originaria di 10 mesi e 20 giorni di reclusione era stata sostituita, grazie al meccanismo previsto dalla legge, in una multa di 16.000,00 euro.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un’errata quantificazione della pena pecuniaria. Nello specifico, il ricorrente sosteneva che il valore giornaliero fosse stato fissato in 75,00 euro, ritenendolo eccessivo. Chiedeva inoltre l’applicazione di norme più favorevoli per ridurre la sanzione, contestando la motivazione della Corte d’Appello.

L’Analisi della Cassazione e la nozione di pena pecuniaria

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, definendolo inammissibile per due ragioni principali: l’erroneità del presupposto di calcolo e la genericità delle argomentazioni.

In primo luogo, i giudici hanno smontato l’assunto del ricorrente. La Corte ha evidenziato come il valore giornaliero della pena pecuniaria non fosse di 75,00 euro, bensì di 50,00 euro. Questo importo si ottiene dividendo l’ammontare totale della multa (€ 16.000,00) per il numero totale dei giorni di reclusione sostituiti (10 mesi e 20 giorni, equivalenti a 320 giorni).

La Corte ha sottolineato che un valore di 50,00 euro al giorno è una misura vicina al minimo previsto dalla legge (art. 56-quater della L. 689/1981), che stabilisce una forbice tra 5,00 e 2.500,00 euro. Pertanto, la sanzione non poteva considerarsi sproporzionata, soprattutto tenendo conto che all’imputato erano già state concesse le circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.

In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato generico. L’imputato si era limitato a lamentare l’eccessività della pena senza fornire alcun dato concreto (come la dichiarazione dei redditi o informazioni sulla propria condizione economica) che potesse dimostrare una reale sproporzione tra la sanzione e le sue capacità patrimoniali.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine del diritto processuale. Un ricorso per cassazione non può basarsi su un’errata interpretazione dei fatti o dei calcoli contenuti nella sentenza impugnata. L’assunto di un valore giornaliero di 75 euro era palesemente sbagliato e ha minato alla base l’intera argomentazione difensiva.

Inoltre, la Corte ribadisce che il ruolo del giudice di legittimità non è quello di riesaminare il merito della decisione, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Una doglianza sulla quantificazione della pena, per essere ammissibile, deve essere specifica e supportata da elementi concreti che ne dimostrino l’irragionevolezza, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La richiesta di applicare l’art. 459 c.p.p., norma relativa al procedimento per decreto, è stata correttamente ritenuta inapplicabile al rito abbreviato scelto dall’imputato.

Le conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: un’impugnazione, specialmente in sede di legittimità, deve essere costruita con rigore e precisione. Contestare la misura di una pena pecuniaria sulla base di calcoli errati o di lamentele generiche equivale a presentare un’arma spuntata. È indispensabile che il ricorrente fornisca al giudice tutti gli elementi necessari per valutare la fondatezza delle proprie richieste. In assenza di una base fattuale e giuridica solida, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente conferma della condanna.

Come si calcola il valore giornaliero di una pena pecuniaria sostitutiva?
Il valore giornaliero si ottiene dividendo l’importo totale della multa per il numero complessivo di giorni della pena detentiva che viene sostituita. Nel caso di specie, 16.000 euro divisi per 320 giorni (10 mesi e 20 giorni) hanno dato come risultato 50 euro al giorno.

Perché un ricorso sulla misura della pena pecuniaria può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se si basa su un presupposto di fatto errato (come un calcolo sbagliato del valore giornaliero) o se le doglianze sono generiche, ovvero non supportate da dati o elementi concreti (come la situazione reddituale) che dimostrino l’effettiva sproporzione della pena.

È possibile chiedere l’applicazione di norme previste per un rito speciale (come il procedimento per decreto) in un contesto diverso (come il giudizio abbreviato)?
No. La Corte ha chiarito che le norme procedurali sono specifiche per ogni rito. L’art. 459 c.p.p., relativo al procedimento per decreto, non può essere applicato al giudizio abbreviato, che ha regole e finalità distinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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