Pena non Minima: Quando la Gravità del Reato Giustifica una Sanzione Superiore
La determinazione della pena è uno degli aspetti più delicati del processo penale. In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’applicazione di una pena non minima è pienamente legittima quando il giudice la motiva adeguatamente in base alla gravità del reato. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere come la quantità di sostanza stupefacente detenuta influenzi la decisione del giudice, anche quando la pena sia già stata ridotta in appello.
I Fatti del Caso: Detenzione di Cocaina e Ricorso in Cassazione
Il caso ha origine da una condanna per illecita detenzione di sostanze stupefacenti, specificamente 98 dosi medie singole di cocaina, un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309/1990. La Corte d’Appello, pur riducendo la pena inflitta in primo grado, aveva comunque applicato una sanzione superiore al minimo edittale previsto dalla legge.
L’imputata, ritenendo la pena eccessiva e ingiustificata, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello non avesse motivato a sufficienza le ragioni di tale scelta. Il ricorso mirava a ottenere un’ulteriore riduzione della pena, portandola al minimo previsto dalla norma.
La Decisione della Cassazione e la Giustificazione della Pena non Minima
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva, al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, fornito una motivazione adeguata e logica per la sua decisione. La scelta di applicare una pena non minima non era arbitraria, ma strettamente collegata a un elemento oggettivo di grande rilevanza: la gravità del reato.
La Gravità del Reato come Criterio Guida
Il punto centrale della decisione risiede nella valutazione della gravità del fatto. I giudici hanno sottolineato che la detenzione di quasi cento dosi di cocaina costituisce un fatto di notevole serietà, che non può essere liquidato con la sanzione più lieve possibile. Questo elemento, evidenziato dalla Corte d’Appello, è stato considerato sufficiente a giustificare una pena che si discostasse dal minimo edittale.
Le Conseguenze dell’Inammissibilità
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la condanna è diventata definitiva. La ricorrente è stata inoltre condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dalla legge in caso di rigetto di un ricorso inammissibile.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sul principio secondo cui la valutazione della congruità della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Tale valutazione è sindacabile in sede di legittimità solo se la motivazione è assente, manifestamente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva chiaramente ancorato la sua decisione a un dato fattuale inequivocabile: l’ingente quantitativo di stupefacente. Questa circostanza è stata ritenuta un indice palese della gravità della condotta e, di conseguenza, un fondamento solido per giustificare una pena superiore al minimo. La Cassazione ha quindi confermato che la Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi in materia di commisurazione della pena, senza incorrere in alcun vizio logico-giuridico.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza penale: la quantità di sostanza stupefacente detenuta è un fattore determinante per valutare la gravità del reato e, di conseguenza, per commisurare la pena. Un giudice può legittimamente applicare una sanzione superiore al minimo edittale se la sua decisione è supportata da una motivazione logica e aderente ai fatti, come la detenzione di un numero significativo di dosi. Questa pronuncia serve da monito: la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena è ampia, ma deve sempre essere esercitata in modo trasparente e ancorata a elementi concreti del caso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la pena applicata basandosi sulla gravità del reato.
La pena era già stata ridotta in un grado di giudizio precedente?
Sì, il testo specifica che la Corte d’Appello aveva applicato una pena che era già stata ridotta rispetto a quella inflitta nel primo grado di giudizio.
Quale elemento specifico ha giustificato una pena non minima?
L’elemento decisivo è stata la gravità del reato, evidenziata dall’illecita detenzione di una quantità significativa di sostanza stupefacente, ovvero 98 dosi medie singole di cocaina.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4462 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4462 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ONORATI NOME nato a ROMA il 15/03/1982
avverso la sentenza del 13/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato perché, a differenza di quanto vi si adduce, la Corte di appello ha adeguatamente giustificato la applicazione di una pena, che ha comunque ridotto rispetto a quella inflitta in primo grado, non aderente al minimo edittale evidenziando la gravità del reato (illecita detenzione di 98 dosi medie singole di cocaina) ex art. 73, comma 5 d.P.R., n. 309/1990;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29 novembre 2024
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