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Pena minima estorsione: la Cassazione annulla la pena

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte di Appello di Napoli, limitatamente al trattamento sanzionatorio, per un caso di tentata estorsione aggravata. I giudici di merito avevano erroneamente applicato una pena minima estorsione più severa, introdotta da una legge entrata in vigore dopo la commissione del reato. La Suprema Corte ha riaffermato il principio del ‘tempus commissi delicti’, stabilendo che la pena deve essere calcolata secondo la legge vigente al momento del fatto, che prevedeva un minimo edittale inferiore. Il caso è stato rinviato alla Corte di Appello per una nuova determinazione della pena.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Errore sulla pena minima estorsione: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20172 del 2024, ha riaffermato un principio cardine del diritto penale: la legge applicabile è sempre quella in vigore al momento della commissione del reato. In questo caso, l’errata applicazione di una pena minima estorsione più severa, introdotta da una legge successiva, ha portato all’annullamento della condanna limitatamente alla quantificazione della sanzione.

I fatti del processo: l’errata applicazione della pena

Un imputato era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di tentata estorsione aggravata, commesso nel gennaio 2017. Il Tribunale, nel determinare la sanzione, aveva fissato la pena base in sette anni di reclusione. Questa decisione, tuttavia, si basava su un errore di diritto.

La difesa dell’imputato ha sollevato la questione davanti alla Corte di Cassazione, evidenziando come la pena base fosse stata calcolata sulla base di una modifica legislativa (legge n. 103/2017) entrata in vigore solo nell’agosto 2017, ovvero diversi mesi dopo i fatti contestati. Al momento del reato, nel gennaio 2017, la legge prevedeva una pena detentiva minima di sei anni, non di sette.

Nonostante questo specifico motivo fosse stato sollevato anche in appello, la Corte territoriale non aveva fornito alcuna risposta sul punto, confermando implicitamente il calcolo errato.

La decisione della Corte sulla pena minima estorsione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno constatato che il giudice di primo grado aveva effettivamente determinato la pena base in sette anni di reclusione, ritenendo erroneamente che questo fosse il minimo edittale per il reato di estorsione consumata. Questo calcolo era palesemente illegittimo perché basato su una norma non ancora in vigore all’epoca dei fatti.

Le motivazioni della Corte

La ragione della decisione risiede nel principio fondamentale del tempus commissi delicti. Secondo tale principio, un imputato deve essere giudicato in base alla legge penale vigente nel momento in cui ha commesso il fatto. Qualsiasi modifica legislativa successiva che introduca un trattamento sanzionatorio più sfavorevole non può essere applicata retroattivamente.

Nel caso specifico, la condotta delittuosa si era consumata nel gennaio 2017. La legge che ha innalzato la pena minima estorsione da sei a sette anni è entrata in vigore solo il 3 agosto 2017. Pertanto, la pena base corretta da cui partire per il calcolo della sanzione finale doveva essere quella di sei anni di reclusione. La Corte di Appello, omettendo di pronunciarsi su questo specifico e decisivo motivo di gravame, ha commesso un vizio di motivazione che ha reso necessario l’annullamento della sentenza.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

La sentenza in esame ha importanti implicazioni. In primo luogo, ribadisce l’inderogabilità del principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, un pilastro dello stato di diritto. In secondo luogo, sottolinea l’obbligo per i giudici di merito di rispondere puntualmente a tutte le doglianze sollevate dalla difesa, specialmente quando riguardano la corretta applicazione della legge nella determinazione della pena.

Per effetto della decisione, la sentenza è stata annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio e il caso è stato rinviato ad un’altra sezione della Corte di Appello di Napoli. Il nuovo giudice dovrà ricalcolare la pena partendo dal corretto minimo edittale di sei anni, come previsto dalla legge in vigore al momento del reato, portando potenzialmente a una riduzione della condanna per l’imputato.

Quale legge si applica per determinare la pena di un reato?
Si applica la legge in vigore al momento in cui il reato è stato commesso (principio del ‘tempus commissi delicti’). Non è possibile applicare retroattivamente una legge successiva che preveda una pena più severa.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza in questo caso?
La Corte ha annullato la sentenza perché i giudici di primo e secondo grado avevano erroneamente calcolato la pena base utilizzando un minimo edittale di sette anni, introdotto da una legge entrata in vigore dopo i fatti, mentre la legge applicabile all’epoca prevedeva un minimo di sei anni.

Cosa accade ora nel processo?
La sentenza è stata annullata solo per quanto riguarda la determinazione della pena. Il caso torna a un’altra sezione della Corte di Appello, che dovrà ricalcolare la sanzione partendo dal corretto minimo edittale previsto dalla legge vigente al momento del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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