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Pena minima edittale: la Cassazione annulla la pena

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza del Tribunale di Forlì che aveva inflitto una pena detentiva di 2 mesi per un reato di cui alla L. 110/1975. La Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, rilevando la violazione della pena minima edittale, che all’epoca dei fatti era fissata in 6 mesi di arresto. Il caso è stato rinviato per una nuova quantificazione della pena.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Minima Edittale: La Cassazione Annulla la Sentenza del Giudice di Merito

Il principio di legalità della pena rappresenta uno dei cardini del nostro sistema penale. Questo principio stabilisce che nessuna sanzione può essere inflitta se non in forza di una legge e che il giudice, nel determinare la pena, deve muoversi entro i confini stabiliti dal legislatore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo concetto, annullando una decisione di un tribunale che aveva applicato una sanzione inferiore alla pena minima edittale. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni e le implicazioni di questa pronuncia.

I Fatti del Processo

Un soggetto veniva condannato dal Tribunale in composizione monocratica per due distinti reati: uno relativo alla normativa sulle sostanze stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90) e l’altro per una contravvenzione prevista dalla legge sulle armi (art. 4, L. 110/1975). Per il primo reato, gli veniva inflitta una pena di 8 mesi di reclusione e una multa, mentre per il secondo, la condanna era di 2 mesi di arresto e un’ammenda.

Proprio la quantificazione di quest’ultima pena ha dato origine al contenzioso giunto fino alla Suprema Corte.

Il Ricorso del Procuratore: Violazione della Pena Minima Edittale

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato la sentenza direttamente in Cassazione, lamentando una palese violazione di legge. Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva commesso un errore nel quantificare la pena per la contravvenzione prevista dalla legge n. 110 del 1975.

Al momento della commissione del fatto (marzo 2023), la norma di riferimento, come modificata nel 2010, prevedeva una pena detentiva che andava da un minimo di sei mesi a un massimo di due anni di arresto. La condanna a soli due mesi di arresto era, quindi, palesemente inferiore alla soglia minima inderogabile fissata dalla legge. Su questa base, il Procuratore ha chiesto l’annullamento della sentenza, limitatamente a questo specifico punto.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Pena Minima Edittale

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso pienamente fondato. Gli Ermellini hanno confermato che il Tribunale aveva effettivamente applicato una sanzione illegittima, ignorando il limite minimo imposto dal legislatore. La discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena, sebbene ampia, non è assoluta e deve sempre essere esercitata nel rispetto dei limiti edittali.

Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza impugnata. Tuttavia, l’annullamento non ha riguardato l’intero provvedimento, ma è stato circoscritto esclusivamente alla parte relativa alla quantificazione della pena detentiva per il reato contravvenzionale. Il caso è stato quindi rinviato al Tribunale di provenienza, che, in persona di un diverso magistrato, dovrà procedere a una nuova determinazione della pena, questa volta nel rigoroso rispetto dei limiti di legge.

Le Motivazioni

Alla base della decisione della Suprema Corte vi è il principio fondamentale del tempus regit actum, secondo cui la legge da applicare è quella in vigore al momento della commissione del reato. Al tempo dei fatti contestati, la legge stabiliva inequivocabilmente una pena minima edittale di sei mesi di arresto. Il giudice di primo grado, infliggendo una pena di due mesi, ha compiuto una violazione di legge che non poteva essere sanata se non con l’annullamento della sua decisione sul punto. La Corte ha sottolineato che il potere discrezionale del giudice, previsto dall’articolo 133 del codice penale, trova un limite invalicabile nei minimi e massimi di pena fissati per ciascuna fattispecie di reato. Scendere al di sotto di tale soglia equivale a disapplicare la volontà del legislatore, un’azione non consentita al potere giudiziario.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma il ruolo della Corte di Cassazione come custode della corretta applicazione della legge. La decisione ha un’importante implicazione pratica: l’imputato dovrà affrontare un nuovo giudizio limitato alla sola rideterminazione della pena, che non potrà essere inferiore ai sei mesi di arresto. La pronuncia serve da monito per i giudici di merito sull’inderogabilità dei limiti edittali, garantendo l’uniformità e la certezza del diritto su tutto il territorio nazionale. La sanzione penale, pur dovendo essere individualizzata, non può mai prescindere dai confini tracciati dal legislatore.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza?
La Corte ha annullato la sentenza perché il giudice di primo grado aveva inflitto una pena detentiva (2 mesi di arresto) inferiore al minimo stabilito dalla legge per quel reato, che all’epoca dei fatti era di 6 mesi.

Un giudice può decidere liberamente la pena da infliggere?
No. Sebbene il giudice abbia un potere discrezionale nel decidere la pena, deve sempre agire all’interno dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per ogni specifico reato. Non può scendere al di sotto della pena minima edittale.

Cosa succede ora all’imputato?
La sentenza è stata annullata solo per quanto riguarda la quantificazione della pena per uno dei reati. Il caso torna al Tribunale, dove un altro giudice dovrà determinare nuovamente la pena per quel reato, applicando una sanzione non inferiore al minimo di legge di sei mesi di arresto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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