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Pena illegittima: la Cassazione chiarisce i limiti

Un uomo condannato per furto ricorre in Cassazione lamentando un errore nel calcolo della pena da parte della Corte d’Appello. La Suprema Corte rigetta il ricorso, spiegando la cruciale differenza tra una pena illegittima e una illegale. Poiché l’errore commesso in appello (violazione del divieto di reformatio in peius) ha generato una pena illegittima ma non illegale, e dato che gli altri motivi di ricorso erano inammissibili, la Corte non ha potuto intervenire per correggere la sanzione.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Illegittima vs Pena Illegale: la Cassazione e i Limiti del Giudizio d’Appello

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19197 del 2024, torna su un tema processuale di grande rilevanza: la distinzione tra pena illegittima e pena illegale e i conseguenti poteri di intervento della Suprema Corte. Il caso, originato da una condanna per furto, offre lo spunto per chiarire quando un errore nel calcolo della pena da parte del giudice d’appello possa essere corretto in sede di legittimità.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha inizio con una condanna per furto aggravato commesso nel 2012 ai danni degli ospiti di una struttura alberghiera. L’imputato veniva individuato grazie alla testimonianza di una persona che, insospettita dal suo comportamento, ne aveva annotato il numero di targa del veicolo mentre si allontanava con un computer e un sacco nero.

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello confermavano la responsabilità penale dell’imputato. La Corte territoriale, tuttavia, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, rideterminando l’entità della sanzione. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la questione della pena illegittima

La difesa articolava diversi motivi di ricorso. In primo luogo, contestava la ricostruzione dei fatti e l’identificazione dell’imputato, ritenendola viziata. In secondo luogo, lamentava un vizio di notifica dell’atto di citazione.

Con una memoria successiva, sollevava la questione più rilevante: l’illegalità della pena. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel calcolo, partendo da una pena base di tre anni e cinque mesi. Tale errore era duplice:
1. Il minimo edittale per il reato contestato, all’epoca dei fatti (2012), era di un anno di reclusione, mentre la Corte sembrava aver applicato il minimo di tre anni introdotto solo con una legge del 2017.
2. La pena base applicata in appello era superiore a quella stabilita in primo grado (tre anni), violando così il divieto di reformatio in peius, ovvero il principio che impedisce di peggiorare la posizione dell’imputato quando è l’unico ad aver impugnato la sentenza.

Le Motivazioni della Cassazione: Distinguere tra Pena Illegittima e Illegale

La Suprema Corte dichiara inammissibili i primi motivi di ricorso, in quanto volti a una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità.

Il fulcro della decisione risiede nell’analisi del terzo motivo, quello relativo alla pena. La Corte riconosce che la Corte d’Appello ha effettivamente commesso un errore, violando il divieto di reformatio in peius nel fissare una pena base superiore a quella del primo grado. Tuttavia, gli Ermellini chiariscono un punto fondamentale, richiamando consolidati principi delle Sezioni Unite.

Una pena è “illegale” quando è strutturalmente contraria alla legge: ad esempio, se è di una specie diversa da quella prevista (es. arresto invece di reclusione) o se supera il massimo edittale. Solo in questo caso, la Cassazione può rilevarla d’ufficio e correggerla, anche se gli altri motivi di ricorso sono inammissibili.

Una pena è, invece, “illegittima” quando, pur rimanendo all’interno della cornice edittale prevista dalla legge, è il risultato di un’erronea applicazione delle norme che ne regolano il calcolo. La violazione del divieto di reformatio in peius, come avvenuto nel caso di specie, rientra in questa seconda categoria. La pena finale, infatti, era comunque compresa nella forbice edittale (da uno a sei anni) vigente all’epoca del reato.

Conclusioni

Poiché l’errore commesso dalla Corte d’Appello ha dato origine a una pena illegittima e non illegale, e dato che tutti gli altri motivi di ricorso erano stati giudicati inammissibili, la Corte di Cassazione ha concluso di non poter intervenire. Il ricorso, valido per instaurare il rapporto processuale, non era però fondato su motivi ammissibili che potessero aprire la porta a una correzione d’ufficio dell’errore di calcolo. La sentenza viene quindi confermata e il ricorso rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Questa decisione ribadisce la rigidità dei confini del giudizio di legittimità e l’importanza della distinzione tecnica tra illegalità e illegittimità della sanzione penale.

Quando una pena è considerata ‘illegittima’ e non ‘illegale’?
Una pena è ‘illegittima’ quando, pur rientrando nei limiti edittali fissati dalla legge (minimo e massimo), è stata determinata attraverso un procedimento di calcolo viziato, come la violazione del divieto di peggioramento in appello (reformatio in peius). È ‘illegale’ quando è di una specie diversa da quella prevista dalla legge o supera il massimo edittale.

La Corte di Cassazione può sempre correggere una pena calcolata in modo errato?
No. La Corte di Cassazione può correggere d’ufficio solo una pena ‘illegale’. Se la pena è soltanto ‘illegittima’ e gli altri motivi del ricorso sono inammissibili, la Corte non può intervenire per sanare l’errore, come stabilito nel caso esaminato.

Cosa significa divieto di ‘reformatio in peius’ nel giudizio di appello?
Significa che se solo l’imputato presenta appello contro una sentenza di condanna, il giudice d’appello non può peggiorare la sua situazione. In particolare, non può partire da una pena base più alta di quella fissata dal giudice di primo grado, anche se il risultato finale della pena dovesse, per altri motivi, essere inferiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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