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Pena illegale: ricorso inammissibile post-concordato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di concordato in appello, contestata per una presunta pena illegale. La Corte ha stabilito che la pena inflitta, che includeva un aumento con multa per un reato satellite che non la prevedeva, era legittima poiché calcolata sulla pena base del reato più grave, che invece prevedeva una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Illegale e Concordato in Appello: Quando il Ricorso è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti all’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.), specialmente quando si contesta una presunta pena illegale. La Suprema Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibili i ricorsi, consolidando un principio fondamentale sul calcolo della pena in caso di reato continuato.

I Fatti di Causa: Tentata Estorsione e Lesioni Gravissime

Il caso trae origine da una condanna per due distinti reati, tentata estorsione e lesioni gravissime, uniti dal vincolo della continuazione. In sede di appello, gli imputati avevano raggiunto un accordo con la pubblica accusa sulla rideterminazione della pena, formalizzato in una sentenza di ‘concordato’.

Nonostante l’accordo, le difese hanno successivamente proposto ricorso per cassazione. Il motivo del contendere era specifico: la Corte d’Appello, nel calcolare l’aumento di pena per il reato di lesioni (il cosiddetto ‘reato satellite’), aveva applicato non solo un aumento della pena detentiva ma anche della multa. Gli avvocati sostenevano che tale decisione avesse prodotto una pena illegale, poiché il delitto di lesioni, di per sé, non prevede una sanzione pecuniaria, ma solo la reclusione.

La Questione sulla Pena Illegale e i Limiti del Concordato

Il ricorso si fondava su un’interpretazione stringente della legge. Secondo i ricorrenti, se il reato satellite non prevede una multa, un aumento di pena per continuazione non può introdurla. Questa doglianza, tuttavia, si scontra con la natura stessa del concordato in appello, che limita drasticamente i motivi di ricorso in Cassazione.

La giurisprudenza è costante nell’affermare che, una volta raggiunto l’accordo, si può ricorrere solo per vizi relativi alla formazione della volontà delle parti, al consenso del pubblico ministero, o a una pronuncia del giudice difforme dall’accordo. È invece precluso contestare la valutazione dei fatti o la determinazione della pena, a meno che quest’ultima non sia appunto ‘illegale’, ovvero di specie diversa da quella prevista o fuori dai limiti edittali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi della pena illegale, ritenendo i ricorsi manifestamente infondati. Il cuore della motivazione risiede nel richiamo a un fondamentale principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Giglia’ (n. 40983/2018).

Secondo tale principio, nel calcolo della pena per il reato continuato, l’aumento per i reati satellite va commisurato alla pena stabilita per la violazione più grave. Se il reato più grave (in questo caso, la tentata estorsione) è punito con una pena congiunta, cioè sia detentiva (reclusione) sia pecuniaria (multa), l’aumento per il reato satellite si applica su questa base composita.

Di conseguenza, è del tutto legittimo che l’aumento di pena per il reato di lesioni includa anche una quota di multa, non perché il reato di lesioni la preveda, ma perché l’aumento è una frazione della pena principale, che invece la contempla. La Corte d’Appello, quindi, non ha inflitto una pena di specie diversa da quella prevista dalla legge, ma ha semplicemente operato un corretto calcolo matematico secondo le regole della continuazione. Non sussistendo alcuna illegalità, il motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Nessuna Pena Illegale, Ricorsi Inammissibili

La decisione della Cassazione ribadisce la forza vincolante del concordato in appello e la corretta applicazione dei criteri di calcolo della pena nel reato continuato. La pronuncia chiarisce che una pena non è ‘illegale’ se la sua specie e misura derivano da una corretta applicazione delle norme sulla continuazione, anche quando il risultato finale include una sanzione (come la multa) non prevista per il singolo reato satellite. Per gli imputati, questo si traduce nell’impossibilità di rimettere in discussione la pena concordata, salvo i ristrettissimi casi ammessi dalla legge, e nella condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa con “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti, dissenso del PM o una decisione del giudice non conforme all’accordo. Non è possibile contestare la determinazione della pena, a meno che non si configuri come “pena illegale”, cioè di un tipo non previsto dalla legge o al di fuori dei limiti edittali.

Quando una pena si considera “illegale” nel contesto di un reato continuato?
Una pena è illegale se è di una specie diversa da quella prevista dalla legge o se eccede i limiti massimi. Secondo questa ordinanza, tuttavia, non è illegale l’applicazione di un aumento di pena che includa una multa per un reato satellite che non la prevede, se la pena base del reato più grave è congiunta (reclusione e multa).

Come si calcola l’aumento di pena per un reato satellite in caso di continuazione?
L’aumento si calcola sulla pena base stabilita per il reato più grave. Se tale pena base è composta sia da una parte detentiva sia da una pecuniaria, l’aumento per i reati satellite viene calcolato su entrambe le componenti, conformemente ai principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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