Pena Illegale: Quando un Errore di Calcolo Giustifica la Modifica della Condanna?
Una sentenza definitiva può essere modificata? La questione è complessa e tocca il principio fondamentale della certezza del diritto. Tuttavia, esistono eccezioni, come nel caso di una pena illegale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo concetto, spiegando che non ogni errore di calcolo commesso dal giudice di merito apre le porte a una revisione in fase esecutiva.
I fatti del caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato condannato per estorsione aggravata. In fase esecutiva, ovvero dopo che la condanna era diventata definitiva, l’imputato aveva avanzato due richieste principali al Giudice dell’Esecuzione (la Corte d’Appello):
1. Il riconoscimento dell’attenuante della ‘lieve entità’, sostenendo che il fatto fosse di modesta gravità.
2. In subordine, la rideterminazione della pena a causa di un errore di calcolo. Nello specifico, i giudici di merito avevano applicato un aumento per la recidiva pari a due terzi, anziché a un terzo come previsto dalla legge.
Il Giudice dell’Esecuzione aveva respinto entrambe le istanze, decisione contro la quale l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Giudice dell’Esecuzione. Secondo gli Ermellini, il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già correttamente esaminate e respinte, senza introdurre nuovi e validi argomenti.
Le motivazioni: i limiti alla correzione della pena
La Corte ha fornito una spiegazione dettagliata delle ragioni giuridiche alla base della sua decisione, affrontando separatamente i due motivi del ricorso.
La valutazione della gravità del reato
Sul primo punto, relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità per il reato di estorsione, la Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione del giudice precedente. La gravità di un reato non va misurata solo in base a un singolo aspetto (come l’importo del profitto), ma deve essere considerata nella sua interezza. Nel caso di specie, il fatto era inserito in un contesto di criminalità organizzata finalizzata al traffico di droga, in cui l’imputato rivestiva un ruolo di vertice come capo, promotore e finanziatore. Tale quadro complessivo generava un notevole allarme sociale, rendendo impossibile qualificare il singolo episodio estorsivo come di ‘lieve entità’.
L’errore di calcolo non sempre determina una pena illegale
Il punto cruciale della pronuncia riguarda il secondo motivo: l’errore nel calcolo dell’aumento per la recidiva. La Corte ha riconosciuto che l’aumento di due terzi era errato. Tuttavia, ha chiarito che questo non rende automaticamente la pena illegale e, quindi, modificabile in fase esecutiva.
Richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (la n. 877/2022, caso Sacchettino), la Corte ha ribadito un principio fondamentale: si ha una pena illegale solo quando la sanzione finale inflitta eccede i limiti massimi previsti dalla legge per quel reato, oppure i limiti edittali generali stabiliti dal codice penale.
In altre parole, gli errori compiuti nei ‘passaggi intermedi’ del calcolo della pena (come la quantificazione dell’aumento per una circostanza aggravante) non sono rilevanti in sede esecutiva se il risultato finale rimane comunque all’interno della ‘forbice’ legale. Poiché nel caso in esame la pena finale, pur con l’errato aumento, non superava il massimo edittale previsto per l’estorsione aggravata, essa non poteva essere considerata ‘illegale’ e, di conseguenza, non era emendabile dal Giudice dell’Esecuzione.
Le conclusioni
Questa ordinanza rafforza il principio della stabilità del giudicato penale. Non ogni errore commesso nel percorso di determinazione della pena può essere usato per riaprire una sentenza definitiva. La nozione di pena illegale è circoscritta a casi specifici e gravi di violazione dei limiti edittali, escludendo gli errori di calcolo interni che non incidono sulla legalità del risultato finale. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’unica sede per contestare tali errori è il processo di merito, attraverso i normali mezzi di impugnazione (appello e ricorso per cassazione), e non la fase successiva dell’esecuzione della pena.
Può un errore nel calcolo dell’aumento per la recidiva rendere una pena illegale?
No, secondo la Corte di Cassazione un errore nel calcolo di un aumento di pena, come quello per la recidiva, non rende la pena ‘illegale’ se la sanzione finale non supera i limiti massimi previsti dalla legge per quel specifico reato.
Come viene valutata l’attenuante della lieve entità in un reato come l’estorsione?
La valutazione non si limita al singolo aspetto del reato, come l’importo economico, ma deve considerare il contesto complessivo. Se il reato è inserito in un quadro più ampio di criminalità organizzata e genera un particolare allarme sociale, l’attenuante può essere negata anche se il profitto è modesto.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Cassazione non è una terza istanza di merito e non riesamina i fatti, ma giudica solo la corretta applicazione della legge. Un ricorso che ripropone doglianze già vagliate e respinte senza nuovi profili di legittimità è considerato infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20974 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20974 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto le istanze avanzate da NOME COGNOME volte ad ottenere il riconoscimento dell’attenuante di lieve entità in relazione al delitto estorsione aggravata contestato al capo B14bis di cui alla sentenza ex art. 599 bis cod. proc. pen. della Corte di appello di Roma del 09/03/2022, irr. il 10/01/2023; ed in subordine di rideterminazione della pena di cui alla citata sentenza per illegalità della pena del più grave reato di cui al capo B14bis (con aumento di 2/3 per la contestata recidiva), in violazione dell’art. 63 c. 4 e 64 c. 1 cod. proc. pen..
Ricorre per cassazione il difensore di NOME COGNOME, deducendo violazione di legge e vizio della motivazione in relazione sia alla mancata applicazione dell’attenuante di lieve entità, sia con riferimento al mancato riconoscimento della illegalità della pena inflitta, in conseguenza dell’errore, riconosciuto dal G.E., in cui era incorsa la Corte d merito.
La difesa ha presentato memoria difensiva, ulteriormente argomentando in ordine ai motivi di ricorso dedotti, e chiedendo la trattazione del procedimento innanzi a diversa sezione.
Il ricorso è inammissibile in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal G.E., e comunque manifestamente infondati.
3.1. Quanto al primo motivo, il G.E., con motivazione congrua e non manifestamente illogica, e pertanto insindacabile in questa sede, ha condivisibilmente denegato il riconoscimento dell’attenuante di lieve entità in relazione al delitto d estorsione aggravata contestato al capo B14bis, osservando come il fatto fosse di particolare allarme sociale, dovendo essere valutato nella sua completezza (essendo risultato inserito in un quadro associativo finalizzato al traffico di cocaina, nel qual COGNOME veniva individuato quale capo, promotore e finanziatore) e non solo in relazione all’importo provento del delitto di estorsione.
3.2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo: la Corte territoriale, dopo avere riconosciuto l’errore in cui erano incorsi i Giudici di merito nel determinare l’aumento per la recidiva contestata in misura di 2/3 anziché di 1/3′ ha tuttavia del tutto correttamente osservato come non si trattasse di applicazione di una pena illegale (ipotizzabile solo in caso di superamento del massimo della pena prevista per la fattispecie di estorsione aggravata commessa da imputato al quale è stata applicata la recidiva di cui all’art. 99 comma 4 cod. pen.), pertanto non emendabile in sede esecutiva, richiamando sul punto il recente dictum delle sez. Unite n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 – 01 per cui «la pena determinata a seguito dell’erronea applicazione del giudizio di comparazione tra
circostanze eterogenee concorrenti è illegale soltanto nel caso in cui essa ecceda i limiti edittali generali previsti dagli artt. 23 e seguenti, nonché 65 e 71 e seguenti, cod. pen., oppure i limiti edittali previsti . per le singole fattispecie di reato, a nulla rilevando il fatto che i passaggi intermedi che portano alla sua determinazione siano computati in violazione di legge.(Fattispecie relativa a procedimento di applicazione della pena)».
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazi (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/05/2024