Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14500 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14500 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
vJerso l’ordinanza del 10/10/2023 del TRIBUNALE di PESCARA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli letti i
atti e l’ordinanza impugnata; motivi del ricorso;
considerato che la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che l’illegittimità della pena può essere rilevata, in sede di esecuzione, solo laddove essa consista in una pena non prevista dall’ordinamento giuridico oppure eccedente per specie e quantità il limite legale, dato che il principio di legalità della pena, enunciato dall’art. 1 cod. pen. ed implicitamente dall’art. 25, secondo comma, Cost. informa di sé tutto il sistema penale e non può ritenersi operante solo in sede di cognizione (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, Sent. n. 38712 del 23/01/2013, Villirillo, Rv. 256879);
che suddetto principio, applicabile alle pene sia detentive che pecuniarie, vieta che una pena che non trovi fondamento in una norma di legge, anche se inflitta con sentenza non più soggetta ad impugnazione ordinaria, possa avere esecuzione, essendo avulsa da una pretesa punitiva dello Stato (v. Sez. 5, n. 809 del 29/04/1985, Lattanzio, Rv. 169333), che, nondimeno, si è di fronte ad una pena illegale solo nei limiti sopra indicati, con riferimento al reato per il quale è stata pronunciata condanna ed alla pena inflitta per detto reato, così come indicata nel dispositivo della sentenza, mentre non può essere riconsiderato in sede esecutiva il calcolo attraverso il quale il giudice è pervenuto a determinare la pena (a meno che non sia frutto di un errore macroscopico, senza che vi sia stata una qualche valutazione sul punto da parte del giudicante -cfr. Sez. 1, n. 12453 del 03/03/2009, COGNOME, Rv. 243742), essendo, invero, detto calcolo modificabile solo attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione della sentenza;
che, nel caso di specie, si assume che il computo con il quale la Corte di assise di appello di l’Aquila ha determiNOME la pena inflitta ad NOME COGNOME per il delitto di omicidio sia errato, evincendosi dalla motivazione che è stata ritenuta sussistente, per detto reato, la contestata recidiva ai sensi dell’art. 99, secondo e quarto comma, cod. pen., pur in regime di equivalenza con le ritenute attenuanti, pur non avendo l’imputato, in passato, riportato condanna per fatti omicidiari;
che, tuttavia, la pena inflitta per il reato di cui all’art. 575 cod. pen. (pari ad anni 21 e mesi 6 di reclusione, aumentati, in applicazione dell’art. 81, secondo comma, cod. pen., di anni 1 per il reato di cui al capo B di imputazione) rientra per specie e quantità nei limiti della pena edittalmente prevista per il suddetto reato, e quindi non può essere considerata pena illegale;
che, quindi, appare evidente che l’eventuale imprecisione del giudice avrebbe dovuto essere denunciata in sede di gravame e non è più rilevabile dopo il passaggio in giudicato della sentenza, non essendo illegale, per specie e quantità, la pena inflitta per il delitto di omicidio;
che, l’impugnazione non si confronta con il compiuto ragionamento contenuto nell’ordinanza impugnata e prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la granitica giurisprudenza sopra citata;
che deve essere, pertanto, dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/02/2024.