Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38811 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38811 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Bologna nel procedimento nei confronti di COGNOME NOME, nato a Ravenna il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/11/2023 del Tribunale di Ravenna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 novembre 2023 il Tribunale di Ravenna, su concorde richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a NOME COGNOME la pena di euro 4.000,00 di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 (ascrittogli per aver depositato in modo incontrollato rifiuti in assenza della prescritta autorizzazione), con contestuale riconoscimento dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Bologna, affidato a un unico motivo con il quale ha denunciato l’illegalità della pena applicata su richiesta delle parti, i quanto non corrispondente per specie a quella astrattamente prevista dalla fattispecie incriminatrice.
In particolare, il Pubblico ministero ricorrente sottolinea che l’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, richiama le pene di cui al primo comma e, segnatamente, la pena prevista dal comma 1, lettera b) del medesimo articolo, che punisce il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi, quali quelli oggetto della condo contestata, con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda. Risulterebbe, dunque, illegale la pena applicata della sola ammenda perché non conforme alla cornice edittale prevista per il reato ascritto all’imputato e oggetto del concordato di pena, in quanto la condotta aveva avuto a oggetto anche rifiuti qualificabili come pericolosi.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando la sua manifesta infondatezza, giacché la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda è prevista per la sola ipotesi di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti pericolosi e, nella specie, l’imputazione non reca alcuna indicazione circa la pericolosità dei rifiuti abbandonati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La mancata indicazione nella imputazione della pericolosità dei rifiuti depositati in modo incontrollato dall’imputato non esclude che la condotta possa essere qualificata come di deposito incontrollato di rifiuti (anche) pericolosi, punita con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda, con la conseguente illegalità della sola pena pecuniaria applicata all’imputato, qualora dalla descrizione della
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condotta contenuta nella imputazione risulti con chiarezza che questa abbia avuto quale oggetto anche rifiuti qualificabili come pericolosi.
La qualificazione giuridica della condotta contestata spetta, infatti, al giudice, che, sulla base della descrizione della stessa contenuta nella imputazione, deve individuare la fattispecie nella quale la stessa sia sussumibile.
Anche in caso di applicazione della pena concordata tra le parti il potere del giudice non è meramente ricognitivo, dovendo egli verificare che la qualificazione giuridica dei fatti prospettata dalle parti sia quella che effettivamente discende dalle risultanze degli atti e dalla contestazione (cfr. Corte Costituzionale, n. 313 del 1990), tanto che proprio l’errata qualificazione giuridica del fatto, oltre ch l’illegalità della pena applicata, consente, a norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso le sentenze di applicazione della pena su richiesta.
La riconducibilità della condotta contestata all’imputato come di deposito incontrollato di rifiuti pericolosi, punito, come ricordato, con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda, non determina neppure la modifica della imputazione o un difetto di correlazione tra accusa e sentenza, essendo stata contestata genericamente all’imputato la condotta di deposito incontrollato di rifiuti, ai sens dell’art. 256comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, con la descrizione dei vari t rifiuti oggetto di tale condotta.
Occorre dunque verificare la natura dei rifiuti di cui è contestato l’abbandono, posto che è pacifico che la loro differente qualificazione, che, come ricordato, è compito del giudice, trattandosi di ricondurre le specie di rifiuti oggetto dell condotta alle varie categorie tipizzate dal legislatore, è idonea a determinare la configurabilità di fattispecie criminose di diversa pericolosità, le quali soggiacciono alle distinte pene edittali indicate nelle lettere a) e b) dell’art. 256, comma 1, d.lg 152 del 2006.
Nell’imputazione è contestato il deposito incontrollato di una serie di rifiut così elencati: apparecchiature elettroniche fuori uso, cosiddette RAEE, quali frigoriferi di vecchia generazione e lavatrici; rifiuti speciali di demolizione edili cavi elettronici e vari rifiuti ingombranti plastici e ferrosi; due cistern vetroresina; vari contenitori di rifiuti derivanti da terra e rocce da scavo; nonché tre autoveicoli e un motociclo sprovvisti di targa e in evidente stato di fuori uso.
In tale contestazione è possibile individuare almeno due categorie di rifiuti pericolosi.
La prima categoria di rifiuti pericolosi che viene in rilievo è quella etichettat con il codice CER TARGA_VEICOLO di cui all’Allegato D della parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006, che definisce rifiuti pericolosi “le apparecchiature fuori uso, contenenti clorofluorocarburi”.
Nella imputazione, infatti, si contesta specificamente il deposito incontrollato di apparecchiature elettroniche fuori uso, cosiddette RAEE, quali frigoriferi di vecchia generazione, contenenti (stante l’indicazione della loro vetustà e in assenza di elementi di segno contrario), all’interno del loro compressore, un gas refrigerante in forma liquida denominato C.F.C. (Cloro-Fluoro-Carbonio), utilizzato per alimentare il loro sistema di refrigeramento. Alla luce delle sostanze chimiche presenti al loro interno, pertanto, può ritenersi, senza la necessità di indagini tecniche o ulteriori approfondimenti, la sussumibilità di tali apparecchiature nella categoria contrassegnata dal codice CER TARGA_VEICOLO, dunque come rifiuti pericolosi.
In secondo luogo, alla luce della contestazione di abbandono di tre autoveicoli e di un motociclo sprovvisti di targa e in evidente stato di disuso, è necessario esaminare la categoria di rifiuti pericolosi etichettata con il codice CER TARGA_VEICOLO*, nella quale rientrano i “veicoli fuori uso”.
Invero, l’allegato D della parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006, individua anche una categoria di rifiuti non pericolosi con un apposito codice CER NUMERO_DOCUMENTO TARGA_VEICOLO NUMERO_DOCUMENTO, nel quale rientrano “i veicoli fuori uso non contenenti liquidi né altre componenti pericolose”. Risulta, pertanto, pacifico dedurre che il discrimen per assegnare agli stessi veicoli a motore in disuso la natura di rifiuti pericolosi o meno, sia presenza o l’assenza di liquidi o altre componenti pericolose.
Tuttavia, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la natura di rifiuto pericoloso di un veicolo fuori uso non necessita di particolar indagini o accertamenti, quando risulti, anche soltanto per le modalità di raccolta e deposito, che lo stesso non sia stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi o delle altre componenti pericolose (Sez. 3, n. 11030 del 05/02/2015, COGNOME, Rv. 263248; in senso conforme Sez. 3, n. 15302 del 2021, Passa e altri, non mass.; Sez. 3, n. 21153 del 2020, COGNOME, non mass., nonché, già precedentemente, Sez. 3, n. 31155 del 06/06/2006, Pezone, Rv. 235055 01).
È evidente, infatti, che un veicolo a motore contiene una serie di parti, elementi e sostanze, quali la batteria, l’olio motore, le sospensioni idrauliche, l’ol dell’impianto frenante, che, per essere rimossi, richiedono operazioni complesse, oltre che una competenza tecnica specifica, sicché, alla luce delle effettive modalità di conservazione dei veicolo e dell’assenza di mezzi necessari per l’espletamento delle attività di rimozione di detti elementi pericolosi, può riteners che tali veicoli non possono essere esclusi dal novero dei rifiuti pericolosi.
Nel caso di specie, allora, essendo pacifico lo stato di abbandono senza alcun trattamento preliminare, deve concludersi per l’assegnazione del codice CER TARGA_VEICOLO* ai veicoli in disuso, qualificandoli come rifiuti pericolosi.
E’, dunque, evidente che, almeno per una parte dei rifiuti oggetto della condotta contestata, la disciplina applicabile è quella di cui all’art. 256, comma 1, lett. b) d.lgs n. 152 del 2006, che punisce il deposito o l’abbandono di rifiut pericolosi con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda.
Ciò posto, si ribadisce che è illegale quella pena che risulti diversa per specie da quella che la legge stabilisce per quel particolare tipo di reato, ovvero sia inferiore o superiore ai limiti edittali fissati dalla norma penale di riferimento (, le tante, da ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886, e Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818 – 01).
Nel caso in esame, pertanto, il giudice, chiamato a valutare la congruità della pena della quale le parti avevano domandato l’applicazione, avrebbe dovuto considerare la natura pericolosa di alcuni dei rifiuti oggetto della condotta e la conseguente illegalità della pena oggetto del concordato di pena proposto, il cui recepimento ha comportato la determinazione contra legem della pena applicata all’imputato.
La pena in concreto applicata, solo pecuniaria, risulta, dunque, illegale, poiché l’art. 256, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 152 del 2006, prevede per il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi, come risultano essere parte di quelli oggetto del condotta contestata, la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, a causa della illegalità della pena applicata su richiesta, con la trasmissione degli att al Tribunale di Ravenna per l’ulteriore corso, affinché le parti possano, in piena liberà, concordare nuovamente la pena da applicare nell’ambito della cornice edittale applicabile alle condotte così come contestate.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Ravenna per l’ulteriore corso.
Così deciso il 9/7/2024