Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2904 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2904 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TRIESTE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso chiedendo in subordine che venga dichiarata la maturata prescrizione del reato.
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Trieste confermava la sentenza con cui il tribunale di Trieste, in data 20.12.2019, aveva condannato COGNOME NOME alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile COGNOME NOME, in relazione al reato ex art. 582, c.p., in rubrica ascrittogli.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) violazione di legge processuale, in punto di mancata notifica del decreto di citazione emesso il 19.10.2022 per il giudizio di appello fissato per la data dell’8.11.2022 all’AVV_NOTAIO, nuovo difensore di fiducia dell’imputato, in quanto il precedente, AVV_NOTAIO, aveva rinunciato al mandato difensivo, informandone la corte di appello in data 12.10.2022, e allo stesso COGNOME, che aveva effettuato una nuova elezione di domicilio presso il nuovo difensore di fiducia, atti depositati presso la cancelleria della corte di appello alle ore 10.00 del 20.10.2022, sicché non possono ritenersi valide le notifiche effettuate, via pec, lo stesso 20.10.2022, all’AVV_NOTAIO, nominata difensore di ufficio in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, e a quest’ultimo, in qualità di domiciliatario dell’imputato, non potendosi condividere l’affermazione della corte territoriale, secondo cui per valutare la ritualità della notifica al difensore e all’imputato occorre fare riferimento alla data del deposito del decreto di fissazione dell’udienza, vale a dire, nel caso in esame al 19.10.2022, quando unico difensore dello COGNOME risultava essere il solo avvocato COGNOME e domiciliatario era l’AVV_NOTAIO, che si era limitato a rinunciare al mandato, senza che l’elezione di domicilio, a tale data, fosse stata disdetta; 2) violazione di legge, in quanto nel decreto di citazione a giudizio emesso il 19.10.2022, che annullava e sostituiva quello emesso in precedenza in data 15.9.2022, risulta omessa l’indicazione della sezione della corte di appello assegnataria del giudizio nei confronti dello COGNOME; 3) mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dall’escussione in
qualità di teste della signora NOME COGNOME, teste della parte civile, cui quest’ultima aveva rinunciato, pur non avendo la difesa dell’imputato accettato tale rinuncia.
2.1. Con memoria del 21.8.2023 l’AVV_NOTAIO, difensore della parte civile, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile o rigettato, con condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, come da allegata nota spese.
La sentenza impugnata va annullata con rinvio per le seguenti ragioni
Manifestamente infondato appare il primo motivo di ricorso.
Come affermato all’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, in tema di notificazione all’imputato, nessun rilievo può attribuirsi ad una dichiarazione o elezione di domicilio che interviene dopo il deposito in cancelleria del provvedimento da notificare dovendosi tener conto della predetta dichiarazione o elezione solo per la notificazione degli atti successivi (cfr. Sez. 6, n. 51998 del 30/09/2014, Rv. 261447).
In tema di notificazioni all’imputato, infatti, la modifica dell’elezione o dichiarazione di domicilio, intervenuta tra il deposito dell’atto e la consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica, non assume rilievo se non ai fini della notificazione degli atti successivi, in quanto il procedimento di notificazione inizia nel momento stesso dell’adozione dell’atto (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 4052 del 16/10/2020, Rv. 280594, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che correttamente il verbale che disponeva la rinnovazione del decreto di citazione era stato notificato al domicilio eletto risultante al momento in cui il provvedimento era stato adottato, a nulla rilevando che, prima che l’atto fosse stato inoltrato per la notifica, l’imputato avesse fatto pervenire una modifica della precedente elezione di domicilio, nonché Sez. 2, n. 17017 del 17/03/2022, Rv. 283115).
Ne discende che la rituale esecuzione della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello al difensore di fiducia non determina, a carico dell’ufficio procedente, alcun obbligo di ulteriore notifica al
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nuovo difensore nominato nel corso del processo, ancorché l’altro difensore risulti essere stato revocato, sicché la relativa omissione non è causa di nullità. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che al difensore che aveva assunto il mandato con atto successivo alla fissazione del processo e depositato il giorno dell’udienza, fosse dovuta la notifica del verbale di rinvio, gravando sullo stesso l’onere di informarsi circa la data della successiva udienza: cfr. Sez. 2, n. 30185 del 22/07/2020, Rv. 279858).
Sotto altro profilo si osserva che, come affermato dall’orientamento da lungo tempo prevalente nella giurisprudenza di legittimità, l’elezione di domicilio, ex art. 161, c.p.p., perdura fino a quando non viene espressamente e ritualmente revocata e non viene meno per la sola sostituzione del difensore, poiché la nomina del difensore e l’elezione di domicilio sono atti distinti aventi finalità diverse. (Fattispecie nella quale la Corte ha dichiarato la nullità del giudizio di secondo grado in quanto la notificazione del decreto di citazione in appello era stata effettuata presso il nuovo difensore di ufficio nominato ex art. 91, comma 1, c.p.p., mentre l’elezione di domicilio, mai revocata, risultava effettuata presso lo studio del primo difensore di ufficio nominato in sede di identificazione: cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 55242 del 15/10/2018, Rv. 274169; Sez. 1, n. 362 del 20/02/1984, Rv. 163083).
Ne consegue che correttamente il decreto di citazione per il giudizio dì appello è stato notificato, da un lato, all’AVV_NOTAIO, che, alla data del deposito in cancelleria del decreto di citazione per il giudizio di appello, avvenuto il 19.10.2022, era l’unico difensore dell’imputato, a nulla rilevando che il giorno successivo era stata depositata nomina del nuovo difensore di fiducia, nella persona dell’AVV_NOTAIO, dall’altro, all’AVV_NOTAIO, per l’imputato, posto che, alla stessa data, l’elezione di domicilio presso il suddetto difensore, che aveva rinunciato al mandato, come correttamente rilevato dalla corte territoriale, non era mai stata modificata dallo COGNOME, né revocata dall’AVV_NOTAIO.
Anche il secondo motivo di ricorso appare manifestamente infondato.
Come correttamente rilevato dalla parte civile il decreto di citazione in appello, conteneva l’espressa indicazione della Sezione Unica Penale quale sezione assegnataria del fascicolo processuale, nonché l’espressa indicazione della stanza n. 195 del primo piano del palazzo di giustizia di Trieste.
La Corte d’Appello di Trieste, fino al 16/09/2022, era composta da solo due Sezioni Penali; successivamente, come risulta dal relativo provvedimento del Presidente della Corte d’Appello, allegato alla memoria della parte civile, è stata effettuata una variazione tabellare urgente determinata dalla carenza di magistrati, che ha condotto alla soppressione di una delle due sezioni.
Ciò posto, va innanzitutto rilevato che, alla luce dell’orientamento ormai prevalente nella giurisprudenza di questa Corte, non integra nullità del decreto di citazione per il giudizio d’appello l’erronea, ovvero l’omessa indicazione della sezione dinanzi alla quale le parti devono comparire, non rientrando la violazione di tale indicazione tra le cause di nullità previste dall’art. 601, comma sesto, c.p.p. (cfr., ex ,Sez. 6, n. 36084 del 16/07/2009, Rv. 244776; Sez. 4, n. 16093 del 15/02/2018, Rv. 272478).
Né al riguardo appare conferente il precedente giurisprudenziale citato dal ricorrente, relativo a una fattispecie in cui la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di secondo grado, per violazione del diritto di difesa, in quanto il decreto di citazione per il giudizio di appello stabiliva che le parti dovevano comparire innanzi alla seconda sezione della corte d’appello mentre il processo veniva celebrato in contumacia dell’imputato e in assenza del difensore dalla prima sezione della medesima corte (cfr. Sez, 5, n. 3868 del 07/10/2014, Rv. 262174).
Nel caso in esame, infatti, era impossibile essere tratti in inganno, posto che le sezioni penali della corte di appello di Trieste erano state ridotte ad una sola con il menzionato provvedimento del 16.9.2022 e il difensore dell’imputato, come si evince dalla lettura degli atti, consentita in questa sede, essendo stato dedotto un error in procedendo, era stato
presente sia all’udienza dell’8/11/22, che a quella del 29/11/22, senza sollevare alcuna eccezione.
Anche il terzo motivo di ricorso appare inammissibile.
Al riguardo è sufficiente osservare che, come chiarito dall’orientamento da tempo dominante in sede di legittimità, stante l’eccezionalità dell’istituto processuale contemplato nell’art. 603 c.p.p., il mancato accoglimento della richiesta volta ad ottenere la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale può essere censurato in sede di legittimità solo quando risulti dimostrata l’esistenza, nel tessuto motivazionale che sorregge la decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità ricavabili dal testo del medesimo provvedimento (come previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.) e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate qualora fosse stato provveduto, come richiesto, all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in sede di appello (cfr., ex plurimis, Cass., sez. III, 23/05/2013, n. 45647; Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, Rv. 273577; Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014, Rv. 261799).
Lacune e manifeste illogicità che, nel caso in esame non appaiono configurabili e che il ricorrente non ha nemmeno specificamente indicato, limitandosi ad affermare apoditticamente che l’escussione della COGNOME, citata come teste dalla parte civile, la quale vi aveva, poi, rinunciato, avrebbe consentito di verificare la credibilità della persona offesa.
Come si è detto la sentenza impugnata va tuttavia annullata sotto il profilo del trattamento sanzionatorio.
E invero, come evidenziato in sede di legittimità, in tema di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenute procedibili a querela per effetto dell’art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sussiste la competenza per materia del giudice di pace, dovendo il mancato coordinamento di tale disposizione con quella di cui all’art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, essere risolto attraverso l’interpretazione estensiva di tale ultima disposizione, conformemente alla volontà del legislatore riformatore di
estendere la competenza della predetta autorità giudiziaria a tutti i casi di lesioni procedibili a querela (cfr. Sez. 5, n. 12517 del 10/01/2023, Rv. 284375).
In tema di lesioni personali lievi, divenute procedibili a querela per effetto dell’art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs 10 ottobre 2022, n. 150, pertanto, rientrando il delitto nella competenza per materia del giudice di pace, è illegale l’inflizione della pena della reclusione, anche nel caso in cui esso sia stato commesso prima dell’entrata in vigore della suddetta disposizione normativa o sia stato giudicato da un giudice diverso (cfr. Sez. 5, n. 10669 del 31/01/2023, Rv. 284371).
Orbene, nel caso in esame, in presenza di lesioni personali ritenute guaribili in trenta giorni, la pena inflitta allo COGNOME deve ritenersi illegale, essendo stata determinata nella misura di mesi tre e giorni dieci di reclusione.
Sul, punto, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame alla corte di appello di Venezia.
Va, infine, rigettata l’eccezione, formulata in udienza dal difensore dell’imputato, volta a far valere l’estinzione del reato per compiuto decorso del relativi termine di prescrizione, posto che, allo stato, tenuto conto dell’intervenuta sospensione del relativo decorso per un tempo pari a 179 giorni, il suddetto termine non risulta perento.
La non completa soccombenza agli effetti penali dello COGNOME implica che quest’ultimo non sia condannato al pagamento delle spese processuali.
Agli effetti civili, ai quali è estranea la ragione dell’annullamento, l’imputato va, invece, condannato in favore della parte civile alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute da quest’ultima nel presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 3610,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame alla corte di appello di Venezia Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Condanna, inoltre, l’imputato
alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 3610,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 22.9.2023.