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Pena illegale: no ricorso per sospensione condizionale

La Procura Generale impugna una sentenza di patteggiamento sostenendo l’illegalità della pena per errata concessione della sospensione condizionale. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che un errore nella concessione della sospensione non costituisce una pena illegale, ma una questione da risolvere in fase di esecuzione.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Illegale e Sospensione Condizionale: La Cassazione Traccia i Confini

Nel complesso panorama del diritto processuale penale, la definizione di pena illegale assume un’importanza cruciale, specialmente nell’ambito delle sentenze di patteggiamento, le cui possibilità di impugnazione sono limitate. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9963 del 2025, offre un chiarimento fondamentale: un’eventuale erronea applicazione della sospensione condizionale della pena non rientra nel concetto di pena illegale e, pertanto, non può essere motivo di ricorso per cassazione. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso e la Sentenza di Patteggiamento

Il caso nasce da una sentenza del Tribunale di Brescia che, su richiesta dell’imputato e con il consenso del Pubblico Ministero, ha applicato una pena patteggiata. Il reato originario è stato riqualificato e, applicando la diminuente per il rito, la pena finale è stata fissata in due anni di reclusione e 500 euro di multa. Cruciale è stata la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la pena inflitta fosse illegale. Il motivo del ricorso si basava sulla presunta violazione dell’art. 163 del codice penale, che disciplina proprio la sospensione condizionale.

Il Ricorso del Procuratore: la tesi della pena illegale

Il Procuratore Generale ha argomentato che la concessione della sospensione condizionale fosse illegittima. Secondo la tesi accusatoria, la pena detentiva di due anni già raggiungeva il limite massimo per la concessione del beneficio. L’aggiunta della pena pecuniaria, se convertita, avrebbe superato tale soglia, rendendo la sospensione una violazione di legge e, di conseguenza, la pena inflitta una pena illegale ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Questa norma consente, in via eccezionale, di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento proprio quando la pena applicata è illegale. L’intero ricorso si fondava quindi sulla possibilità di qualificare l’errore sulla sospensione come un vizio intrinseco della pena stessa.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Le argomentazioni dei giudici sono state chiare e si sono sviluppate lungo due direttrici principali.

La Nozione di Pena Illegale

In primo luogo, la Corte ha ribadito la propria consolidata giurisprudenza sul concetto di pena illegale. Una pena è illegale solo in due casi:

1. Quando non è prevista affatto dalla legge per quel tipo di reato.
2. Quando, pur essendo prevista, eccede i limiti edittali massimi o minimi stabiliti dalla norma.

Al di fuori di questi casi, eventuali errori di interpretazione o di calcolo che non portano a superare i limiti edittali non configurano un’ipotesi di pena illegale. Un errore nell’applicazione di un beneficio come la sospensione condizionale, secondo la Corte, non incide sulla determinazione della pena entro i suoi limiti legali, ma riguarda un momento successivo: la sua esecuzione.

Sospensione Condizionale: Errore Esecutivo, non Vizio della Pena

In secondo luogo, la Cassazione ha specificato che il superamento della soglia del biennio a causa della conversione della pena pecuniaria non è più un ostacolo alla concessione della sospensione. La sospensione, infatti, opera sull’esecuzione della pena, non sulla sua determinazione astratta.

Ancora più importante, la Corte ha richiamato precedenti pronunce (tra cui Cass. n. 29950/2022) in cui si è affermato che denunciare la concessione della sospensione condizionale in presenza di cause ostative (come precedenti condanne) non configura un motivo di ricorso per pena illegale. Si tratta, infatti, di un vizio che non riguarda il calcolo della pena, ma la sua esecuzione. Pertanto, l’eventuale errore può essere corretto non tramite un ricorso per cassazione, ma attraverso un incidente di esecuzione davanti al giudice competente.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio fondamentale: la nozione di pena illegale, che consente l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento, ha confini ben definiti e non può essere estesa a ogni presunto errore commesso dal giudice. L’erronea concessione del beneficio della sospensione condizionale non rende la pena illegale, ma costituisce una questione attinente alla fase esecutiva della sentenza. La via per contestare tale errore non è il ricorso per cassazione, ma l’istanza al giudice dell’esecuzione. Questa distinzione è essenziale per garantire la stabilità delle sentenze di patteggiamento e per incanalare le contestazioni verso gli strumenti processuali corretti.

Quando una pena può essere definita illegale secondo la Cassazione?
Una pena è considerata illegale quando non è prevista dalla legge per il reato contestato o quando la sua misura supera i limiti massimi o minimi stabiliti dalla norma (limiti edittali).

L’errata concessione della sospensione condizionale rende la pena illegale?
No. Secondo la sentenza, un errore nella concessione della sospensione condizionale della pena non rientra nel concetto di pena illegale, poiché non incide sul calcolo della pena entro i limiti edittali, ma riguarda la sua fase di esecuzione.

Come si può rimediare a un’errata concessione della sospensione condizionale in una sentenza di patteggiamento?
Non attraverso un ricorso per cassazione basato sulla tesi della pena illegale, ma proponendo un incidente di esecuzione davanti al giudice dell’esecuzione, che è l’organo competente a risolvere le questioni relative all’esecuzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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