Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30381 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30381 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bologna nel procedimento a carico di NOME COGNOME nato in Ucraina 1’1/6/1997 avverso la sentenza dell’11/2/2025 emessa dal Tribunale di Bologna visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il ricorrente impugna la sentenza con la quale all’imputato veniva applicata la pena complessiva di mesi 5 e giorni 10 di reclusione, in ordine ai reati di
resistenza a pubblico ufficiale e violazione di domicilio.
Con l’unico motivo di ricorso, si deduce l’illegalità della pena, posto che il giudice, avendo ritenuto come reato più grave la resistenza a pubblico ufficiale, aveva determinato la pena base in mesi 6 di reclusione, per poi apportare un aumento a titolo di continuazione di 2 mesi.
Il criterio di quantificazione della pena risulterebbe illegale, non avendo rispettato il principio per cui, nel caso di continuazione, la pena prevista per il reato ritenuto più grave non può essere inferiore al minimo della pena prevista per il reato posto in continuazione.
Il ricorrente dava atto che l’accordo tra le parti risultava erroneo anche in ordine ad ulteriori profili (omesso aumento per l’aggravante di cui all’art. 61, n. 2 cod. pen. e per la continuazione interna in relazione all’art. 337 cod. pen.) che, tuttavia, non determinando l’illegalità della pena, non erano oggetto di ricorso.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Occorre premettere che le parti, nel concordare la pena, stabilivano che l’ipotesi più grave fosse quella prevista dall’art. 337 cod. pen., per la quale prevedevano la pena di mesi 6 di reclusione (pari al minimo edittale previsto per tale reato), per poi apportare un aumento di 2 mesi per il reato di cui all’art. 614 cod. pen. (sulla base della riqualificazione dell’ordinaria contestazione del reato di tentato furto), in tal modo pervenendo alla pena di mesi 8 di reclusione, ridotta per il rito a mesi 5 e giorni 10.
L’accordo intervenuto tra le parti e ratificato dal giudice ha dato luogo all’applicazione di una pena illegale che, conseguentemente, consente l’impugnazione ai sensi dell’art. 448 cod. proc. pen.
2.2. Per consolidata giurisprudenza, nel caso di concorso di reati puniti con sanzioni omogenee, sia nel genere che nella specie, per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l’individuazione del concreto trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può comportare l’irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista per uno dei reati satellite (Sez.U, n. 25939 del 28/2/2013, COGNOME, Rv.255348; principio da ultimo
ribadito da Sez.3, n. 18099 del 15/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279275).
Tale principio è stato affermato sul presupposto che, in tema di reato continuato, la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice, in rapporto alle singol circostanze e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse.
Una volta individuata la violazione più grave, il giudice non potrà determinare la pena base in misura inferiore rispetto al minimo della pena prevista per i reati posti in continuazione, posto che così facendo andrebbe ad alterare il principio per cui l’individuazione del reato più grave va fatta in astratto e sulla base delle pena edittale prevista.
2.3. Applicando tali principi al caso di specie, deve in primo luogo evidenziarsi come i reati oggetto di giudizio prevedono una diversificazione tra la pena minima e quella massima, per cui il reato di cui all’art. 337 cod. pen. è punito da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 5 anni, mentre il reato di cui all’art. 614 cod. pen. prevede la pena minima di 1 anno e quella massima di 4 anni.
Nella determinazione del reato più grave deve farsi riferimento alla pena massima e, quindi, correttamente è stata ritenuta, ai fini della continuazione, quale violazione più grave, quella di cui all’art. 337 cod. pen.
Tuttavia, la quantificazione della pena per tale reato non poteva essere inferiore ad 1 anno, non potendosi scendere al di sotto del limite edittale minimo previsto per il reato posto in continuazione.
Deve applicarsi, pertanto, il principio secondo cui in caso di pluralità di reati sanzionati con pena di identica specie, ove l’uno sia punito con pena più elevata nel massimo e l’altro con pena più elevata nel minimo, non è possibile irrogare una pena inferiore alla pena base minima prevista per uno dei reati unificati (Sez.5, n. 12473 dell’11/2/2010, COGNOME, Rv. 246559; si veda anche Sez.3, n. 6828 del 17/12/2014, dep.2015, Seck, Rv. 262528).
2.4. Per completezza, deve precisarsi che, nel caso di specie, non si è presenza di un mero errore di computo della pena applicata, bensì è stato violato il limite del minimo edittale previsto nel caso di continuazione tra reati.
In base al principio in precedenza esposto, il criterio mitigatore introdotto all’art. 81 cod. pen. non consente di travalicare i limiti edittali previsti per ciascun dei reati posti in continuazione, sicchè, ove la pena sia determinata in violazione di tali limiti, si rientra nell’ipotesi della pena illegale.
La giurisprudenza ha chiarito, infatti, che non configura un’ipotesi di pena illegale la sanzione che sia complessivamente legittima, ma determinata secondo un percorso argomentativo viziato (tra le tante Sez.5, n. 8639 del 20/1/2016, COGNOME, Rv.266080; Sez.5, n. 18304 del 23/1/2019, COGNOME, Rv.
275915). L’illegalità della pena, pertanto, deve essere esclusa qualora la pena, sia pur erroneamente determinata, corrisponda comunque, per specie e quantità,
a quella astrattamente prevista dalla fattispecie incriminatrice (Sez.6, n. 28031
del 27/4/2021, PG/COGNOME, P.v. 282104).
Ben diversa è l’ipotesi oggetto di giudizio, in cui la pena base per il reato più
grave è stata determinata in violazione del limite minimo edittale previsto non già
con riguardo al singolo reato, bensì al concorso di reati ritenuti in continuazione.
L’ipotesi della continuazione, nella misura in cui introduce un limite edittale interno per cui la pena base per il reato più grave non può essere inferiore a quella
prevista per il reato posto in continuazione, dà luogo ad un limite edittale riferito a quella specifica combinazione di reati, il cui superamento risulta in ogni caso
vietato e tale da determinare l’illegalità della sanzione inflitta.
Si tratta, a ben vedere, di un errore nella determinazione della pena del tutto assimibile a quello che si verifica qualora la sentenza recepisca un accordo tra le
parti relativamente ad un reato continuato per il quale la pena base risulti quantificata, a seguito di una errata individuazione del reato più grave, in misura inferiore al minimo edittale di altro reato considerato satellite, così dando luogo ad un’ipotesi di illegalità della pena (Sez.5, n.49546 del 21/9/2018, Pg/Antinori, Rv. 274600).
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e trasmissione degli atti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna per nuovo giudizio.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Bologna, Sezione GIP.
Così deciso il 10 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Preidente