Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 41487 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 41487 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME
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L
avverso la sentenza emessa in data 09/5/2024 emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala ha applicato su richiesta, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. ad M.A. in relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia, la pena di tre anni di reclusione, sostituita, ai sensi degli artt. 545-bis cod. proc. pen e 56 della legge 24 novembre 1981, n. 689, con la detenzione domiciliare per la
medesima durata.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di RAGIONE_SOCIALE , ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il difensore censura l’illegalità della pena applicat in quanto il Giudice per le indagini preliminari ha autorizzato l’imputato a allontanarsi dal domicilio per sole «due ore al giorno», ancorché l’art. 56, comma 1, della legge n. 689 del 1981 preveda l’allontanamento «per almeno quattro ore al giorno».
2.2. Con il secondo motivo il difensore eccepisce il difetto di motivazione relativamente alla prescrizioni imposte all’imputato del «divieto di ricevere in casa frequentare e comunicare, anche telefonicamente o telematicamente, con persone estranee al nucleo familiare e di accedere in sale, bar e luoghi di riunione e d soffermarsi per strada con persone pregiudicate, nonché assuntori di sostanze stupefacenti».
Ad avviso del difensore, infatti, l’imposizione di questi divieti sarebbe pri di fondamento legale e, comunque, irragionevole e sproporzionata, in quanto non sarebbe limitata ai rapporti con la persona offesa e non sarebbe sorretta dalla necessità di contenere il pericolo di commissione di altri reati; assai più ragionevol sarebbe stato, invece, il «mantenimento del braccialetto elettronico».
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 2 settembre 2024, il Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati
Con il primo motivo, il difensore deduce l’illegalità della pena applicata, in quanto il Giudice per le indagini preliminari ha autorizzato l’imputato allontanarsi dal domicilio per sole «due ore al giorno», ancorché l’art. 56, comma 1, della legge n. 689 del 1981 preveda l’allontanamento «per almeno quattro ore al giorno».
Il motivo è inammissibile.
L’art. 56 della legge n. 689 del 1991, come sostituito dall’art. 71, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 sancisce che «La detenzione domiciliare sostitutiva comporta l’obbligo di rimanere nella propria abitazione o in altro luog di privata dimora ovvero in luogo pubblico o privato di cura, assistenza o
accoglienza ovvero in comunità o in case famiglia protette, per non meno di dodici ore al giorno, avuto riguardo a comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale, di lavoro o di salute del condannato. In ogni caso, il condannato può lasciare il domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, per provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita e di salute, secondo quanto stabilito dal giudice».
Il Giudice per le indagini preliminari, dunque, nell’autorizzare nella sentenza impugnata l’imputato ad allontanarsi dal domicilio per sole «due ore al giorno» ha violato il disposto dell’art. 56, comma 1, della legge n. 689 del 1981.
L’art. 444, comma 2-bis, cod. proc. pen. prevede, tuttavia, che il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erro qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misur sicurezza.
La giurisprudenza di legittimità ha, tuttavia, statuito che è pena illegale ab origine quella che non corrisponde, per specie ovvero per quantità, sia in difetto sia in eccesso, a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatric (Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, COGNOME Rv. 264857-01, e sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264205-01; così anche Sez. U, n. 47182 del 31/3/2022, COGNOME, Rv. 283818 – 01; nello stesso senso Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 – 01).
La Sezioni unite nella sentenza COGNOME hanno, inoltre, chiarito che la nozione di pena illegale non può estendersi «sino al punto da includere profili incidenti su regime applicativo della sanzione, a meno che ciò non comporti la determinazione di una pena estranea all’ordinamento per specie, genere o quantità» (Sez. U, n. 33809 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283689, § 9.3. del Considerato in diritto).
La determinazione, inferiore al minimo legale, delle ore giornaliere per le quali è consentito l’allontanamento diurno del condannato alla detenzione domiciliare non determina, dunque, l’illegalità della pena applicata, che permane pur sempre riconducibile al paradigma di legge nei suoi tratti essenziali.
L’art. 62 legge n. 689 del 1981 prevede, peraltro, che il magistrato di sorveglianza, nell’eseguire la sanzione applicata dal giudice della cognizione, «uando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare, il pubblico ministero trasmette l sentenza al magistrato di sorveglianza del luogo di domicilio del condannato. Il provvedimento di esecuzione è notificato altresì al difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in difetto, al difensore della fase del giudizio. Il magistrat sorveglianza procede a norma dell’articolo 678, comma 1-bis, del codice di
procedura penale e, previa verifica dell’attualità delle prescrizioni, entro quarantacinquesimo giorno dalla ricezione della sentenza provvede con ordinanza con cui conferma e, ove necessario, modifica le modalità di esecuzione e le prescrizioni della pena».
In caso di applicazione della pena della detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., dunque, la determinazione, inferiore al minimo legale, delle ore giornaliere per le quali è consentito l’allontanamento diurno può, dunque, essere rimossa non già proponendo ricorso per cassazione, ma richiesta al magistrato di sorveglianza, ai sensi dell’art. 678, comma 1, cod. proc. pen.
Con il secondo motivo di ricorso il difensore censura il difetto d motivazione relativamente alla prescrizioni imposte all’imputato del «divieto di ricevere in casa, frequentare e comunicare, anche telefonicamente o telematicamente, con persone estranee al nucleo familiare e di accedere in sale, bar e luoghi di riunione e di soffermarsi per strada con persone pregiudicate, nonché assuntori di sostanze stupefacenti».
5. Il motivo è infondato.
In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, le prescrizioni previst dall’art. 56-ter della legge 24 novembre 1981, n. 689- introdotto dall’art. 71 d.lg 10 ottobre 2022, n. 150 – per la semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliar sostitutiva e il lavoro di pubblica utilità sostitutivo non sono “pene accessorie”, cui applicazione dipende dalla discrezionale valutazione del giudice, ma costituiscono contenuto necessario e predeterminato della pena sostitutiva, da applicare obbligatoriamente anche in caso di patteggiamento (Sez. 6, n. 30768 del 16/05/2023, F., Rv. 284967 – 01; conf. Sez. 6, n. 33860 del 13/06/2024, non massimata).
La richiesta formulata dall’imputato per l’applicazione di dette pene sostitutive, ovvero il consenso prestato alla richiesta del pubblico minister comporta, dunque, necessariamente l’accettazione delle prescrizioni che le connotano, indipendentemente dal fatto che siano state previste o meno nella richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’art. 44 cod. proc. pen.
6. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16/10/2024.