Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22116 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22116 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI GENOVA nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato in Albania il 28/11/1986 avverso la sentenza del 14/01/2025 del GIP TRIBUNALE di SAVONA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, con l’annullamento della sentenza e trasmissione degli atti al Tribunale di Savona, per l’ulteriore corso; ricorso trattato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso per cassazione avverso la sopra indicata sentenza d applicazione della pena per il reato di rapina, il Procuratore generale press Corte di appello di Genova ha presentato ricorso lamentando erronea applicazione della legge penale e processuale in ordine alle condizioni soggetti per la sostituzione della pena detentiva nonché sui limiti di impugnazione del sentenze di patteggiamento (art. 628, comma 3, n. 3 quinquies, cod. pen., art. 59 L. 689/1981 nonché art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen., rispettivamente).
In particolare, si lamenta che la pena base sia stata individuata in 5 anziché 6, come previsto dalla versione novellata dell’art. 628, comma 3, cod pen., ed inoltre, che sia stata sostituita la pena detentiva con la dete
t
domiciliare con prescrizioni, a dispetto della preclusione prevista dal combina disposto dell’art. 59 I. 689/1981 e 4 bis della legge di Ordinamento Penitenziar per il caso di rapina aggravata.
Hanno inviato memoria tanto la difesa dell’imputato, chiedendo l’inammissibilità del ricorso, quanto il Sostituto Procuratore generale, inst per l’accoglimento del ricorso, l’annullamento della sentenza e la trasmissio degli atti al Tribunale di Savona, per l’ulteriore corso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
È opportuno innanzitutto ricordare quali siano i limiti entro i quali ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza che ha applicato la pena in base alla procedura prevista dagli artt. 444 e seguenti cod. proc. pen..
Il comma 2 bis dell’art. 448, inserito dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, c recita: “Il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso p cassazione contro la sentenza (di patteggiamento, n.d.r.) solo per moti attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazio la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del f all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”.
Quanto alla pena, quindi è solo l’illegalità, e non l’illegittimità, ch giustificare il ricorso.
Appare superfluo, ai fini della presente decisione, ripercorrere l’origin l’evoluzione della elaborazione giurisprudenziale della categoria dell’illegalità d pena (sul punto, si rinvia a Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, COGNOME, R 283689 – 01); è sufficiente ricordare che la pena è illegale non quando consegu ad una mera erronea applicazione dei criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio, alla quale l’ordinamento reagisce approntando i rimedi processual delle impugnazioni, ma solo quando non sia prevista dall’ordinamento giuridico ovvero sia superiore ai limiti previsti dalla legge o sia più grave per gene specie di quella individuata dal legislatore.
Tale conclusione si impone in quanto «irrogare una sanzione diversa per specie e/o quantità rispetto ai confini edittali impegna il valore costituzio della legalità della pena di cui all’art. 25 Cost., che resterebbe vulnerato se potesse porre rimedio, anche d’ufficio, all’errore del giudice del gr precedente» (Sez. 2, n. 12991 del 19/02/2013, Stagno, Rv. 255197; così anche Sez. 5, n. 44897 del 30/09/2015, Galizia Lima, Rv. 265529; Sez. 1, n. 33326 del
14/02/2017, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 40896 del 28/03/2017, COGNOME, non mass.). Può dunque concludersi nel senso che la pena che non sia prevista, nel genere, nella specie o nella quantità, dall’ordinamento, è una pena attesta un abuso del potere discrezionale attribuito al giudice, con l’usurpaz dei poteri esclusivi del legislatore.
Ciò premesso, e passando al merito delle questioni sollevate dal ricorso va innanzi tutto rilevata la manifesta infondatezza della prima deduzione.
Infatti, la pena applicata non è inferiore al minimo edittale.
Come si legge in sentenza, la pena base è stata indicata in 5 anni reclusione a seguito della riduzione conseguente al riconoscimento dell circostanza attenuante dell’avvenuto risarcimento (art. 62 n. 6, cod. pen. delle circostanze attenuanti generiche, evidentemente (ancorché non esplicitamente) ritenute prevalenti sulla contestata aggravante de commissione del fatto ai danni di persona ultrasessantacinquenne.
L’applicazione delle attenuanti ha avuto perciò un primo ‘impatto’ sull selezione della pena base (che ritorna ad essere quella per il reato base cinque anni di reclusione, oltre alla pena pecuniaria) e quindi sulle succes riduzioni fino alla pena in concreto applicata.
Appare infine necessario sottolineare che alla suddetta operazione non è ostativa la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 628 cod. pen. che ren ‘impermeabili’ al giudizio di prevalenza o equivalenza con circostanze attenuant le sole aggravanti ad effetto speciale previste dal precedente “terzo comma numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater)” (art. 628, quinto comma, cod. pen.) non la circostanza, contestata nel caso concreto, prevista dal successi numero 3-quinquies.
Manifestamente infondato è anche l’ulteriore profilo dedotto con il ricorso: pur essendo corretta la premessa del ragionamento posto a base del motivo, vale a dire che la sostituzione della pena detentiva sia stata dispost un caso in cui essa non è consentita dalla legge, è errata la conseguenza che pretende di trarne.
Come correttamente evidenziato nel ricorso (pg. 2), il disposto dell’art. della Legge 24 novembre 1981, n. 689, integralmente riscritto dalla c.d. Riforma Cartabia (in particolare, dall’art. 71, comma 1, lett. g, del D L.vo 10 ott 2022, n. 150) prevede, alla lettera d), che la pena non possa essere sostit “nei confronti dell’imputato di uno dei reati di cui all’art. 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (salva la ricorrenza di una attenuante nel caso n sussistente). Ebbene, la disposizione da ultimo citata, nell’amb dell’Ordinamento
Penitenziario, include il delitto di rapina aggravata nelle ipotesi dell’art terzo comma, del codice penale.
Tuttavia, la riscontrata violazione di legge, se rende illegittim sostituzione disposta nella sentenza del Giudice per le indagini preliminari
Tribunale di Genova, non rende la pena illegale.
Disporre, infatti, la sostituzione della pena detentiva in uno dei casi in cui non è consentito, costituisce una violazione del regime applicativo ma non
comporta lo snaturamento della pena stessa. Secondo la nozione elaborata dalla sopra citata sentenza delle Sezioni Unite Miraglia, la pena illegale non p
estendersi “sino ad includere profili incidenti sul regime applicativo d sanzione, a meno che ciò non comporti la determinazione di una pena estranea
all’ordinamento, per specie, genere o quantità”. Semplificando, si potrebbe di quommodo
che l’errore sull’an, piuttosto che sul della pena, ne comporti
l’illegalità.
Nel caso concreto, in linea con precedenti arresti della giurisprudenza d legittimità, da ultimo orientatasi in tal senso, l’errore commesso dal giu
disponendo la sostituzione in un caso in cui essa non è consentita incide sul modalità applicativa di una sostituzione comunque possibile in principio, di t che non vi è alcun rischio di illegalità sanzionatoria (Sez. 6, n. 41487 16/10/2024, M, Rv. 287261 – 01; Sez. 3, n. 18887 del 27/02/2024 Malik, Rv. 286307 – 01).
Ne consegue che l’applicazione della sanzione sostitutiva a dispetto del combinato disposto degli artt. 59 I. depenalizzazione e 4 bis della legge di Ordinamento Penitenziario, non è illegale perché il giudice di merito non ha inflitto una pena che non sia prevista, nel genere, nella specie o nella quant dall’ordinamento, ma ha errato nel valutare un presupposto applicativo della sostituzione, sicché la pena è illegittima, non illegale, con la conseguenza non può essere proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen.
Dalla manifesta infondatezza di entrambi i motivi proposti deriva l’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 7 maggio 2025 Il Cons . gliere relatore COGNOME
)3 Presidente