Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15659 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15659 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 01/04/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 547/2025
NOME COGNOME
CC – 01/04/2025
NOME
– Relatore –
R.G.N. 41063/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a BARI il 14/05/1948 COGNOME NOME nato a BARI il 16/07/1969 COGNOME nato a BARI il 14/05/1981 COGNOME nato a BARI il 08/01/1961 COGNOME NOME nato a BARI il 04/01/1979
NOME nato a BARI il 23/07/1979
avverso l’ordinanza del 10/07/2024 del GIP TRIBUNALE di BARI Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG ha chiesto lÕinammissibilitˆ dei ricorsi, letta la memoria di replica del difensore.
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, propongono, a mezzo del comune difensore, ricorso per cassazione avverso lÕordinanza, in data 10/07/2024, con la quale il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bari, in funzione di giudice dellÕesecuzione, ha rigettato lÕistanza con la quale si chiedeva di dichiarare illegale e non
eseguibile la pena applicata, ai sensi dellÕart. 444 cod.proc.pen., con sentenza in data 18/12/2019, passata in giudicato e la confisca con essa disposta, per mancanza di un valido titolo esecutivo, per essere stata emessa, la sentenza di patteggiamento, in presenza di contestazione del delitto di cui allÕart. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, in violazione dellÕart. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000.
A sostegno dei ricorsi deducono tre motivi.
2.1 Con il primo motivo deducono la violazione di cui allÕart. 606 comma 1, lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 13 – bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, art. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, art. 444 cod.proc.pen. e vizio di motivazione.
Argomentano i ricorrenti che l’articolo 13 bis comma 2, d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 stabilisce espressamente la preclusione al rito del patteggiamento in difetto di integrale pagamento del debito tributario e quanto ai reati dichiarativi distingue l’ipotesi della spontaneitˆ del pagamento prima della formale conoscenza dell’avvio di ispezioni e verifiche o di attivitˆ di accertamento penale, che costituisce causa di non punibilitˆ, dall’ipotesi del pagamento avvenuto successivamente, ma prima dell’apertura del dibattimento che consente di accedere al rito del patteggiamento beneficiando di una circostanza attenuante.
Nel caso di specie, i ricorrenti, non avendo pagato integralmente il debito tributario prima della conoscenza, non potevano beneficiare della causa di non punibilitˆ di cui all’articolo 13, dovendo viceversa trovare applicazione, in assenza altres’ di pagamento posticipato, l’art. 13 bis comma 2, e quindi il divieto di accedere allÕapplicazione di pena ex art. 444 cod.proc.pen.. Sarebbe evidente, allora, l’illegittimitˆ del ragionamento dell’ordinanza impugnata che avrebbe richiamato un precedente giurisprudenziale secondo cui l’estinzione del debito tributario non rappresenterebbe un obbligo per poter accedere al rito alternativo, pronuncia in contrasto con altro orientamento secondo cui nei delitti dichiarativi l’adempimento del debito tributario costituisce conditio sine qua non per accedere al rito previsto. In presenza di contrasto interpretativo che è rilevante nel caso in esame, i ricorrenti chiedono lÕassegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
2.2. Con il secondo motivo deducono la violazione di cui allÕart. 606 comma 1, lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 444 cod.proc.pen., 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, 568 comma 4, 665, 670 cod.proc.pen.
Argomentano i ricorrenti che l’accordo ratificato con la sentenza n. 1733/19 sarebbe frutto di valutazioni complessive sulle quali avrebbe influito anche il delitto di cui all’art. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per il quale l’accesso al patteggiamento era precluso in assenza dell’estinzione del debito tributario. PoichŽ l’accordo comprendeva un reato per cui è precluso il patteggiamento, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice dell’esecuzione, non potrebbe ritenersi legittima lÕapplicazione di pena sol perchŽ raggiunti, gli imputati, da altri reati per i quali sarebbe ammissibile il rito del patteggiamento, In ogni caso, sussisterebbe l’interesse a far valere l’illegalitˆ della pena
applicata, illegalitˆ che il giudice dell’esecuzione pu˜ rimuovere al pari del giudice della cognizione, atteso che dall’applicazione del patteggiamento è scaturita la confisca obbligatoria, da cui l’interesse dei ricorrenti alla rimozione della pena illegale inflitta con la sentenza in oggetto e la rimozione della confisca.
In definitiva, la pena concordata sarebbe illegale perchŽ scaturente da un accesso al rito del patteggiamento non consentito e dunque non era e non è eseguibile. Chiedono altres’ la sospensione dellÕesecuzione.
2.3. Con il terzo motivo deducono la violazione di cui allÕart. 606 comma 1, lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 5 e 12 bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, 444 e 676 cod.proc.pen.
Deducono i ricorrenti lÕillegalitˆ della disposta confisca, conseguente ad una sentenza di applicazione di pena illegittima in quanto non avrebbe dovuto essere pronunciata.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto lÕinammissibilitˆ del ricorso per carenza di interesse ad impugnare e manifesta infondatezza dei motivi. Il ricorso, deducendo lÕassenza dei presupposti richiesti dallÕart. 13 bis comma 2 D.L.vo n. 74/2000 per lÕammissione al patteggiamento, sarebbe diretto ad ottenere la revoca della sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod.proc.pen., e con essa anche la revoca della confisca per illegalitˆ derivata, situazione rispetto la quale i ricorrenti non avrebbero alcun interesse tenuto conto che non è consentita una reformatio in peius su ricorso del solo imputato che conseguirebbe dallÕeliminazione della riduzione di pena e dei connessi benefici conseguenti al rito prescelto. NŽ sarebbe ravvisabile una ipotesi di pena illegale come delineata dalla più recenti pronunce delle Sezioni Unite.
Il ricorso, i cui motivi possono essere trattati congiuntamente, è infondato.
Va rilevato che nei confronti dei ricorrenti è stata emessa sentenza, su accordo sulle parti, ai sensi dellÕart. 444 cod.proc.pen., in relazione ai reati di cui agli artt. 416, 512 bis cod.pen., artt. 4 e 4 bis della legge n. 401 del 1989, artt. 73 e 75 del d.Lgs n. 159 del 2011, 640 comma 2 n. 1 cod.pen. art. 5 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, in data 18/12/2019, irrevocabile. Con la medesima sentenza è stata disposta la confisca per equivalente ai sensi dellÕart. 640 quater cod.pen. e art. 12 bis d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.
I ricorrenti hanno adito il giudice dellÕesecuzione sostenendo lÕillegalitˆ della pena patteggiata per effetto della mancanza dei presupposti, di cui allÕart. 13 bis comma 2 del d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per accedere al rito, con conseguente mancanza di un valido titolo esecutivo per eseguire la pena e la confisca disposta in conseguenza.
Occorre brevemente esporre il quadro normativo di riferimento.
L’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, inserito dal d.lvo n. 158 del 2015, prevede che “per i delitti di cui al presente decreto (al d.lgs. n. 74 del 2000) lÕapplicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale pu˜ essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1 (prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti), nonchè il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2.
La norma, dunque, la salva l’applicazione delle ipotesi di cui all’art. 13, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo.
LÕart. 11 del decreto n. 158/2015 aveva sostituito il previgente art. 13 del d. lgs. n. 74/2000. Nello specifico, aveva introdotto l’estinzione del debito tributario (comprensivo di sanzioni e interessi) come causa di non punibilitˆ per un significativo elenco di reati, secondo per˜ diverse scansioni temporali.
LÕadempimento del tributo estingue i reati di omesso versamento delle imposte certificate (art. 10-bis), omesso versamento Iva (art. 10-ter) e indebita compensazione mediante utilizzo di crediti non spettanti (art. 10-quater, comma 1), qualora avvenga prima dell’apertura del dibattimento di primo grado.
I reati di dichiarazione infedele (art. 4) e omessa dichiarazione (art. 5) sono non punibili se il debito tributario (comprensivo di interessi e sanzioni) è stato estinto mediante il pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione previsto per il periodo di imposta successivo a condizione per˜ che il ravvedimento o la presentazione intervengano prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attivitˆ di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
L’art. 39, comma 1, lett. q-bis), d. n. 124 del 2019 ha modificato l’art.13 d.l. n. 74 del 2000, che consente la non punibilitˆ di alcuni reati tributari a fronte del pagamento del debito tributario, ha aggiunto – tra i reati che si estinguono con l’integrale pagamento del debito tributario prima che l’interessato abbia notizia dell’apertura del procedimento a suo carico – quello di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000) e quello di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000).
LÕart. 12 del decreto legislativo n.158/2015 ha inserito nel corpo del d. lgs. 74/2000 lÕart. 13-bis, rubricata con il titolo Òcircostanze attenuantiÓ al primo comma che lÕeventuale estinzione del debito tributario intervenuta prima dellÕapertura del dibattimento, mediante integrale pagamento degli importi dovuti (anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione previste dalle norme tributarie), fuori dai casi in cui integra la causa di non punibilitˆ, è circostanza attenuante ad effetto speciale
(riduzione sino alla metˆ della sanzione edittale) ed esclude lÕapplicazione delle pene accessorie ex art. 12.
La giurisprudenza di legittimitˆ, per quanto qui di rilievo, ha chiarito che il pagamento del debito tributario, quale condizione di accesso al rito del patteggiamento opera con effetti diversi a seconda della scansione temporale in cui interviene e segnatamente: lÕintegrale pagamento del debito prima dellÕapertura del dibattimento per i delitti di cui agli artt. 10 Ð bis, 10- ter e 10 quater, operando quale causa di non punibilitˆ, esula dai presupposti di ammissibilitˆ con la conseguenza che in assenza di pagamento lÕaccesso al rito sarˆ sempre possibile (Sez. 3, n. 9083 del 12/01/2021, COGNOME Rv. 281709 Ð 01 in motivazione).
La sentenza COGNOME ha affermato che la preclusione al patteggiamento posta dall’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, per il caso di mancata estinzione del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento opera solo con riguardo ai più gravi reati dichiarativi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5, richiamati dall’art. 13, comma 2, dello stesso decreto, dal momento che, in tali ipotesi, l’integrale pagamento del debito effettuato prima del predetto termine, ma dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attivitˆ di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, vale solo a ridurre il disvalore penale del fatto e non esclude la punibilitˆ, mentre non opera per i reati di omesso versamento di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, richiamati dall’art. 13, comma 1, d.lgs. citato, per i quali l’estinzione del debito determina la non punibilitˆ e, quindi, non pu˜ valere quale condizione per accedere al patteggiamento.
Quanto ai reati dichiarativi, dunque, la questione dei rapporti tra adempimento del debito tributario (comprese sanzioni amministrative ed interessi) è stata affrontata dalla sentenza Sez. 3, n. 47287 del 02/10/2019, NOME Rv. 277897 che ha affermato il principio secondo cui la richiesta di applicazione della pena è in tal caso ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attivitˆ di accertamento amministrativo o di procedimenti penali (Sez. 3, n. 47287 del 02/10/2019, NOME Rv. 277897; Sez. 3, n. 26529 del 24/06/2022, COGNOME).
Da cui la conclusione, nella citata COGNOME, secondo cui lÕaccesso a rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen. è ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attivitˆ di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, viceversa, in caso di mancato pagamento del debito tributario è precluso lÕaccesso al rito del patteggiamento. Laddove queste condizioni non si
perfezionino – e nei confronti del contribuente sia esercitata l’azione penale – una successiva condotta riparatoria che si concretizzi nell’adempimento del debito tributario, delle sanzioni e degli interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, varrˆ invece a ridurre il disvalore penale del fatto, consentendo di fruire della circostanza attenuante di cui all’art. 13 bis, comma 1, d.lgs. 74 del 2000, e di accedere al rito premiale.
Il rito speciale previsto dall’art. 444 e ss. cod. proc. pen. è, dunque, ammissibile, per i reati dichiarativi, solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attivitˆ di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, circostanze in difetto delle quali danno luogo ad una applicazione di pena illegale per effetto della diminuente del rito in assenza dei presupposti necessari (Sez. 3, Sentenza n. 47287 del 02/10/2019, Cetin, Rv. 277897 Ð 01).
Il pagamento del debito tributario, dunque, operando diversamente secondo le scansioni temporali previste dalla norma, o come causa di non punibilitˆ o come circostanza attenuante speciale, ma in ogni caso, come chiarito dalle sentenze da ultimo citate, è condizione di ammissibilitˆ dellÕaccesso al rito.
Cos’ esposte le coordinate interpretative, osserva, il Collegio, che la sentenza di patteggiamento emessa in violazione dei presupposti di accesso al rito, viola lÕart. 13 bis comma 2, e dˆ luogo ad una pena illegittima, ma non integra una ipotesi di pena illegale secondo la definizione a cui sono pervenute le più recenti sentenze delle Sezioni Unite che hanno delineato compiutamente il perimetrato della pena illegale superando cos’ la pronuncia Sez. 3, n. 552 del 10/07/2019 Rv. 278014 Ð 01.
Nella condivisione dellÕorientamento giurisprudenziale secondo il quale l’illegalitˆ della pena, derivante da errore giuridico o materiale da parte del giudice della cognizione, è deducibile davanti al giudice dell’esecuzione, adito ai sensi dell’art. 666 cod.proc.pen., non di meno, non ricorre, nel caso di emissione di sentenza ex art. 444 cod.proc.pen. in assenza dei presupposti di accesso al rito, come nel caso in esame, lÕillegalitˆ della pena per come delineatasi nella giurisprudenza delle Sezioni Unite più recenti.
In particolare le S.U. COGNOME, che richiamando la precedente sentenza, sempre delle Sezioni Unite, n. 15498/2021 del 16.11.2020, Lovric Ð hanno affermato che è Òpena illegaleÓ quella pena determinata dall’applicazione di sanzione “ab origine” contraria all’assetto normativo vigente perchŽ di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale e che Òil sindacato del giudice dell’esecuzione non investe questioni che riguardino la fase di cognizione, compresi i vizi procedurali denunciabili unicamente con i mezzi d’impugnazione: quelli ordinari, esperibili sino alla conclusione del processo di cognizione; quelli straordinari attivabili dopo l’irrevocabilitˆ del provvedimento conclusivo del giudizio nei casi previsti dalla legge con l’effetto, se
fondati ed accolti, di determinare la riapertura del processo nella fase precedente (Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283689 Ð 01).
Le Sezioni Unite COGNOME hanno affermato che l’erronea applicazione da parte del giudice di merito della misura della diminuente, prevista per un reato contravvenzionale giudicato con rito abbreviato, integra un’ipotesi di pena illegittima e non giˆ di pena illegale (Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818 Ð 01).
In motivazione le Sezioni Unite COGNOME hanno ribadito che ÇIl principio di legalitˆ della pena informa di sŽ tutto il sistema penale, vale sia per le pene detentive che per le pene pecuniarie, e comporta che pena legale sia soltanto quella prevista dall’ordinamento giuridico e non eccedente, per genere, specie o quantitˆ, il limite legale; esso opera sia in fase di cognizione che di esecuzione, e vieta l’esecuzione di una pena (anche se inflitta con sentenza non più soggetta ad impugnazione ordinaria) che non trovi fondamento in una norma di legge, perchŽ avulsa da una pretesa punitiva dello Stato, cfr. ¤ 9.1. (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, COGNOME, Rv. 283886 Ð 01), principi successivamente ripresi e ribaditi da Sez. U, n. 5352 del 28/09/2023, Rv. 285851 Ð 01.
Alla luce della nozione di pena illegale come delineata dalla Corte di cassazione, nella sua massima espressione, la pena applicata ai ricorrenti, in mancanza del presupposto per accesso al rito del patteggiamento, non ha comportato nŽ unÕapplicazione di pena non prevista dall’ordinamento giuridico nŽ una pena eccedente, per genere, specie o quantitˆ, il limite legale. A fronte dei ripetuti interventi chiarificatori della Corte di cassazione, non sussiste alcun contrasto interpretativo la cui soluzione debba essere rimessa alle Sezioni Unite.
Nel caso di specie, il titolo esecutivo si è formato regolarmente, cosicchŽ la pena illegale applicata che integra una ipotesi di pena illegittima non illegale, non pu˜ essere sollevata davanti a giudice dellÕesecuzione.
Consegue che anche il motivo sulla confisca per illegalitˆ derivata è infondato.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso il 01/04/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME