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Pena illegale: la Cassazione annulla la condanna

La Corte di Cassazione ha annullato parzialmente una sentenza di condanna per un reato paesaggistico. Sebbene la responsabilità penale dell’imputato sia stata confermata, la Corte ha rilevato l’applicazione di una pena illegale (reclusione anziché arresto) e ha annullato la confisca del terreno. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per la sola rideterminazione della pena corretta, evidenziando il principio che la specie della pena non può essere errata dal giudice.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena illegale: la Cassazione annulla la condanna ma conferma il reato

Quando un giudice emette una condanna, non solo deve stabilire se l’imputato è colpevole, ma anche applicare la pena corretta prevista dalla legge. Cosa succede se viene inflitta una pena illegale, ovvero una sanzione di tipo diverso da quella prescritta? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo tema in un caso di reato paesaggistico, fornendo chiarimenti cruciali sulla differenza tra specie della pena e sua misura, e sulla sorte dei beni usati per commettere il reato.

I Fatti: Una Cava in Zona Protetta

Il caso riguarda l’amministratore di una società, condannato in primo e secondo grado per aver coltivato una cava senza autorizzazione. L’attività di sbancamento e prelievo di materiale inerte si svolgeva all’interno di una fascia di rispetto di 150 metri da un torrente, un’area soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale. La condanna inflitta era stata di quattro mesi di reclusione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basato su tre motivi principali:

1. La questione della pena illegale

Il motivo principale del ricorso riguardava la natura della pena. La difesa sosteneva che la condanna a quattro mesi di “reclusione” era errata. La legge per quel reato (art. 181 del d.lgs. n. 42/2004) prevede la pena dell'”arresto” e un’ammenda, non della reclusione. Si trattava, quindi, di una pena illegale nella sua specie, un errore che rende la condanna radicalmente viziata.

2. La valutazione delle prove

Il secondo motivo contestava il modo in cui i giudici di merito avevano valutato le prove. La difesa aveva prodotto una relazione tecnica che, a suo dire, dimostrava che la cava si trovava al di fuori della fascia di rispetto di 150 metri. I giudici, invece, avevano preferito basare la loro decisione su fotografie e accertamenti della polizia giudiziaria, ritenuti dalla difesa privi di valore probatorio sufficiente.

3. La legittimità della confisca del terreno

Infine, veniva contestata la confisca del terreno su cui insisteva la cava. Secondo la difesa, la legge specifica per questo tipo di reato non prevede la confisca, ma solo il ripristino dello stato dei luoghi. La confisca disposta era stata quindi ritenuta illegittima.

La Decisione della Cassazione: la pena illegale annulla la sanzione

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, con conseguenze significative.

* Responsabilità Penale Confermata: La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla valutazione delle prove, affermando che non è suo compito riesaminare i fatti, ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza d’appello. Di conseguenza, la colpevolezza dell’imputato per il reato contestato è diventata definitiva.
* Annullamento per Pena Illegale: La Corte ha accolto pienamente il primo motivo. Ha riconosciuto che applicare la reclusione al posto dell’arresto costituisce un errore sulla specie della pena, una questione di legalità che può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio. La sentenza è stata quindi annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello per la corretta determinazione della pena.
* Annullamento della Confisca: Anche il terzo motivo è stato accolto. La Cassazione ha ribadito, sulla base di una giurisprudenza consolidata, che per i reati edilizi e paesaggistici come quello in esame, la sanzione principale e obbligatoria è l’ordine di rimessione in pristino. Questa misura è incompatibile con la confisca dell’area, che pertanto è stata annullata senza rinvio.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione distinguendo nettamente i diversi aspetti del ricorso. Sulla questione della prova, ha spiegato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica per preferire gli accertamenti della polizia giudiziaria alla consulenza di parte, e il ricorrente non aveva dimostrato un travisamento della prova, ma solo richiesto una nuova valutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità. Per quanto riguarda la pena illegale, la Corte ha sottolineato che si tratta di un vizio fondamentale della sentenza, poiché la legge stabilisce tassativamente non solo la quantità (es. da 1 a 4 anni) ma anche la qualità (reclusione o arresto) della pena. Un errore sulla qualità rende la pena non conforme al principio di legalità. Infine, sulla confisca, i giudici hanno richiamato il principio per cui, quando la legge prevede come sanzione principale il ripristino dei luoghi, questa prevale sulla confisca, che non può essere disposta.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un importante promemoria del principio di legalità della pena, sancito dall’articolo 25 della Costituzione. Nessuno può essere punito se non con una sanzione espressamente prevista dalla legge, sia nel tipo che nella misura. La responsabilità penale per un fatto è un accertamento che può diventare definitivo, ma se la pena applicata è errata nella sua specie, la sentenza deve essere annullata su quel punto. Il caso dimostra che, anche a fronte di una condanna per un reato accertato, il rispetto delle garanzie procedurali e sostanziali è fondamentale. L’imputato, pur essendo stato riconosciuto colpevole, dovrà ora ricevere una nuova pena conforme alla legge (l’arresto), e ha ottenuto la cancellazione della confisca del terreno, che dovrà invece essere ripristinato a sue spese.

Cosa succede se un giudice applica un tipo di pena sbagliato, come la reclusione invece dell’arresto?
La sentenza viene annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio. La Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di una ‘pena illegale’, un errore che viola il principio di legalità e deve essere corretto. Il caso viene quindi rinviato a un altro giudice per la determinazione della pena corretta prevista dalla legge.

È possibile confiscare un terreno utilizzato per commettere un reato paesaggistico o edilizio?
No, secondo la giurisprudenza citata dalla Corte di Cassazione, la confisca (sia obbligatoria che facoltativa) è incompatibile con questo tipo di reati. La legge prevede come sanzione principale e obbligatoria l’ordine di ‘rimessione in pristino’, cioè il ripristino dello stato dei luoghi a spese del condannato. Questa misura prevale sulla confisca.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove tecniche presentate dalla difesa?
No, la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Non può sostituire la propria valutazione delle prove (come fotografie, planimetrie o consulenze tecniche) a quella fatta dai giudici di merito, a meno che non venga dimostrato un palese travisamento della prova stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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