Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27094 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27094 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/09/2023 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, riformando la condanna in primo grado di NOME COGNOME per il delitto di evasione (art. 385 cod. pen.), riteneva configurata la circostanza attenuante di cui all’art. 385, comma 4, cod. pen. e rideterminava conseguentemente la pena in anni uno di reclusione.
Ha presentato ricorso l’imputato, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo, con un unico motivo, la nullità della sentenza impugnata per omessa riduzione di un terzo della pena irrogata, in considerazione del rito.
Premesso che il procedimento era stato trattato nelle forme del rito abbreviato, già il giudice di primo grado aveva omesso di disporre la diminuzione della pena in misura di un terzo.
Tale errore è stato procrastinato dalla Corte di appello, la quale ha pure riformato parzialmente la sentenza, avendo riconosciuto l’applicabilità dell’attenuante di cui all’art 385, comma 4, cod. pen.
Il ricorrente ha presentato conclusioni scritte, deducendo, in replica a quanto osservato nella requisitoria del Procuratore Generale, che Sez. U. n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818, hanno affrontato il tema della erronea applicazione da parte del Giudice di merito della misura della diminuente prevista per il rito abbreviato nel caso di delitti contravvenzionali ai quali era stata applica la riduzione di un terzo in luogo di quella della metà, mentre, nel diverso caso in oggetto, il Giudice di merito non ha applicato sconto alcuno.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta, nei termini ivi previsti, di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
OSSERVATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nel risolvere contrasti interpretativi sotto vari profili insorti all’intern questa Corte, le Sezioni Unite hanno ancora di recente ribadito che è rilevabile d’ufficio nella presente sede la sola pena illegale e che per pena illegale deve intendersi esclusivamente quella non prevista nel genere, nella specie o nella quantità dall’ordinamento.
Di conseguenza, in Corte di cassazione è deducibile l’errore inerente al computo della stessa, che rende la pena meramente illegittima, soltanto ove il motivo fosse stato previamente devoluto in appello, in base ai principi generali e, in particolare all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. i
In particolare, Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, 283689, hanno chiarito che spetta alla Corte di cassazione, in attuazione degli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost. r il potere, esercitabile anche in presenza di ricorso inammissibile, di rilevare l’illegalità della pena determinata dall’applicazione di sanzione “ah origine” contraria all’assetto normativo vigente perché di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale (nel caso di specie era stata irrogata la pena detentiva per il reato di cui all’art. 582 cod. pen., in luogo del sanzioni previste, per i reati di competenza del giudice di pace, dall’art. 52, d.lgs 28 agosto 2000, n. 274).
Come ricordato dal Procuratore Generale nella requisitoria scritta, nella motivazione di tale pronuncia è stato altresì precisato che «la pena è illegale non quando consegua ad una mera erronea applicazione dei criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio, alla quale l’ordinamento reagisce approntando i rimedi processuali delle impugnazioni, ma solo quando non sia prevista dall’ordinamento giuridico ovvero sia superiore ai limiti previsti dalla legge o sia più grave per genere e specie di quella individuata dal legislatore», perché in tal caso si è in presenza di «un abuso del potere discrezionale attribuito al giudice, con usurpazione dei poteri esclusivi del legislatore».
Nella stessa data, il medesimo Consesso (Sez. U. n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818) ha anche chiarito, in termini non meno scultorei, come «quella di pena illegale sia categoria riferibile esclusivamente ai casi in cui la sanzione applicata dal giudice sia di specie più grave di quella prevista dalla norma incriminatrice o superiore ai limiti edittali indicati dalla stessa, sicché ricorre quando eccede i valori (espressi sia qualitativamente: genere e specie, che quantitativamente: minimo e massimo) assegnati dal legislatore al tipo astratto nel quale viene sussunto il fatto storico reato».
Ed ha concluso, di conseguenza, che «la nozione di pena illegale non è riferibile alla errata diminuzione di pena prevista per il rito abbreviato, che no concerne il tipo legale, ma si ispira a finalità premiali», non senza puntualizzare che «la macroscopicità dell’errore di calcolo è criterio eccentrico che non rileva ai fini della determinazione del carattere legale o illegale della pena»: osservazione suscettibile di neutralizzare la deduzione difensiva secondo cui, nella sentenza pronunciata nei confronti del NOME, si sarebbe trattato non di errata determinazione nella misura della pena, ma di mancata diminuzione tout court della stessa.
Venendo, appunto, al caso oggetto del presente giudizio, il giudice di primo grado, pur avendo precisato in sentenza che l’imputato era stato ammesso all’abbreviato, nulla ha specificato in ordine alla riduzione della pena per il rito
riconosciuta l’aggravante della recidiva specifica, si è limitato a condann ricorrente a un anno e sei mesi di reclusione.
L’imputato, dal canto suo, non ha eccepito in appello la mancata riduzione pena legata all’ammissione al rito abbreviato: mancata riduzione che, d’altro non si evince con certezza, dal momento che la pena edittale dell’evasione va uno a tre anni e che per la recidiva specifica opera un aumento della pena fino metà, sicché la reclusione in definitiva comminata già in primo grado rientrava limiti edittali non potendo, pertanto, considerarsi illegale.
/ 1 3(. Per le ragioni espresse, il ricorso deve essere rigettato, con la conseg condanna del ricorrente alle spese ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali.
Così deciso il 04/06/2024