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Pena illegale e patteggiamento: quando si può ricorrere?

Il Pubblico Ministero ha impugnato una sentenza di patteggiamento che applicava per la seconda volta i lavori di pubblica utilità a un imputato, sostenendo si trattasse di una pena illegale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l’errore nell’applicazione di una pena sostitutiva costituisce una ‘pena illegittima’ e non una ‘pena illegale’. Poiché il ricorso contro il patteggiamento è ammesso solo in caso di pena illegale, l’impugnazione è stata respinta, consolidando i limiti alla revisione delle pene concordate.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena illegale o solo illegittima? La Cassazione fissa i paletti per i ricorsi contro il patteggiamento

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6307/2024) offre un chiarimento fondamentale sulla differenza tra pena illegale e pena illegittima, un tema cruciale che determina l’ammissibilità dei ricorsi contro le sentenze di patteggiamento. La Corte ha stabilito che un errore nell’applicazione di una pena sostitutiva, come i lavori di pubblica utilità, non rende la sanzione ‘illegale’, precludendo così l’impugnazione da parte del Pubblico Ministero.

I Fatti del Caso: L’applicazione dei lavori di pubblica utilità per la seconda volta

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Grosseto. Un automobilista, imputato per un reato previsto dal Codice della Strada (art. 186, comma 6), aveva concordato una pena di quattro mesi di arresto e 1000 euro di ammenda. Questa pena era stata interamente sostituita con 248 ore di lavoro di pubblica utilità.

Il problema, sollevato dal Pubblico Ministero, risiedeva nel fatto che l’imputato aveva già beneficiato in passato della stessa misura sostitutiva per un’altra violazione dello stesso articolo del Codice della Strada. La legge, in particolare l’art. 186, comma 9-bis, è chiara: i lavori di pubblica utilità possono sostituire la pena per i reati di guida in stato di ebbrezza ‘per una sola volta’.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e la questione della pena illegale

Sulla base di questa violazione normativa, il Pubblico Ministero ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che l’applicazione dei lavori di pubblica utilità per la seconda volta costituisse una pena illegale. L’argomento si fondava sull’idea che, superando un limite esplicito imposto dal legislatore, la pena inflitta fosse contraria alla legge e, quindi, sindacabile anche in sede di legittimità nonostante l’accordo tra le parti tipico del patteggiamento.

Il ricorso si appellava all’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che consente l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento solo per motivi specifici, tra cui, appunto, ‘l’illegalità della pena’.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: la distinzione tra pena illegale e pena illegittima

La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi del Pubblico Ministero, dichiarando il ricorso inammissibile. Il cuore della decisione risiede nella meticolosa distinzione tra ‘pena illegale’ e ‘pena illegittima’.

Secondo gli Ermellini, una pena illegale si configura solo quando la sanzione è extra o contra legem, ovvero quando:
1. È di una specie non prevista dall’ordinamento per quel reato (es. ergastolo per un furto).
2. È quantitativamente fuori dai limiti edittali, cioè inferiore al minimo o superiore al massimo stabilito dalla norma incriminatrice.

Nel caso in esame, la pena principale concordata (quattro mesi di arresto e 1000 euro di ammenda) era perfettamente conforme alla cornice edittale prevista dal Codice della Strada. Pertanto, la pena ‘base’ era del tutto legale.

L’errore del giudice di merito è avvenuto in una fase successiva: quella della conversione della pena detentiva nella pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità. La violazione del divieto di seconda applicazione, secondo la Corte, non incide sulla legalità della pena principale, ma genera una pena illegittima. Si tratta, cioè, di un errore nel modus procedendi, un’errata applicazione di una modalità esecutiva della sanzione, che però non ne altera la natura legale.

I lavori di pubblica utilità non sono un genere autonomo di pena, ma una modalità applicativa accessoria alla pena detentiva. L’illegalità va valutata sulla pena principale, non sulla sua sostituzione.

Le conclusioni: ricorso inammissibile e le implicazioni pratiche

Poiché l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. consente il ricorso solo per la pena illegale e non per quella meramente illegittima, la Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione. La sentenza consolida un principio restrittivo sull’impugnabilità delle sentenze di patteggiamento, rafforzando la stabilità degli accordi tra accusa e difesa. L’eventuale errore nel calcolo o nell’applicazione di pene sostitutive o benefici, se non intacca la legalità della pena edittale, non può essere utilizzato per scardinare in Cassazione una sentenza frutto di un accordo processuale.

È possibile applicare la pena dei lavori di pubblica utilità più di una volta per reati legati alla guida in stato di ebbrezza?
No, l’art. 186, comma 9-bis, del Codice della Strada prevede esplicitamente che la pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità possa essere applicata una sola volta.

Un errore nell’applicazione di una pena sostitutiva, come i lavori di pubblica utilità, rende la sentenza una pena illegale?
No. Secondo la sentenza, un errore di questo tipo configura una ‘pena illegittima’, non una ‘pena illegale’. La pena è illegale solo se non è prevista dalla legge per tipo o quantità (es. una pena detentiva superiore al massimo edittale).

Si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento se la pena è considerata ‘illegittima’ ma non ‘illegale’?
No, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita il ricorso contro le sentenze di patteggiamento a casi specifici, tra cui l’illegalità della pena. Una pena meramente illegittima non rientra tra i motivi di ricorso ammessi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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