Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38848 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38848 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/04/2024 del TRIBUNALE di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha cheisto annullarsi l’impugnata ordinanza senza rinvio con rideterminazione della pena in anni 5 e mesi sei di reclusione ed euro 1.500 di multa.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Genova, con ordinanza del 24 aprile 2024, decidendo l’incidente di esecuzione promosso da NOME COGNOME avverso il provvedimento di cumulo del Procuratore della Repubblica in data 11 maggio 2023, ha rigettato l’istanza di rideterminazione della pena indicata nell’ordinanza emessa il 20 luglio 2021 della Corte di appello di Genova ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
A ragione della decisione osserva che il giudice dell’esecuzione non può emendare la dedotta violazione del limite del triplo della pena inflitta con l violazione più grave fissato dall’art. 81, primo e secondo comma, cod. pen. perché l’errore è contenuto in un provvedimento divenuto irrevocabile. In tale ipotesi
l’unico strumento previsto all’ordinamento per conseguire per conformare la misura della pena al limite legale è il ricorso per cassazione, rimedio che tuttavia il ricorrente non ha inteso coltivare.
COGNOME propone ricorso deducendo, in un unico motivo, violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 670 cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione con riferimento al superamento del limite del triplo della pena irrogata per il reato più grave da parte della Corte d’appell di Genova.
Lamenta che il censurato provvedimento di cumulo ha dato esecuzione alla pena illegale come erroneamente determinata dall’ordinanza della Corte di appello di Genova del 20 luglio 2021. Tale decisione ha determinato in anni 7 mesi 3 di reclusione ed euro 1.500,00 di multa la pena unica complessiva per il reato continuato pur avendo indicato come pena base quella di anni 1 e mesi 10 e di reclusione. Avrebbe dovuto, invece, come imposto dall’art. 81 cod. pen., rideterminare la pena in anni 5 mesi 6 di reclusione ed euro 1.500 di multa, misura corrispondente al triplo della pena inflitta per la violazione più grave.
Non è di ostacolo all’invocata rideterminazione della pena la mancata impugnazione del provvedimento emesso dalla Corte di appello ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. E’, infatti, pacifico nella giurisprudenza di legittimità, anche sezioni unite, che è sempre consentita la rideterminazione della pena illegale, intendendosi per tale quella che risulta determinata in violazione non solo dei limiti fissati dalla norma incriminatrice ma anche da altre disposizioni che comunque incidono sul trattamento sanzionatorio. Tra queste ultime deve essere ricompresa, come affermato alla Sezioni unite n. 40983 del 2018, l’art. 81 cod. pen. nella parte in cui fissa come limite massimo della pena per il reato continuato il triplo dell pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
La giurisprudenza di legittimità è ferma nel qualificare come “illegale” la pena che si colloca al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale, perché diversa:
per genere (pene detentive o pecuniarie);
per specie (ergastolo, reclusione o arresto per le pene detentiva; quanto alle pene pecuniarie, multa o ammenda);
per quantità perché in difetto o in eccesso rispetto alla misura stabilita per ciascuna pena sia dagli artt. 23 e seguenti del codice penale, nonché, a fronte del concorso di più circostanze aggravanti, dagli artt. 65 e seguenti del codice penale, e, in presenza del concorso di più reati, dagli artt. 71 e seguenti, dello stess codice oppure ai limiti edittali, minimi e massimi fissati, in astratto da ciascun norma penale incriminatrice.
La pena è, quindi, “illegale” non quando consegua ad una mera erronea applicazione dei criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio, alla quale l’ordinamento reagisce approntando i rimedi processuali delle impugnazioni, ma solo quando non sia prevista dall’ordinamento giuridico ovvero sia superiore ai limiti previsti dalla legge o sia più grave per genere e specie di quella individuata dal legislatore.
Non è, pertanto, “illegale” la pena conclusivamente corrispondente per genere, specie e quantità a quella legale, anche se determinata attraverso un percorso argomentativo viziato da una o più violazioni di legge: gli errori relativ ai singoli passaggi interni che conducono alla determinazione della pena risultano, infatti, privi di rilievo.
All'”illegalità” della pena, intesa nei precisati termini restrittivi come un v e proprio abuso del potere discrezionale attribuito al giudice, con l’usurpazione dei poteri esclusivi del legislatore, può porre rimedio, una volta formatosi il giudicato il giudice dell’esecuzione che è abilitato ad intervenire sul trattamento sanzionatorio illegalmente applicato per ricondurre la sua misura entro i parametri legali, così da attuare il principio costituzionale della legalità della pena ma anch quello e della sua adeguatezza nella prospettiva della rieducazione del condannato di cui all’art. 27, terzo comma, Cost. (sugli ampi poteri di intervento attribuiti giudice dell’esecuzione a partire da Sez. U n. 42858 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260697-01, cfr. Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886; Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 383689; Sez. U, n. 47766 del 26/05/2015, COGNOME, Rv. 265106-01; Sez. U, n. 6240 del 27/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262327-01).
Ogni violazione delle regole diverse da quelle relative alla determinazione delle cornici edittali pertinenti al caso dà luogo ad una “pena illegittima rimediabile con gli ordinari mezzi di impugnazione. E’, pertanto, “illegittima”, la pena commisurata sulla base della errata applicazione della legge o non giustificata secondo il modello argomentativo normativamente previsto (Sez. U , n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283818 – 01).
Rientrano in questa categoria le sanzioni che, pur osservando i limiti edittali, siano il frutto di errori (Sez. 2, n. 22136 del 19/02/2013, Nisi, Rv. 255729) o siano
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state determinate secondo un percorso argomentativo viziato ( Sez. 5, n. 8639 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266080) o con «modalità di calcolo … che non incidono sui limiti edittali, comunque rispettati (Sez. 2, n. 46765 del 09/12/2021, COGNOME, Rv. 282322).
L'”illegalità” della pena può anche discendere dal carattere “macroscopico” dell’errore di calcolo. Tuttavia, alla correzione in sede esecutiva della pena affett da tale vizio può procedersi solo se la sua commisurazione erronea non rappresenti comunque il frutto di una argomentata, pur discutibile, valutazione del giudice della cognizione; è infatti, sempre precluso al giudice dell’esecuzione di modificare le statuizioni del giudicato, anche se erronee, quando argomentate dal giudice della cognizione (Sez. U , n. 47182 del 31/03/2022, COGNOME, in motivazione).
L’ordinanza impugnata si è discostata dai ricordati principi, ritenendo non più emendabile la pena prospettata come “illegale” sol perché determinata in un provvedimento irrevocabile emesso in sede esecutiva ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
Al contrario, anche in tale ipotesi, così come nel caso in cui la pena illegale sia stata inflitta in sede di cognizione, il giudice dell’esecuzione è abilitato intervenire sulla pena “illegale” per rimodularla in modo da renderla conforme ai limiti inderogabili previsti dall’ordinamento, essendogli comunque inibito di porre rimedio ad errori di tipo non valutativo
D’altra parte, non vi è dubbio che l’errore posto dal condannato a fondamento della richiesta di rideterminazione della pena rigettata dal Tribunale dia luogo, ove accertato, ad una “pena illegale”. E’ tale anche la pena determinata in eccesso rispetto al limite massimo – il triplo della pena per la violazione più grave – stabil dall’art. 81, primo e secondo comma, cod. pen. nel disciplinare la peculiare ipotesi di concorso di reati rappresentato dal “reato continuato”.
Si impone, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Genova che nel decidere l’istanza dovrà attenersi ai principi di cui alla parte motiva.
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