Pena Illegale e Reato Continuato: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione
Quando si può parlare di pena illegale nel contesto di una condanna per più reati? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, offre un’importante precisazione sui limiti dell’impugnazione relativa al quantum della pena, specialmente quando diversi illeciti sono uniti dal vincolo della continuazione. La decisione sottolinea come la legalità della sanzione debba essere valutata nel suo complesso e non con riferimento a ogni singolo reato satellite, soprattutto se l’imputato non ha sollevato specifiche eccezioni nei gradi di merito.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato condannato in primo grado e in appello per diversi reati, tra cui lesioni e minacce. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la prima sentenza, dichiarando l’estinzione di uno dei capi d’imputazione, ma confermando nel resto la condanna. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, sollevando un unico motivo: un vizio di motivazione riguardo al quantum della pena applicata per i soli reati di minaccia, deducendone l’illegalità. Secondo la difesa, la sanzione per questi specifici reati era sproporzionata e quindi illegittima.
La Decisione della Corte e il concetto di pena illegale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella corretta interpretazione del concetto di pena illegale all’interno dell’istituto della continuazione. I giudici hanno osservato che l’imputato era stato condannato non solo per le minacce, ma anche per il più grave reato di lesioni (art. 582 c.p.), e che tutti i reati erano stati unificati sotto il vincolo della continuazione.
Sebbene la sentenza di primo grado non avesse dettagliato il calcolo della pena – ossia non avesse indicato la pena base per il reato più grave e i singoli aumenti per i reati satellite – questa omissione non era stata oggetto di uno specifico motivo di impugnazione né in appello né in cassazione. L’unico punto sollevato era la presunta illegalità della sanzione per le minacce.
Le Motivazioni
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
1. Il Rispetto del Principio Devolutivo: In virtù di tale principio, il giudice dell’impugnazione può pronunciarsi solo sui punti della decisione specificamente contestati. Poiché l’imputato non aveva mai contestato il metodo di calcolo della pena complessiva, ma solo l’esito finale per un reato satellite, la Corte non poteva entrare nel merito di una questione non sollevata.
2. La Legalità della Pena Complessiva: La Corte ha affermato che la dedotta illegalità della pena per i reati di minaccia non sussiste, poiché la pena complessiva irrogata all’imputato non superava il massimo edittale previsto dalla legge (in questo caso, l’art. 52 del D.Lgs. 274/2000). Se la sanzione finale è legale, non si può isolare la porzione relativa a un singolo reato satellite per affermarne l’illegittimità, a meno che non vi sia stato un errore di calcolo o un’errata individuazione del reato più grave, aspetti non contestati nel caso di specie.
Infine, la Corte ha rigettato la richiesta di liquidazione delle spese legali della parte civile, ribadendo un principio consolidato: quando l’impugnazione riguarda esclusivamente aspetti legati al trattamento sanzionatorio, senza toccare la responsabilità civile, non può esserci condanna alle spese per la parte civile.
Conclusioni
Questa ordinanza fornisce una lezione chiara: non è sufficiente lamentare una pena illegale per un singolo reato quando questo è inserito in un più ampio quadro di continuazione. Per avere successo, un’impugnazione deve contestare specificamente le modalità di calcolo della pena complessiva o dimostrare che la sanzione totale eccede i limiti massimi previsti dalla legge. In assenza di queste specifiche contestazioni, se la pena finale rientra nei confini legali, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Quando una pena per un reato minore può essere considerata illegale se fa parte di una condanna per più reati in continuazione?
Secondo la Corte, non si può parlare di pena illegale per un singolo reato satellite se la pena complessiva, risultante dal cumulo giuridico, non supera il massimo edittale previsto dalla legge per quel tipo di reato.
Cosa succede se la sentenza non specifica come è stata calcolata la pena per ogni singolo reato in continuazione?
Se questa omissione non viene specificamente contestata nei motivi di appello, non può essere sollevata per la prima volta in Cassazione. In base al principio devolutivo, la Corte può esaminare solo le questioni devolute, e la legalità della pena viene valutata nel suo complesso.
Perché la parte civile non ha ottenuto il rimborso delle spese legali in questo caso?
Poiché il ricorso dell’imputato riguardava esclusivamente questioni attinenti al trattamento sanzionatorio (il quantum della pena) e non la sua responsabilità civile, non sussisteva un interesse civile tutelabile nel giudizio di Cassazione. Di conseguenza, non è possibile disporre la liquidazione delle spese in favore della parte civile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11397 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11397 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CEFALU il 06/08/1957
avverso la sentenza del 17/06/2024 del TRIBUNALE di TERMINI RAGIONE_SOCIALE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Termini Irnerese, che, quale giudice d’appello, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, dichiarando non doversi procedere nei confronti dell’imputato per il reato di cui al capo e), e confermando nel resto;
Considerato che l’unico motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole del vizio di motivazione in relazione al quantum della pena applicata per il solo reato di minaccia di cui ai capi C) e D), deducendone l’illegalità – è manifestamente infondato, in quanto prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo atteso che l’imputato è stato condannato, nell’ambito di più reati evidentemente unificati in continuazione, anche per il reato di lesioni di cui all’art. 582 cod. pe come si evince dalla motivazione della sentenza di primo grado (Si veda pag. 3 della pronuncia di primo grado), sia pure senza indicazione del quantum di pena specificamente applicato per ciascun reato, senza, cioè, l’individuazione del reato più grave e degli aumenti in continuazione per i reati satellite. Ciò, comunque, ed in particolare in difetto, su quest’ultimo profilo, di specifico motivo di impugnazione tanto in appello che in cassazione – e, dunque, in ossequio al principio devolutivo, esclude la sussistenza della dedotta illegalità della pena per i reati di minaccia, poiché quella complessiva non eccede il massimo edittale di cui all’art. 52 d.lgs. 274/2000;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Considerato che, avuto riguardo alla memoria della parte civile con richiesta di liquidazione delle spese, in tema di spese processuali, la liquidazione di quelle sostenute dalla parte civile è condizionata alla sussistenza di un interesse civile tutelabile e, pertanto, non può essere disposta nel giudizio di impugnazione che abbia ad oggetto esclusivamente questioni attinenti al trattamento sanzionatorio (ex multis, sez. 1, n. 36686 del 14/02/2023, Vena, Rv. 285236);
Rilevato che la difesa dell’imputato ha inoltrato tempestiva memoria difensiva con cui ha insistito per l’accoglimento dell’impugnazione;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Nulla sulle spese di parte civile.
Così deciso il 26 febbraio 2025
Il Consig GLYPH estensore
Il Presidente