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Pena illegale: Cassazione su appello e patteggiamento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9487/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati con patteggiamento per associazione a delinquere e truffa. Gli imputati sostenevano l’illegalità della pena per presunti errori di calcolo. La Corte ha ribadito che un errore di calcolo non rende automaticamente la sanzione una pena illegale, concetto che si applica solo quando la pena esce dal sistema sanzionatorio previsto dalla legge. Di conseguenza, i ricorsi sono stati giudicati manifestamente infondati.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Illegale e Patteggiamento: i Limiti del Ricorso in Cassazione

Il concetto di pena illegale rappresenta una delle poche ancore di salvezza per chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento. Tuttavia, non ogni errore nel calcolo della pena rientra in questa categoria. Con la sentenza n. 9487 del 2025, la Corte di Cassazione traccia ancora una volta i confini precisi di questo istituto, chiarendo quando un ricorso può essere ammesso e quando, invece, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso

Due soggetti, condannati tramite patteggiamento per reati di associazione a delinquere e truffe aggravate, hanno presentato ricorso in Cassazione. Entrambi lamentavano l’illegalità della pena concordata con il Pubblico Ministero e applicata dal Giudice per le indagini preliminari.

Il primo ricorrente sosteneva che l’aumento di pena per il reato associativo, punito solo con la reclusione, avesse illegittimamente incluso anche una pena pecuniaria. Il secondo, invece, lamentava un errato bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche, che a suo dire erano state considerate equivalenti solo alla recidiva e non anche alle aggravanti specifiche del reato di truffa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili per manifesta infondatezza. La decisione si basa su una rigorosa interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che limita fortemente i motivi di ricorso avverso le sentenze di patteggiamento. Uno di questi motivi è, appunto, l'”illegalità della pena”.

La Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, distinguendo un semplice errore di calcolo da una pena genuinamente illegale.

Le Motivazioni della Corte sulla Nozione di Pena Illegale

Il cuore della sentenza risiede nella definizione di pena illegale. Secondo la Cassazione, una pena è illegale solo in due casi:

1. Pena illegale ab origine: quando la sanzione applicata, per specie (es. arresto invece di reclusione) o per quantità (es. una pena superiore al massimo edittale), non è prevista dall’ordinamento per quella specifica fattispecie di reato.
2. Pena determinata tramite un procedimento illegittimo: quando il giudice, nel calcolarla, ha utilizzato una cornice edittale dichiarata incostituzionale o ha violato il principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole.

Nel caso di specie, le doglianze dei ricorrenti non rientravano in nessuna di queste categorie.

Per il primo ricorrente, la Corte ha spiegato che, in caso di reato continuato con pene eterogenee (detentive e pecuniarie), è corretto applicare un aumento sia sulla pena detentiva che su quella pecuniaria, secondo le regole stabilite dalle Sezioni Unite (sent. Giglia). L’aumento è stato quindi calcolato correttamente, rispettando i principi di legalità.

Per il secondo ricorrente, la Corte ha osservato che l’eventuale inesattezza nel bilanciamento delle circostanze non aveva prodotto una pena al di fuori del sistema sanzionatorio. Il calcolo della pena, pur con qualche imprecisione formale rilevata dallo stesso giudice di merito, discendeva direttamente dall’accordo tra le parti e non si configurava come una pena illegale impugnabile in Cassazione.

Conclusioni

La sentenza n. 9487/2025 rafforza un principio fondamentale: l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è un’eccezione, non la regola. Il motivo della pena illegale deve essere interpretato in modo restrittivo e non può essere utilizzato per contestare mere irregolarità o errori di calcolo che non alterino la natura e la cornice legale della sanzione. Questa pronuncia serve da monito: l’accordo raggiunto con il patteggiamento ha una sua stabilità che può essere scalfita solo in presenza di vizi di gravità eccezionale, che rendano la pena radicalmente estranea al sistema giuridico.

Quando una pena può essere definita ‘illegale’ ai fini di un ricorso contro un patteggiamento?
Una pena è considerata illegale quando, per tipo o quantità, non corrisponde a quella prevista dalla legge per il reato contestato, oppure quando è stata calcolata sulla base di un quadro normativo inapplicabile (ad esempio, perché dichiarato incostituzionale). Un semplice errore di calcolo che non porta la pena al di fuori dei limiti legali non la rende ‘illegale’.

In caso di reato continuato, come si calcola la pena se i reati hanno sanzioni di tipo diverso (es. detentive e pecuniarie)?
Secondo la sentenza, che richiama le Sezioni Unite (sent. Giglia), se il reato più grave è punito con pena congiunta (detentiva e pecuniaria) e il reato satellite solo con pena detentiva, l’aumento a titolo di continuazione si applica su entrambe le specie di pena previste per la violazione più grave, nel rispetto dei principi generali del reato continuato.

Un errore nel bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti rende sempre la pena illegale?
No. La sentenza chiarisce che un’inesattezza nel giudizio di bilanciamento delle circostanze (ex art. 69 c.p.) non configura di per sé una pena illegale, a meno che non porti all’applicazione di una sanzione quantitativamente o qualitativamente estranea al sistema sanzionatorio previsto per quel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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