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Pena illegale: Cassazione corregge la sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza del Tribunale di Nuoro che aveva condannato un imputato a una pena inferiore al minimo previsto dalla legge per il reato di falsa attestazione. Il Procuratore Generale aveva impugnato la decisione, evidenziando come la pena di due mesi fosse una pena illegale, dato che la norma prevede un minimo di un anno di reclusione. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha annullato la sentenza limitatamente alla pena e, senza rinviare il caso, ha rideterminato la sanzione in otto mesi di reclusione, applicando correttamente la riduzione per le attenuanti generiche al minimo edittale di un anno.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena illegale per falsa attestazione: la Cassazione stabilisce i limiti del giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto penale: il giudice non può irrogare una pena inferiore al minimo stabilito dalla legge. Il caso in esame riguardava una condanna per falsa attestazione a pubblico ufficiale, dove il Tribunale aveva comminato una pena illegale perché inferiore al minimo edittale previsto. L’intervento della Suprema Corte non solo corregge l’errore, ma chiarisce anche i poteri della stessa Corte nel rideterminare direttamente la sanzione.

I fatti di causa e la decisione di primo grado

Il procedimento nasce da una sentenza del Tribunale di Nuoro, che aveva condannato un imputato per il reato di cui all’art. 495 del codice penale (falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o di altri). Il giudice di primo grado aveva fissato la pena base in tre mesi di reclusione e, dopo aver concesso le circostanze attenuanti generiche, l’aveva ridotta a due mesi.
Tuttavia, la norma incriminatrice, a seguito delle modifiche introdotte nel 2008, prevede una pena che va da un minimo di un anno a un massimo di sei anni di reclusione. La sanzione applicata dal Tribunale era, quindi, palesemente inferiore al limite minimo inderogabile.

Il ricorso del Procuratore Generale e la contestazione della pena illegale

Contro questa decisione ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, denunciando con un unico motivo proprio l’illegalità della pena inflitta. Il ricorrente ha sottolineato come la determinazione di una pena base di tre mesi fosse già di per sé viziata, poiché non rispettava la soglia minima di un anno. Di conseguenza, anche la pena finale di due mesi, ottenuta applicando la riduzione per le attenuanti, risultava una pena illegale.
Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha supportato il ricorso, chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato. Gli Ermellini hanno ribadito che la forbice sanzionatoria per il reato ex art. 495 c.p. è chiaramente definita dalla legge in un minimo di un anno e un massimo di sei anni di reclusione. Poiché i fatti sono stati commessi dopo l’entrata in vigore della novella del 2008, tale cornice edittale doveva essere obbligatoriamente rispettata.
Il Tribunale, partendo da una base di tre mesi, ha compiuto un errore di diritto nella dosimetria sanzionatoria, rendendo la pena inflitta illegale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha deciso di non rinviare il caso a un altro giudice. In base all’art. 620, comma primo, lettera l), del codice di procedura penale, la Corte può correggere direttamente l’errore quando non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto. Seguendo un principio consolidato dalle Sezioni Unite, ha quindi annullato la sentenza senza rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio.
La Corte ha poi proceduto a ricalcolare la pena in modo corretto: è partita dal minimo edittale legale (un anno, ovvero dodici mesi), ha applicato la stessa riduzione di un terzo per le attenuanti generiche già decisa dal giudice di merito e ha così fissato la pena finale in otto mesi di reclusione.

Le conclusioni

La sentenza riafferma con forza il principio di legalità della pena, secondo cui il potere discrezionale del giudice nella determinazione della sanzione non può mai travalicare i limiti minimi e massimi fissati dal legislatore. Anche la concessione di circostanze attenuanti non può sanare una pena base già di per sé illegale. Inoltre, la pronuncia evidenzia l’importante funzione nomofilattica e di efficienza processuale della Corte di Cassazione, che in casi di palese errore di diritto può intervenire direttamente per ristabilire la corretta applicazione della legge, evitando le lungaggini di un nuovo giudizio di merito.

Perché la pena di due mesi di reclusione è stata considerata illegale?
La pena è stata ritenuta illegale perché il reato di falsa attestazione (art. 495 c.p.) prevede una pena minima di un anno di reclusione. Il Tribunale aveva invece calcolato la pena partendo da una base di tre mesi, già inferiore al minimo legale, violando così un limite inderogabile stabilito dalla legge.

Cosa sono le circostanze attenuanti generiche e possono giustificare una pena inferiore al minimo?
Le circostanze attenuanti generiche sono fattori che permettono al giudice di ridurre la pena base fino a un terzo. Tuttavia, tale riduzione deve essere applicata a una pena base che sia già stata correttamente individuata all’interno dei limiti legali (tra il minimo e il massimo). Non possono essere usate per scendere al di sotto del minimo edittale previsto dalla norma.

Perché la Corte di Cassazione ha ricalcolato direttamente la pena senza rinviare il caso a un altro giudice?
La Corte di Cassazione ha agito in base all’art. 620 del codice di procedura penale, che le consente di annullare la sentenza senza rinvio e di correggere direttamente gli errori di diritto quando non sono necessari ulteriori accertamenti sui fatti. In questo caso, l’errore era puramente matematico e legale, quindi la Corte ha potuto ricalcolare la pena corretta per garantire efficienza processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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