Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44614 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44614 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 07/08/1967
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso di COGNOME NOME vista la memoria del nuovo difensore con cui si dedu illegalità della pena nella parte in cui è stata ritenuta sussistente la plurima di detenzione di più armi comuni da sparo (anche clandestine) e in ordine all'operato aumento d pena per la contravvenzione di cui all'art. 697 cod. pen. che risulta illegale e ridotto in inferiore alla metà (un terzo).
OSSERVA
Ritenuto che tutti i motivi con cui si censura la ritenuta aggravante dell'ingente quan l'apprezzata equivalenza di detta aggravante con le circostanze attenuanti generiche e dosimetria della pena risultano tendenzialmente generici poiché omettono di confrontarsi co la precisa motivazione della Corte di appello che ha messo in rilievo l'esatta consistenza, an in termini di purezza, dei 25,40 chilogrammi di cocaina, ha condiviso la corretta motivazione ordine alla ritenuta equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la citata aggrav al contempo dando conto delle ragioni che portavano a ritenere come la pena determinata in complessivi anni otto di reclusione e la relativa multa, aspetti giustificati in dell'estrema gravità dei fatti che vedevano il ricorrente in possesso di altra consis quantità di sostanza stupefacente di diverso tipo, di armi anche clandestine e rela munizionamento, fosse congruamente determinata;
rilevato che nessun esito possono sortire, alla luce della rilevata inammissibilità, i m aggiunti afferenti a questioni mai poste in sede di gravame e di ricorso principale, in cui invece stati rilevati vizi in ordine: 1) alla mera quantificazione della pena ex art. 133 cod. pen. e non violazioni di legge in ordine alla ritenuta plurima realizzazione di ipotesi criminose o unicità del reato (connesse al possesso di armi comuni da sparo e clandestine); 2) al quantificazione della entità della riduzione per il rito abbreviato quanto a contravvenzio ex art. 697 cod. pen.; 3) ad aumento in ordine a pena cumulativamente applicata in violazion dei limiti di pena previsti dalla citata contravvenzione che preveda la pena detenti pecuniaria in via alternativa e non cumulativa;
che, invero, non sussiste, in ordine agli aumenti di pena operati per la rit continuazione una pena illegale, essendo quella rilevata (ritenuta la continuazione a front dedotta unicità del reato) una "mera" violazione di legge non dedotta nei motivi di gravam nel ricorso principale;
che anche l'operato aumento di pena applicato per l'ipotesi contravvenzionale no integra una ipotesi di "pena illegale", non essendo sotto tale profilo conferente la cit giurisprudenziale (la difesa richiama Sez. U, n. 40983 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273751 01) secondo cui "In tema di concorso di reati puniti con sanzioni eterogenee sia nel genere ch nella specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l'aumento di pena reato "satellite" va effettuato secondo il criterio della pena unica progressi
"moltiplicazione", rispettando tuttavia, per il principio di legalità della pena e genere della pena prevista per il reato "satellite", nel senso che l'aumento della del reato più grave dovrà essere ragguagliato a pena pecuniaria ai sensi dell' art.
che, invero, l'affermazione contenuta nel citato principio (che ovviamente i condivide) secondo cui occorre rispettare "il principio di legalità della pena" al m sua irrogazione e calcolo, attiene alle concrete modalità attraverso cui deve essere calcolo ai fini di un legittimo aumento di pena, corretto iter la cui violazione è limiti di cui all'art. 606 cod. proc. pen., evenienza distinta rispetto alla "pen nozione non corrisponde a quella afferente alla situazione verificatasi nel caso di s
che sussiste ormai solido indirizzo ermeneutico (Sez. U, n. 47182 del 31/ Savini, Rv. 283818 – 01, Sez. 2, n. 28306 del 25/06/2021, COGNOME, Rv. 281804) se "Qualora la pena concretamente irrogata rientri nei limiti edittali, l'erronea ap parte del giudice di merito della misura della diminuente, prevista pe contravvenzionale giudicato con rito abbreviato, integra un'ipotesi di pena illegitti di pena illegale (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa, ai sensi dell'ar cod. proc. pen., la relativa questione in quanto non dedotta con i motivi di app Sezioni Unite COGNOME hanno ribadito la pena è illegale (…) non quando consegua ad erronea applicazione dei criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio, l'ordinamento reagisce approntando i rimedi processuali delle impugnazioni, ma solo non sia prevista dall'ordinamento giuridico ovvero sia superiore ai limiti previsti sia più grave per genere e specie di quella individuata dal legislatore»;
che, pertanto, "gli errori nell'applicazione delle diverse discipline che ent nella commisurazione della pena danno luogo ad una pena illegale solo se la risultant la pena indicata in dispositivo) è per genere, specie o per valore minimo o massimo quella che il legislatore ha previsto per il tipo (o sottotipo) astratto al quale v fatto storico reato;
che, analogamente, costituisce ius receptum quello secondo cui non si configura un'ipotesi di illegalità della pena quando essa sia frutto di un vizio nell'iter di della sua entità, alla quale sarebbe stato possibile giungere attraverso diversa mod vari passaggi intermedi, a partire dall'individuazione della pena base e fino agli riduzioni per le singole circostanze concorrenti (cfr., ad esempio, Sez. 6, 15/07/2014, COGNOME, Rv. 260326-01; Sez. 6, n. 22136 del 19/02/2013, COGNOME, Rv. 255 Sez. 2, n. 20275 del 07/05/2013, COGNOME, Rv. 255197-01); che in ipotesi di deter del trattamento sanzionatorio determinato a seguito dell'erronea applicazione del comparazione tra circostanze eterogenee concorrenti, la pena è illegale soltanto nel essa ecceda i limiti edittali generali previsti dagli artt. 23 e seguenti, n seguenti, cod. pen., oppure i limiti edittali previsti per le singole fattispecie rilevando il fatto che i passaggi intermedi che portano alla sua determinazione siano in violazione di legge (Fattispecie relativa a procedimento di applicazione della pen
n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 – 01, principio ribadito da Sez. U, n. 5352 del 28/09/2023, dep. 2024, P., Rv. 285851 – 01);
che con riferimento alla determinazione della pena ed eventuale sua illegalità, pu rinviarsi a conforme indirizzo interpretativo in materia di patteggiamento (la cui impugnabil è consentita, tra l'altro, in ipotesi di illegalità della pena), secondo cui, ai fini della ve congruità della sanzione, con riguardo all'aumento di pena per la continuazione, non vi è necessità di una esplicita motivazione in ordine all'aumento della pena posta a base del calcolo, ma è sufficiente la valutazione della pena finale, purché non illegale (Sez. 6, n. 7401 d 31/01/2013, Rv. 254879 – 01), principio di diritto che fa emergere l'irrilevanza dei sin aumenti di pena disgiunti dall'entità della quantificazione della pena finale; che sussiste a solido indirizzo di legittimità, secondo cui, sempre in tema di patteggiamento, la pena irroga per il reato continuato che sia priva di indicazioni relative all'aumento per i reati meno g non è illegale nel caso in cui non superi né il limite interno, corrispondente al triplo della base, né il limite esterno, previsto dall'art. 81, comma terzo, cod. pen. in base al quale la p non può essere superiore a quella applicabile in base al cumulo materiale dei reati (Sez. 6, n 40047 del 12/09/2022, Novaglio, Rv. 283943 – 01);
che in ipotesi di reato continuato – come nel caso in esame – l'illegalità della pe pertanto, deve essere apprezzata e parametrata secondo i limiti edittali previsti dall'art cod. pen.;
che la sentenza impugnata con ricorso inammissibile per le ragioni sopra citate ha correttamente individuato il reato più grave in quello di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. n. o }, 1990 afferente all'illecita detenzione di 25,40 chilogrammi di sostanza stupefacente del tip cocaina in ordine al quale è stata ritenuta congrua, previa equivalenza tra circostanz attenuanti generiche e contestata aggravante di cui all'art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 de 1990 dell'ingente quantità, la pena di anni nove di reclusione ed euro 38.000 di multa; su detta pena base sono stati operati gli aumenti ex art. 81 cod. pen. in ordine alla continuazione interna afferente al possesso di 13,35 chilogrammi di marijuana ed a quella esterna relativa tutti i capi in contestazione rubricati sub b), c) e d) di detenzione di due armi da sparo – di cui una clandestina – e di munizioni, pervenendo ad una pena complessivamente quantificata in anni dodici di reclusione ed euro 42.000 di multa, poi ridotta per il rito abbreviato ad anni ed euro 28.000 di multa;
che la pena sopra evidenziata, alla quale si è pervenuti all'esito di un complessiv aumento di un terzo della pena individuata per il reato ritenuto più grave, risulta certamente linea con i limiti previsti dagli artt. 73, comma 1, d.P.R. cit. ed 81 cod. pen., uniche norme costituiscono il parametro che governa l'apprezzamento dei limiti edittali, la cui violazi realizzerebbe – in ipotesi – la dedotta illegalità della pena, potendo eventuali errori comme nel percorso che ha condotto alla determinazione della pena individuata in quella enunciata in dispositivo, semmai integrare violazioni di legge che avrebbero dovuto firmare oggetto di
gravame e di ricorso secondo la previsione di cui all'art. 606 e entro i limiti segnati da 609 cod. proc. pen.;
che l'assenza del presupposto dell'illegalità della pena – per le ragioni so complessivamente espresse – impedisce a questa Corte di rilevare d'ufficio le plurime violazioni di legge evidenziate con i motivi nuovi dal difensore di COGNOME NOME;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11/10/2024.