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Pena illegale: Cassazione annulla sentenza per errore

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per furto aggravato a causa di una pena illegale. Il giudice di primo grado aveva irrogato una sanzione inferiore al minimo edittale previsto dalla legge, a seguito di una recente modifica normativa. Il Procuratore Generale ha proposto ricorso, lamentando la violazione di legge. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando alla Corte d’Appello per la corretta determinazione della pena.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Illegale: Quando il Giudice Sbaglia il Calcolo e la Cassazione Interviene

Il principio di legalità della pena è un cardine del nostro ordinamento penale: nessuna sanzione può essere applicata se non nei casi e nelle misure previste dalla legge. Ma cosa succede se un giudice, per errore, irroga una condanna inferiore al minimo stabilito? Si configura una pena illegale, una violazione che impone l’intervento di un giudice superiore. È proprio ciò che è accaduto in un recente caso analizzato dalla Corte di Cassazione, che ha annullato una sentenza di condanna per furto aggravato proprio a causa di un errore nel calcolo della sanzione.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Salerno aveva condannato un’imputata per una serie di reati, il più grave dei quali era un furto aggravato ai sensi degli artt. 624 e 625, n. 4, del codice penale. Tenendo conto delle varie circostanze, il giudice di primo grado aveva determinato una pena finale di due anni e sei mesi di reclusione e 500 euro di multa.

Tuttavia, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Salerno ha notato un vizio fondamentale nella sentenza. Ha quindi deciso di impugnarla direttamente davanti alla Corte di Cassazione con un cosiddetto ‘ricorso per saltum’, sostenendo che la pena base applicata dal Tribunale fosse, di fatto, una pena illegale.

La Questione Giuridica: Il Ricorso per Pena Illegale

L’argomento centrale del ricorso del Procuratore Generale era chiaro e tecnico: il Tribunale aveva sbagliato a quantificare la pena. Per il reato di furto aggravato (considerato il più grave), il giudice aveva stabilito una pena base di un anno e quattro mesi di reclusione e 285 euro di multa.

Il problema? Questa misura era palesemente inferiore al minimo edittale previsto dalla legge. Una modifica introdotta dalla Legge n. 103/2017 ha infatti innalzato la pena minima per il furto mono aggravato a due anni di reclusione e 927 euro di multa. La discrezionalità del giudice nel determinare la pena deve sempre muoversi all’interno della ‘forbice edittale’ (cioè tra il minimo e il massimo) fissata dal legislatore. Scendere al di sotto di tale soglia costituisce una violazione di legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso del Procuratore Generale pienamente fondato. Gli Ermellini hanno constatato l’evidente errore di calcolo commesso dal giudice di primo grado. La pena base inflitta era indiscutibilmente inferiore al minimo legale, rendendo l’intero trattamento sanzionatorio illegittimo.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente alla parte relativa alla determinazione della pena. Ha quindi rinviato il caso alla Corte d’Appello di Salerno, che avrà il compito di ricalcolare la sanzione in modo corretto, partendo da una pena base non inferiore ai limiti stabiliti dalla legge.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte è lineare e si fonda su un principio non derogabile. Il calcolo della pena deve partire da una base che rispetti il minimo edittale previsto per il reato più grave. Nel caso di specie, il giudice di primo grado ha erroneamente fissato una pena base di ‘anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 285 di multa’, mentre il minimo legale, a seguito della riforma del 2017, è di ‘due anni di reclusione ed euro 927 di multa’. Questa discrepanza rende la pena inflitta ‘contra legem’ e, quindi, illegale.
La Corte chiarisce inoltre la conseguenza procedurale del ‘ricorso per saltum’: l’annullamento con rinvio non riporta il processo al Tribunale di primo grado, ma lo affida al giudice competente per l’appello (la Corte d’Appello), che dovrà procedere a un nuovo esame limitatamente al punto viziato, ovvero la quantificazione della pena.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un concetto fondamentale: il potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena non è assoluto, ma è strettamente vincolato ai limiti imposti dal legislatore. L’errore sul minimo edittale non è una mera irregolarità, ma un vizio sostanziale che inficia la validità della condanna sul piano sanzionatorio. La decisione assicura che il principio di legalità della pena sia sempre rispettato, garantendo che le sanzioni penali siano determinate in conformità con la volontà espressa dalla legge, a tutela sia dell’imputato sia dell’ordinamento stesso.

Che cos’è una pena illegale?
È una sanzione penale determinata da un giudice in una misura che non rispetta i limiti (minimi o massimi) stabiliti dalla legge per un determinato reato.

Perché la sentenza è stata annullata in questo caso specifico?
La sentenza è stata annullata perché il giudice di primo grado ha calcolato la pena base per il reato di furto aggravato partendo da una misura (un anno e quattro mesi di reclusione) inferiore al minimo legale, che una legge del 2017 ha fissato a due anni di reclusione.

Cosa succede dopo l’annullamento della Cassazione per pena illegale?
La Corte di Cassazione rinvia il caso alla Corte d’Appello competente. Quest’ultima dovrà celebrare un nuovo giudizio limitatamente alla determinazione della pena, applicando questa volta una sanzione che rispetti i minimi e i massimi previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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