Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31765 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31765 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA RAGIONE_SOCIALE DI BOLOGNA
Nel procedimento a carico di
NOMECOGNOME nato a BOLOGNA il 19/09/2002
avverso la sentenza del TRIBUNALE di BOLOGNA de1111/12/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata dell’I. dicembre 2024, il Tribunale di Bologna ha affermato la responsabilità penale di NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 337 e 496 cod. pen., al medesimo ascritti ai capi a) e b) della rubrica e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, lo ha condannato – ritenuta la continuazione e applicata la diminuente per la scelta del rito abbreviato – alla pena di cinque mesi di reclusione, sostituita con la corrispondente pena pecuniaria.
Dalla motivazione della sentenza del Tribunale di Bologna, risulta che tra i fatti in addebito è stato riconosciuto il vincolo della continuazione e che, ritenuta più grave la fattispecie sub a) (art. 337 cod. pen.), la pena base è stata quantificata – nel minimo – in sei mesi di reclusione, elevata di un mese e giorni quindici di reclusione ex art. 81 cod. pen. ed infine ridotta per il rito nella misura indicata in dispositivo.
Avverso la sentenza indicata del Tribunale di Bologna ha proposto ricorso il Procuratore generale in sede, affidando le proprie censure ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., con il quale deduce l’illegalità della pena in conseguenza dell’erronea individuazione del reato più grave che, per la cornice edittale, andava invece identificato nel delitto sub b), punito con la reclusione nel minimo pari ad un anno di reclusione, nonché per la violazione della regola di giudizio che, in tema di continuazione, vieta che la pena base del reato continuato possa essere inferiore a quella prevista come minimo per uno qualsiasi dei reati unificati dal medesimo disegno criminoso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Procuratore generale è fondato.
Coglie nel segno l’argomento sviluppato nel secondo punto del ricorso, e con il quale si contesta la determinazione dell’entità dell’aumento applicato, a titolo di continuazione, sulla pena base per il delitto ritenuto in concreto più grave.
1.1. All’imputato è stata, invero, irrogata la pena finale di cinque mesi di reclusione, così determinata:
ritenuto più grave il delitto di cui all’art. 337 cod. pen., pena base mesi sei di reclusione; elevata per effetto della continuazione con il reato di cui all’art. 496 cod. pen. sino a mesi sette e giorni quindici; ridotta, infine, per la diminuente del rito abbreviato sino alla misura indicata.
Così facendo, il Giudice ha erroneamente posto a base del calcolo una pena detentiva inferiore al corrispondente minimo edittale del reato satellite, che prevede la sanzione di un anno di reclusione.
Siffatto computo evidenzia la violazione della regola per cui, in tema di concorso di reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella specie, rispetto ai quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l’individuazione del trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto più grave non può comportare l’inflizione di una pena inferiore, nel minimo, a quella prevista per uno dei reati satellite.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, invero, qualora il giudice intenda graduare al livello più basso la dosimetria della pena, non gli è consentito applicare una pena-base inferiore al minimo edittale previsto per uno qualsiasi dei reati unificati dall’identità del disegno, in linea con i principi costantemente espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di concorso formale e di continuazione fra reati con plurime decisioni i cui enunciati hanno una valenza ermeneutica generalizzata (Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Indelicato, cit.; Sez. U, n. 15 del 26/11/1997, COGNOME, cit.; Sez. U, n. 4901 del 27/03/1992, COGNOME, cit.; v. anche Corte Cost., ord. n. 11 del 1997). In tali decisioni si argomenta, infatti, che, in caso di reati unificati dall’identità del disegno criminoso in ordine ai quali debba trovare applicazione una pena di identica specie, ove l’uno di essi sia punito con pena più elevata nel massimo e l’altro con pena più elevata nel minimo, la pena da irrogare in concreto non può essere inferiore alla seconda previsione edittale (Sez. Un. 25939 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 255348 – 01; v. anche, ex multis, Sez. 5, n. 854 del 18/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284184 – 01).
1.2. Ne consegue che la pena determinata per il reato ritenuto più grave non potrà discostarsi dal minimo edittale del delitto ulteriore, unificato con il primo nel vincolo della continuazione.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata sul punto della determinazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio al giudice del merito per nuovo esame.
Alla determinazione non può procedere questa Corte poiché, da un lato, la riconsiderazione tanto della misura della pena base per il reato ritenuto più grave, che dell’incremento a titolo di continuazione, involge l’esercizio di poteri discrezionali, preclusi a questa Corte di legittimità (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271831 – 01); dall’altro, l’imputato ha richiesto la sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria ai sensi degli artt. 545-bis cod. proc. pen. e 56 -quater I. 689/1981 ed anche siffatta rivalutazione dovrà essere svolta in sede di merito, ove il ricorrente vi acconsenta.
Quanto all’individuazione del giudice del rinvio, va rilevato come la sentenza di condanna, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato, che abbia irrogato una pena contra ius, non è, sotto tale profilo, appellabile dal pubblico ministero ex art. 443, comma 3, cod. proc. pen., bensì impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 608 cod. proc. pen., con rinvio, in caso di annullamento, al medesimo giudice ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. (V. Sez. Un, n. 38810 del 13/06/2022, Banadin, Rv. 283639 – 01).
Da quanto sin qui argomentato discende che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Bologna perché, in piena libertà di giudizio, ma facendo corretta applicazione dei principi enunciati, proceda a nuovo esame limitatamente al trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bologna.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente