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Pena illegale: annullata per incostituzionalità

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per appropriazione indebita, definendo la sanzione una pena illegale. La Corte d’appello aveva confermato una condanna basata su un minimo edittale di due anni, ignorando una successiva pronuncia della Corte Costituzionale che aveva rimosso tale minimo. La Cassazione ha rinviato il caso per una nuova determinazione della pena, affermando che l’incostituzionalità di una norma sanzionatoria deve sempre essere applicata, anche d’ufficio.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Illegale: Quando la Corte Costituzionale Cambia le Regole

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto penale: una condanna basata su una norma dichiarata incostituzionale costituisce una pena illegale e deve essere annullata. Questo caso evidenzia come le decisioni della Corte Costituzionale possano avere un impatto diretto e immediato sui processi in corso, garantendo l’applicazione della legge più favorevole all’imputato.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato condannato in primo grado e in appello per il reato di appropriazione indebita, previsto dall’art. 646 del codice penale. I giudici di merito avevano determinato la pena base partendo dal minimo edittale di due anni di reclusione, come previsto dalla legge in vigore al momento della prima sentenza.

Tuttavia, prima che la Corte di appello si pronunciasse, era intervenuta una decisione fondamentale della Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 46 del 2024, la Consulta aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 646 c.p. proprio nella parte in cui prevedeva una pena “da due a cinque anni”, sostituendola con la dicitura “fino a cinque anni”. Di fatto, veniva eliminato il minimo di pena obbligatorio di due anni, lasciando al giudice maggiore discrezionalità.

Nonostante questo cambiamento normativo, la Corte d’appello aveva confermato la pena decisa dal primo giudice, senza ricalcolarla alla luce della nuova, più favorevole, cornice edittale.

La Decisione della Cassazione sulla Pena Illegale

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno stabilito che la Corte d’appello aveva commesso un errore non tenendo conto della pronuncia del Giudice delle leggi.

La sentenza impugnata è stata quindi annullata, ma solo per quanto riguarda la determinazione della pena (il cosiddetto “trattamento sanzionatorio”). Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte di appello di Torino, che dovrà ora rideterminare la sanzione penale applicando la norma come modificata dalla Corte Costituzionale, ovvero senza il vincolo del minimo di due anni.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine: una pena illegale si verifica quando la sanzione inflitta non è conforme alla legge applicabile al momento della decisione. Una legge dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Quando la declaratoria di incostituzionalità riguarda una norma penale sfavorevole, come un minimo di pena, essa ha effetto retroattivo e si applica anche ai fatti commessi in precedenza, purché non coperti da un giudicato definitivo.

La Corte ha sottolineato che l’illegalità della pena derivante da una dichiarazione di incostituzionalità è una questione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, inclusa la fase di legittimità davanti alla Cassazione. Il giudice d’appello, pertanto, aveva l’obbligo di ricalcolare la pena, anche in assenza di una specifica richiesta della difesa, per adeguarla al nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa decisione ribadisce l’importanza del principio del favor rei (il favore verso l’imputato) e il ruolo centrale della Corte Costituzionale come garante dei diritti fondamentali. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Obbligo di adeguamento: I giudici hanno il dovere di applicare immediatamente le sentenze della Corte Costituzionale che modificano il trattamento sanzionatorio in senso favorevole all’imputato.
2. Rilevabilità d’ufficio: L’illegalità della pena è un vizio così grave che può e deve essere rilevato dal giudice in qualsiasi momento, senza necessità di un’esplicita eccezione di parte.
3. Tutela dell’imputato: Viene garantito che nessun cittadino sconti una pena basata su una norma che lo Stato stesso, attraverso i suoi organi supremi, ha riconosciuto come contraria alla Costituzione. La pena illegale non può trovare spazio nell’ordinamento giuridico.

Cosa succede a una condanna se la legge che stabilisce la pena minima viene dichiarata incostituzionale?
La condanna, se non ancora definitiva, deve essere rivista. La pena inflitta sulla base di un minimo dichiarato incostituzionale è considerata una pena illegale. La sentenza viene annullata limitatamente alla determinazione della pena, e il caso torna al giudice del merito per un nuovo calcolo della sanzione, senza il vincolo del minimo precedente.

La Corte d’appello può confermare una pena basata su una norma dichiarata incostituzionale nel frattempo?
No, non può. Secondo la Cassazione, la Corte d’appello ha l’obbligo di tenere conto della pronuncia della Corte Costituzionale e di ricalcolare la pena in conformità alla nuova, più favorevole, disciplina. Omettere di farlo costituisce un’erronea applicazione della legge penale.

L’illegalità della pena per incostituzionalità della norma deve essere sollevata dalla difesa?
Non necessariamente. La Cassazione chiarisce che l’illegalità della pena conseguente a una dichiarazione di incostituzionalità è rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del procedimento, tranne quando la sentenza è già passata in giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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