Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6987 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6987 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME Mauro nato a Vercelli il 27/04/1969
avverso la sentenza del 27/06/2024 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte di cassazione voglia annullare con rinvio la sentenza impugnata, con le conseguenze previste dalla legge; lette le conclusioni del difensore Avv. NOME COGNOME che ha chiesto alla Suprema Corte di accogliere il ricorso proposto dall’imputato e, per l’effetto, disporre l’annullamento della sentenza gravata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Torino per una nuova determinazione della sanzione.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 giugno 2024 la Corte di appello di Torino confermava la decisione con la quale il Tribunale di Vercelli aveva condannato NOME COGNOME alla pena di un anno e sei mesi di reclusione e mille euro di multa (con
sospensione condizionata al pagamento della provvisionale alla parte civile) per il reato di appropriazione indebita, con riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti del fatto commesso con abuso di relazioni d’ufficio e della recidiva infraquinquennale.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendone l’annullamento per erronea applicazione della legge penale in punto di determinazione della pena inflitta, da ritenere illegale.
Il primo giudice, con statuizione confermata dalla Cor te d’appello, aveva determinato la pena base, quanto a quella detentiva, nel minimo edittale di due anni di reclusione previsto dall’art. 646 cod. pen. nella formulazione vigente al momento della pronuncia (18 ottobre 2022).
Con la sentenza n. 46 del 22 marzo 2024, precedente alla decisione qui impugnata, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della fattispecie incriminatrice nella parte in cui prevede la pena della reclusione «da due a cinque anni» anziché «fino a cinque anni».
Il giudice d’appello ha omesso di procedere a una nuova determinazione della pena detentiva in conformità alla suddetta pronuncia del Giudice delle leggi.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1bis e 1ter , del codice di rito.
Il Procuratore generale e il difensore hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La Corte di appello non ha tenuto conto della ricordata pronuncia del Giudice delle leggi, confermando l’entità della pena detentiva inflitta all’imputato, stabilita dal primo giudice con riferimento al minimo edittale previsto dall’art. 646 cod. pen. prima della declaratoria di illegittimità costituzionale.
Si tratta, dunque, come ritenuto anche dal Procuratore generale nelle proprie conclusioni, di un caso di illegalità della pena conseguente a dichiarazione di incostituzionalità di una norma, nella parte riguardante il trattamento sanzionatorio, rilevabile d’ufficio anche in caso di inammissibilità del ricorso, tranne che nel caso di ricorso tardivo (Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015,
COGNOME Rv. 264207 -01. Nella fattispecie la dichiarazione di incostituzionalità, intervenuta con la sentenza n. 32 del 2014, riguardava il trattamento sanzionatorio introdotto per le cosiddette droghe leggere dal decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49).
Peraltro, la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, può essere fatta valere, a determinate condizioni, anche in sede esecutiva (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260697 -01).
La sentenza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della stessa Corte di appello , ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. c) , del codice di rito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Torino.
Così deciso il 12/02/2025.