Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11980 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11980 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VALLERANO il 27/07/1954
avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
PARAS PORO che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 9324 del 25/01/2023, la Quinta Sezione penale di questa Corte ha annullato con rinvio la sentenza emessa il 11/02/2022 dalla Corte di appello di Roma nei confronti di NOME COGNOME condannato nei due gradi di merito alla pena di undici mesi di reclusione, per i delitti di cui agli artt. 81 cpv., 582 e 612 cod. pen., osservando come la pena inflitta fosse illegale, trattandosi di reati entrambi di competenza del Giudice di Pace, e dovendosi pertanto applicare le sanzioni di cui all’art. 52 d. Igs. 274 del 2000.
Investita del giudizio di rinvio, la Corte di appello di Roma, con sentenza deliberata il 03/06/2024, rideterminava la pena comminata al COGNOME in giorni 30 di permanenza domiciliare, confermando nel resto la pronuncia di primo grado.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Roma, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME attraverso il difensore Avv. NOME COGNOME che, con un unico motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 133 cod. pen. e 52 d. Igs. 274 del 2000, in relazione all’art. 606 lett. b) cod. proc. pen..
La Corte territoriale ha inflitto al COGNOME la massima sanzione prevista per i reati di competenza del giudice di pace, senza fornire motivazione alcuna; la corretta applicazione dell’art. 133 cod. pen. avrebbe dovuto imporre la scelta della pena pecuniaria, peraltro l’unica applicabile per il reato di cui all’art. 612 cod. pen.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e non merita dunque accoglimento.
Appare preliminare la constatazione del fatto che la sentenza di primo grado emessa nei confronti del COGNOME in data 01/07/2019 dal Tribunale di Viterbo avesse ritenuto sussistente la recidiva reiterata infraquinquennale contestata, ed avesse condannato l’imputato alla pena di mesi 11 di reclusione, discostandosi dal minimo edittale (per il reato di lesioni, più grave, la pena edittale all’epoca dei fatti, 2012, era di 3 mesi) in considerazione della gravità del fatto e della personalità dell’imputato, gravato da precedenti datati ma significativi di una personalità incline alla sopraffazione. L’appello avanzato dall’imputato avverso la sentenza di primo grado, inoltre, non aveva sollevato censure in ordine al trattamento sanzionatorio
inflitto, essendo stato proposto un unico motivo inerente al profilo della responsabilità.
La sentenza di primo grado veniva quindi confermata dalla Corte di appello di Roma il 11/02/2002.
A seguito dell’annullamento con rinvio della predetta pronuncia, operato con la sentenza di questa Corte, sez. V, n. 9324 del 25/01/2023, nel giudizio di rinvio, la Corte romana ha correttamente applicato la pena scegliendo tra le sanzioni di cui all’art. 52 d. Igs. 274 del 2000, e, in particolare, ha rideterminato la pena comminata al COGNOME in giorni 30 di permanenza domiciliare, confermando nel resto la pronuncia di primo grado.
Contrariamente a quanto dedotto in ricorso, la pena applicata non si pone al limite massimo edittale, atteso che la pena edittale massima della permanenza domiciliare ex art. 52 d. Igs. 274 del 2000 è di 45 giorni.
Il ricorrente inoltre, non tiene conto, invero, della circostanza che per effetto della contestazione della recidiva reiterata infraquinquennale, ritenuta con la sentenza di primo grado e non bilanciata da circostanze di segno opposto, le pene applicabili per il più grave delitto di lesioni (già reato base ai fini della continuazione) erano esclusivamente quelle della permanenza domiciliare da 15 a 45 giorni o del lavoro di pubblica utilità da 20 giorni a 6 mesi (art. 52, commi 2, lettera b, e 3 d. Igs. n. 274 del 2000), e in concreto solo la prima, mancando per la seconda la necessaria richiesta dell’imputato (art. 54, comma 1, d. Igs. n. 274 del 2000). Quanto al reato di minaccia, esso era in continuazione con il reato di lesioni; peraltro, in relazione a detto reato satellite, non risulta essere stato operato alcun aumento.
La sentenza qui impugnata è pervenuta a tale esito decisorio sul rilievo della congruità del trattamento punitivo inflitto, valutato alla luce dei criteri di cui all’art 133 cod. pen.; pertanto, deve ritenersi che, seppur nell’estrema sintesi della sua formulazione, la motivazione contenga il corretto riferimento al parametro normativo applicato.
proc. pen. 3. COGNOME Il ricorso deve conseguentemente essere respinto. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso* il 17/12/2024