Pena Eccessiva: Quando la Cassazione Dichiara il Ricorso Inammissibile
La percezione di aver subito una pena eccessiva è una delle ragioni più comuni che spingono un imputato a impugnare una sentenza di condanna. Tuttavia, non è sufficiente lamentare genericamente l’entità della sanzione per ottenere una riforma in Cassazione. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio dei requisiti necessari per un ricorso efficace e dei limiti all’intervento del giudice di legittimità sulla discrezionalità del giudice di merito.
Il Caso: Dalla Condanna per Monete False al Ricorso in Cassazione
Il caso analizzato riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per il reato di spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate, previsto dall’art. 455 del Codice Penale. La Corte di Appello di Roma aveva confermato la condanna.
Contro questa decisione, l’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su un unico motivo: l’eccessività della pena inflitta. Sostanzialmente, la difesa riteneva che la sanzione fosse sproporzionata rispetto alla gravità del fatto commesso.
La Discrezionalità del Giudice e il Rischio di una Pena Eccessiva
Il cuore della questione risiede nel principio della discrezionalità del giudice di merito. Secondo il nostro ordinamento (artt. 132 e 133 c.p.), spetta al giudice che valuta i fatti (Tribunale e Corte d’Appello) stabilire la misura esatta della pena, muovendosi all’interno dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato.
Questa valutazione deve tenere conto di una serie di fattori, come la gravità del danno, l’intensità del dolo o della colpa e la capacità a delinquere del reo. La Corte di Cassazione, invece, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma può solo verificare che la decisione sia stata motivata in modo logico, coerente e senza violazioni di legge. Contestare una pena eccessiva significa quindi dimostrare un vizio nella motivazione della sentenza, non semplicemente un disaccordo con essa.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali, strettamente connesse tra loro: la manifesta infondatezza e la genericità del motivo.
Manifesta Infondatezza del Ricorso
I giudici hanno ritenuto il ricorso palesemente infondato perché la Corte d’Appello aveva adempiuto correttamente al suo obbligo di motivazione. Nella sentenza impugnata, si spiegava chiaramente l’impossibilità di ridurre ulteriormente la pena. In particolare, era stato sottolineato come all’imputata fossero già state concesse le attenuanti generiche, nonostante fosse gravata da numerosi e specifici precedenti penali. Questo dimostra che il giudice aveva già operato un bilanciamento a favore dell’imputata, rendendo la richiesta di un’ulteriore riduzione della pena ingiustificata.
Genericità del Motivo di Ricorso
In secondo luogo, il ricorso è stato considerato generico. La legge (art. 581, comma 1, lett. c, c.p.p.) richiede che i motivi di ricorso indichino specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che lo sostengono. Nel caso di specie, la difesa si era limitata a contestare l’entità della pena senza indicare quali elementi fossero stati trascurati o mal valutati dal giudice d’appello.
Questa genericità non consente alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio controllo, poiché non vengono forniti gli strumenti per individuare i presunti errori logici o giuridici nella motivazione della sentenza. In assenza di censure specifiche, il ricorso si traduce in una mera richiesta di rivalutazione del merito, preclusa in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Tale esito comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per la ricorrente di pagare le spese processuali e di versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: per contestare con successo una pena ritenuta eccessiva, non basta affermarlo. È indispensabile articolare una critica precisa e puntuale alla motivazione del giudice, evidenziando dove e perché essa sia illogica, contraddittoria o carente. In mancanza di ciò, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con ulteriori conseguenze economiche per il condannato.
È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta eccessiva?
Sì, ma il ricorso non può limitarsi a una generica lamentela. Deve indicare in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che dimostrano un vizio logico o una violazione di legge nella motivazione con cui il giudice ha determinato la pena.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile per due motivi principali: era manifestamente infondato, poiché la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione sulla pena, e generico, perché non specificava gli elementi concreti su cui si basava la censura, violando i requisiti dell’art. 581 cod. proc. pen.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31707 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31707 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ROMA il 31/03/1972
avverso la sentenza del 27/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha confermato la condanna dell’imputata per il reato di spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate di cui all’art. 455 cod. pen.;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, che contesta l’eccessività della pena è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. Nella specie, la Corte territoriale ha adeguatamente assolto il suo onere argomentativo (si veda pag. 5 della sentenza impugnata) affermando l’impossibilità di ridurre ulteriormente la pena inflitta alla ricorrente, tenuto conto che alla stessa erano già state concesse le attenuanti generiche sebbene fosse gravata da numerosi precedenti specifici;
Ritenuto che il suddetto motivo è, altresì, generico perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 settembre 2025
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